“CON MAFALDA SULLA VIA DELLA SETA”
Raccontato da Pietro Lamaro
A cura di Beatrice Gentili
È stata la rotta commerciale più importante della storia, la più lunga via carovaniera che per secoli ha collegato l’Occidente all’Estremo Oriente. La Via della Seta, oggi, rappresenta uno dei modi migliori per conoscere l’Asia, alla scoperta di innumerevoli bellezze naturali e di diverse culture.
Tra i viaggiatori che, negli ultimi anni, hanno deciso di vivere questa esperienza c’è Pietro Lamaro, globe-trotter per passione, con oltre trentasette Paesi “timbrati” sul suo passaporto. Erano i primi di ottobre del 2018 quando, a bordo di Mafalda, è partito da Cortina per raggiungere l’Iran. Sfogliando a casa di un suo zio un libro di fotografie sui deserti, era rimasto così affascinato dal Dasht-e Lut e dal deserto del Gobi da volerli raggiungere il prima possibile. E così, chiamando a rapporto Mafalda, un fuoristrada Land Cruiser Toyota “camperizzato” per ospitare due letti, è partito per un viaggio senza precedenti.
“Volevo vivere un’avventura vera e propria, cercando di ottimizzare le risorse a disposizione per vedere più cose possibili. Ho riempito lo zaino con un paio di t-shirt e pantaloni, l’attrezzatura alpinistica, gli sci e poco più. L’idea era quella di viaggiare liberandomi di ogni forzatura o vincolo e così è stato: ho dormito sotto le stelle, sulle dune di sabbia, nei parcheggi multipiano e mi sono lavato utilizzando anche le taniche da venticinque litri che avevo con me: devi essere pronto ad affrontare gli imprevisti. Sono partito da Cortina alla volta della Croazia, poi sono entrato in Bosnia-Erzegovina, in Montenegro, fino ad arrivare in Grecia attraversando la Serbia e il Cossovo. Arrivato in Turchia, dove mi sono trattenuto per circa un mese, sono passato per la Cappadocia fino a raggiungere l’Iran. La prima tappa è stata Tabriz, la città più grande della parte nord-occidentale. Da lì mi sono diretto verso i Monti Zagros, la catena montuosa più estesa in Iraq e Iran, e Bandar Abbas. Poi è arrivato il turno del Dasht-e Lut, Dasht-e Kavir e, come ultima tappa, le pendici del Damavand, un vulcano quiescente nell’Iran settentrionale alto più di cinquemila metri che abbiamo provato a scalare.
A ogni chilometro macinato ho trovato di fronte a me scenari mozzafiato. La vera magia, però, l’ho incontrata in Iran, un paese meraviglioso e inaspettatamente sicuro, in cui le persone sono incredibilmente accoglienti e pronte ad aprire agli stranieri le porte delle loro case, vedendoli come un dono del Signore.
Siamo abituati ad ascoltare storie contrastanti su questo paese, che non sempre viene dipinto positivamente, anzi è spesso sottovaluto e snobbato. Invece ho visto con i miei occhi un luogo stupefacente da scoprire sotto ogni profilo, dalla sua cultura alla natura. Si incontra qualsiasi genere di biodiversità, con paesaggi che cambiano di continuo passando dai deserti più suggestivi del mondo alle montagne imponenti. Tabriz, Esfahan e Shiraz sono le città più belle da visitare. Negli spazi che le separano la natura fa da padrona, lasciando spazio alla parte più selvaggia abitata da una popolosa fauna. Il deserto? Molto più di una distesa di sabbia: senti la gabbia toracica esplodere quando capisci di essere un puntino in mezzo a un mondo infinito. Una sensazione di piccolezza e di grandezza allo stesso tempo che trasferisce delle emozioni uniche. Il Dasht-e Lut, inoltre, è il deserto in cui si è misurata la temperatura più alta mai registrata sul nostro pianeta, con picchi oltre i settanta gradi.
In viaggi come questo la vera avventura è quella dentro sé stessi. Non si tratta solo delle città, delle montagne o dei deserti che si attraversano ma di ogni singolo momento, a partire dalle ore trascorse in auto”.