SESSUOLOGO: “Sesso e Censura”

“DAI PAPIRI A INSTAGRAM”


Dallo sviluppo delle prime abilità simboliche l’essere umano ha iniziato a rappresentare il proprio mondo e a raccontarsi. Antichissime raffigurazioni illustrano battute di caccia, danze, riti e scene di vita quotidiana così come riferimenti alla sessualità. E la scure della censura, oggi come allora…

 

Diversi manufatti, incisioni e pitture rupestri richiamano l’anatomia genitale maschile o femminile e spesso le rappresentazioni del corpo umano presentano caratteri sessuali enfatizzati. Ne sono un esempio le cosiddette “veneri del paleolitico”.
Dalle grandi civiltà del passato giungono rappresentazioni del sesso nelle sue diverse forme ed espressioni. Troviamo scene erotiche particolarmente esplicite già nei geroglifici egizi, come nel Papiro di Torino (XII secolo a.C.). Un variegato repertorio sessuale è documentato dall’antichità classica, dai temi erotici della pittura vascolare greca agli affreschi di Pompei. La libertà d’espressione era indicativa della differenza tra il cittadino e lo schiavo. Tuttavia violente forme di censura erano già ben presenti nel mondo antico. Socrate, difensore della libertà di parola, fu condannato a morte per l’accusa di empietà e corruzione di giovani.
Platone considerava la censura come necessaria alla sovranità.
Nel dizionario di storia Treccani la censura viene definita come: “forma di controllo sociale che limita la libertà di espressione e di accesso all’informazione, basata sul principio secondo cui determinate informazioni e le idee e le opinioni da esse generate possono minare la stabilità dell’ordine sociale, politico e morale vigente”.
Storicamente le forme di controllo più sistematiche e istituzionalizzate sono intervenute con l’incremento dell’istruzione e dell’alfabetizzazione media.

In nome della censura abbiamo alle spalle un trascorso di violenza e coercizione oltre alla distruzione di un enorme patrimonio di libri e opere d’arte. È solo a partire dalla fine dell’800 che le cose sono iniziate a cambiare.

La rivoluzione sessuale del secolo scorso ha abbattuto i baluardi della morale repressiva, soprattutto nei confronti della donna. Nonostante la strada sembrasse ormai in discesa abbiamo però assistito all’emergere di nuove forme di controllo. Nella moderna comunicazione si affermano fenomeni come il “ban”, la “cancel culture” e il “politicamente corretto”.
Una recente analisi ha evidenziato un’inversione di tendenza riguardo all’erotismo nel cinema. Si osserva una drastica riduzione delle scene di sesso sul grande schermo. Tra i motivi l’esigenza di non veder limitato il target di pubblico ma anche la sopraggiunta delicatezza dell’argomento dopo le controverse vicende che hanno coinvolto l’ambiente cinematografico.
Sul versante opposto la pornografia online si è moltiplicata e iper-specializzata in contenuti che incontrano ogni fantasia.
Tra le categorie più affermate c’è quella dei manga e degli anime che ci riporta in fondo alle antiche radici della rappresentazione erotica attraverso il disegno.
Un interessante punto d’osservazione è senza dubbio lo scenario dei social. L’assottigliarsi del confine tra sfera privata e immagine pubblica normalizza la condivisione di pensieri e immagini un tempo riservate a pochi intimi. Precedenti pudori riguardo al corpo hanno lasciato il posto al piacere di mostrarsi al mondo intero. Dalle foto in costume ai selfie in pose sexy attraverso i social si è aperto un nuovo canale di espressione e interazione sensuale. Allo stesso tempo le regole che ne selezionano i contenuti ricordano anacronistiche forme di censura. Restrizioni applicate a livello globale riflettono esigenze interculturali che appaiono particolarmente pudiche per i nostri parametri. Ne è un esempio la censura riguardante il nudo e in particolare i capezzoli femminili. Persino la nudità nelle opere d’arte può essere motivo di intervento disciplinare. Ecco allora i caratteristici “bollini” apposti dagli utenti per oscurare le parti anatomiche a rischio di ban. Non proprio un trionfo rispetto all’accettazione del nostro corpo.
I social offrono d’altronde ampio spazio ad iniziative di divulgazione in tema di educazione sessuale. Una grande opportunità per chi ha a cuore il superamento di pregiudizi e falsi miti sulla sessualità. Purtroppo però la logica stessa dei like ne limita l’utilità privilegiando la visibilità di quei post che ottengono più consensi ma non necessariamente sono i più informativi. La priorità tende a spostarsi sulla ricerca di formule originali e variopinte per attrarre l’attenzione su contenuti spesso ridondanti ma di più facile risonanza.
Anche in questo caso ci si confronta poi con parole e hashtag oggetto di censura da parte dell’algoritmo. Di qui il paradosso di promuovere la libertà di espressione autocensurandosi con formulazioni come “s3sso”, “org4smo” o “cl1tor1de” per sfuggire a un immateriale inquisitore cibernetico.
Molti sostengono che il sesso non sarebbe lo stesso se perdesse quel fascino del proibito. C’è tuttavia ben poco di positivo quando la censura proibisce il nostro stesso corpo e la libertà di raccontare una delle dimensioni più naturali e avvincenti dell’esperienza umana.

 

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