MADE IN ITALY: un desiderio chiamato Italia

Un desiderio chiamato Italia

di Gianluigi Paragone

Lo sapete che “Made in Italy” è uno dei brand in assoluto più popolari al mondo? Assieme a Coca Cola e Visa, ciò che caratterizza l’Italianità è quanto di più ricercato e apprezzato a livello planetario. Pensate che potenza c’è in questo tormentato fazzoletto di terra. Ma se la Coca Cola la beviamo e ne afferriamo lattine e bottigliette (purtroppo più le prime delle seconde), e se la Visa la maneggiamo frequentemente estraendola e riponendola nel portafogli, il “Made in Italy” non è un qualcosa di definito. E’ la somma di produzioni, di storie, di sensazioni, di gusti e sapori. E soprattutto non ha un “proprietario”. Made in Italy è un sogno, un desiderio. Da maneggiare con cura, perché, come tutti i sogni, è delicato. E passa dalla nostra responsabilità di italiani, cioè di custodi di questo patrimonio.

Ognuno di noi ne ha un pezzo: o perché imprenditore o perché semplicemente siamo donne e uomini cittadini, residenti di una città storica, di un borgo; perché operatori del turismo o perché membri di una associazione culturale, di una Pro loco, di un comitato che promuove la sagra o la festa patronale. Se vedete qualcuno che imbratta un’opera d’arte vi dovete incazzare, perché quel danno è una ferita a un patrimonio. Che per numero di siti considerati “unici” è il più alto al mondo secondo l’Unesco.

Ogni volta che si spegne un’azienda o una festa di paese, ci impoveriamo di un pezzo di “Made in Italy”. Se un capannone chiude i macchinari un sapere acquisito si inscatola con la storia di quell’attività: il sapere artigiano è molto di più di quello che per gli americani è il know how. Ecco perché, per dirla con Madonna quando negli anni Ottanta “spaccava”, Italians do it better. Noi facciamo tutto meglio: siamo imbattibili nell’agroalimentare, nella moda, nei motori (non nelle gare di Formula Uno, ma non è la stessa cosa), nella lirica, nel teatro e in tanto altro. Siamo oggi perché eravamo nel passato. Siamo nani sulle spalle dei giganti.

E allora questo sogno, questo desiderio, questo patrimonio, lo dobbiamo tornare a maneggiare con cura, rispetto e orgoglio. Essere italiani è una responsabilità mondiale se è vero, com’è vero, che l’Italia è quel sogno che contamina tutti gli animi del mondo. Un sogno di eccellenza e di differenza.

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