SESSUOLOGO: “Social e Narcisismo”

RITOCCARE LA FOTO O L’AUTOSTIMA?

LA SUGGESTIONE DEI CORPI MODELLATI DAL PHOTO-EDITING ERA UN TEMPO PREROGATIVA DI RIVISTE PATINATE E CALENDARI SEXY. LA POST-PRODUZIONE DIGITALE È OGGI ALLA PORTATA DI TUTTI GRAZIE A FILTRI E APP DEDICATE MENTRE I SOCIAL MEDIA OFFRONO UNA POSSIBILITÀ DI “MOSTRARSI” SENZA PRECEDENTI. NELLA CORSA A FOLLOWER E LIKE IL NOSTRO BISOGNO DI PIACERE PUÒ PREVALERE SUL PIACERE DI ESSERE SÉ STESSI.

a cura del Dott. Daniele Bonanno – Psicologo Sessuologo AISPS Roma

I profili social divengono spesso il riflesso di come vorremmo essere più che esprimere chi siamo realmente. Diversi studi suggeriscono che pubblicare immagini in coppia mostrando atteggiamenti felici e affettuosi può nascondere incertezze riguardo al reale affiatamento. Si tratterebbe di un tentativo di convincere sé stessi e gli altri della positività della relazione presentando un’immagine ideale della coppia. Lo stesso si può ipotizzare per molti altri aspetti della vita privata eccessivamente ostentati sui social.

Il fotoritocco può offrirci un corpo snellito, slanciato e levigato, ottimizzato in proporzioni e rotondità. Ci distrae dal corpo reale per consegnarcene uno ideale ma immateriale

e intangibile.
Nel nostro immaginario corporeo esiste una tendenza ad appianare irregolarità e asimmetrie. Ciò avviene per le comuni leggi della percezione, attraverso cui organizziamo mentalmente forme e figure. La discrepanza tra l’immagine attesa e quella osservata può però contribuire al senso di insoddisfazione di fronte allo specchio o ad una fotografia. Lo stesso fenomeno che può aver luogo ascoltando la propria voce registrata.
Più serie distorsioni dell’immagine corporea si manifestano in problematiche come l’anoressia nervosa in cui il corpo magrissimo può ancora essere percepito come troppo grasso. L’eccessiva preoccupazione per un difetto fisico,

immaginario o enfatizzato, viene definita “dismorfofobia”. Può riguardare qualunque caratteristica o parte del corpo generando profondo disagio.
In uno studio condotto sugli utilizzatori di Instagram è emerso che una ragazza su tre finisce per sviluppare disturbi di percezione del proprio corpo. Vengono inoltre descritti stati di ansia, angoscia e aumento delle tendenze depressive nell’utilizzo del social. Il confronto con un artificioso mondo di corpi perfetti e vite felici altera i parametri con cui viene valutata la propria condizione. Nell’inseguire un’immagine idealizzata di sé stessi la componente narcisistica è sempre pronta a rilanciare, mai realmente paga di ciò che siamo. In psicoanalisi la propria immagine ideale rimanda al concetto di “Ideale dell’Io”. Un modello di riferimento che stimola positivamente e consente di migliorarsi. Tuttavia un Io ideale troppo elevato può essere motivo di frustrazione, vergogna e senso di inadeguatezza, risultando paralizzante.

Un’eccessiva identificazione con l’immagine idealizzata di sé stessi rischia al contrario di far perdere il senso del limite associandosi a una deriva narcisistica.
I profili social ben si prestano a divenire proiezioni dell’Io ideale, selezionando e amplificando gli aspetti più gratificanti della persona. Non mancano tuttavia seri rischi per l’autostima. Esibizionismo e ricerca di apprezzamenti rappresentano bisogni narcisistici e l’altra faccia del narcisismo è la vulnerabilità a critiche e disconferme. Sappiamo quanto il mondo social possa essere generoso di lusinghe ma anche di facili offese e svalutazioni. Può inoltre manifestarsi il timore che la propria immagine, tanto amata e ricercata nel contesto online possa rivelarsi meno “speciale” dal vivo. Non sono rare testimonianze di primi appuntamenti risultati deludenti a causa dell’eccessiva differenza tra la persona incontrata e le sue foto viste su social e app di dating.

Appoggiare l’autostima su caratteristiche non autentiche implica un elevato rischio di crollo. Si può arrivare a disinvestire da sé e dal proprio corpo reale per rifugiarsi nell’alter ego virtuale e idealizzato. Vivere in funzione del numero di “like” distrae inevitabilmente da esperienze vissute davvero per sé stessi. Ad un’immagine sexy e seduttiva può ad esempio corrispondere una vita sessuale ben poco presente e soddisfacente.

Modellarsi per piacere e compiacere gli altri richiama il concetto di “Falso Sé”. Donald Winnicot lo descrive nel caso in cui il bambino, non sentendo riconosciuti i suoi veri bisogni, sviluppa un sé scisso e di facciata, orientato a gratificare le aspettative dei genitori per assicurarsi amore e approvazione. Un processo che nasconde e mortifica il Vero Sé, inteso come “spontanea e autentica esperienza di sentirsi vivi”.

L’utilizzo dei social richiede particolare attenzione nel distinguere tra la dimensione virtuale e quella reale. Allo stesso tempo va riconosciuta la differenza tra un’autostima sostenuta narcisisticamente, attraverso l’approvazione esterna e quella più solida, nutrita dall’interno, dal sentirsi autenticamente fedeli a sé stessi.

Una buona autostima influenza il modo in cui appariamo molto più di quanto il modo in cui appariamo influenzi una buona autostima.

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