“INTEGRAZIONE E SPORT: MISSIONE POSSIBILE”
Intervista a Enrica Nisi
Di Alessandra Giancola
Con questa rubrica presentiamo di volta in volta uomini, donne e associazioni che dedicano energie, tempo e passione a qualcosa, o a qualcuno, che non necessariamente si traduce in un “ritorno” economico o in un compenso tangibile. Siamo tutti diversi e tutti, troppo spesso, ci concentriamo su noi stessi senza volgere lo sguardo sull’altro, sugli altri. Guardandosi intorno, invece, scopriamo tante idee, tanti mondi, tante realtà particolari. Qui incontriamo Enrica Nisi, fondatrice e presidentessa di Integra Sport.
Enrica Nisi, nata a Roma nel 1963, è una psicologa e psicoterapeuta con molti anni di esperienza maturati presso i reparti ospedalieri di oncologia, assistenza domiciliare e riabilitazione pediatrica. Vive a Monterotondo (Rm) dove ha contribuito alla fondazione della Onlus Integra Sport 2013 ASD.
Enrica, perché una donna così impegnata come lei ha sentito anche la necessità di immergersi nel mondo del volontariato?
Le sfide professionali rappresentano un modo di vivere, credo sia importante mettere a disposizione le proprie risorse per il benessere collettivo o almeno provarci. Tuttavia, nella società, spesso l’ostacolo più grande è rappresentato dalla diffidenza e dalla mancanza di una vera cultura di accettazione dell’altro, anche se diverso da me, che è un valore aggiunto. Credo che lo sport sia un mezzo straordinario per favorire la crescita di tutti nell’incontro con l’altro. Per questo ho deciso di avviare un progetto in cui atleti normodotati e disabili giocassero e competessero insieme. L’associazione sportiva dilettantistica Integra Sport ASD promuove, dal 2013, corsi di calcio e basket per ragazzi diversamente abili. Siamo strutturati con allenamenti settimanali che ci preparano a poter poi disputare tornei integrati e non. Tutto ciò permette di socializzare, vivere esperienze “di campo”, imparare a rispettare e accettare le differenze.
Ci racconti gli esordi dell’associazione e il suo sviluppo negli anni.
L’idea di partenza era quella di creare un punto d’incontro tra ragazzi disabili e non, per poter offrire a tutti la possibilità di praticare uno sport di squadra, nel nostro caso calcio e basket. Dopo alcune difficoltà iniziali per realizzare il progetto, approdai alla scuola calcio di Francesco Totti il quale credette nell’iniziativa e, nel 2006, partì il primo gruppo pilota. Dal 2013 diventammo una realtà autonoma, con la fondazione di Integra sport, un’associazione sportiva dilettantistica onlus e avviammo una serie di progetti che spaziano tra Roma e provincia e prevedono molte attività. Cito le principali: allenamenti bisettimanali presso il circolo di Montecitorio e nella parrocchia S. Tommaso Moro su Roma. A Monterotondo ci alleniamo presso il campo del Real e nella palestra della scuola Espazia per il calcio ed il basket. Per quest’ultimo abbiamo anche un corso pilota nella parrocchia San Gregorio Barbarico a Roma. Accogliamo ogni ragazzo/a dalla scuola elementare in su e proponiamo attività sportive con obiettivi individuali o di gruppo. Abbiamo anche all’attivo due corsi di ginnastica per adulti e per la terza età, sempre su Roma e Monterotondo.
Come riuscite a finanziarvi e quali le sfide più importanti che avete affrontato?
Principalmente ci autofinanziamo grazie alle quote associative pagate dagli iscritti, che reinvestiamo poi per migliorare le nostre attività. Gli allenatori delle varie discipline sono professionisti ai quali si aggiungono giovani volontari, che si allenano con noi e partecipano alle nostre iniziative. Io e la mia collega, la vice presidente Francesca Curcio, ci occupiamo di tutto il resto, dalla parte psicologica ai rapporti con le istituzioni. Vivere a contatto diretto con ragazzi affetti da disabilità intellettive e relazionali non è un lavoro ma un arricchirsi umanamente per la spontaneità totale del rapporto che si crea. Ridiamo molto e lo sport è un valore aggiunto per tutti, anche per chi ha problematiche di questo tipo. Le differenze in campo spariscono e si agisce con un unico spirito di squadra; auspico quindi che anche nel quotidiano possiamo imparare a guardare oltre le apparenze e scoprire la bellezza di ogni essere umano, senza pregiudizi. Non è la diagnosi a fare la persona e non lo sono neanche i suoi “limiti”; a noi piacciono le potenzialità e le risorse di ognuno, abile e non.