Sesso: i condizionamenti che arrivano dalla famiglia
Il rapporto tra genitori e figli è un tema centrale in psicologia. La ricerca ha posto grande attenzione nel comprendere il ruolo della relazione con le figure di accudimento nello sviluppo psicologico dell’individuo.Particolarmente attuale è il dibattito sull’origine di dimensioni psicosessuali quali l’identità di genere e l’orientamento sessuale.
A cura del dott. Daniele Bonanno – AISPS – Roma
Le più moderne teorie orientano verso una interazione complessa tra fattori genetici e ambiente di crescita come base delle nostre caratteristiche psicologiche e di personalità. La componente genetica prevale nel determinare il sesso biologico dell’individuo definito da caratteri maschili o femminili ma non è così rara la compresenza di un’anatomia propria di entrambi i sessi interessando circa l’1,7% della popolazione, una percentuale comparabile, per capirci, a quella delle persone con capelli rossi naturali. Già a questo primo livello il determinismo genetico lascia dunque spazio alla soggettività, considerato che l’anatomia non sempre è sufficiente a una definizione univoca.
La multisfaccettata interazione tra geni ed esperienza soggettiva si pone poi in primo piano nel concetto di identità di genere, cioè il percepirsi come uomo, come donna o in un’area intersessuale.
Nella determinazione dell’orientamento sessuale (omosessuale, eterosessuale, bisessuale) concorrono ulteriormente fattori psicoaffettivi risalenti a una primissima fase dello sviluppo insieme alla componente innata. Recenti studi suggeriscono in particolare come non esista uno specifico “gene gay” ma una molteplicità di possibili variabili e combinazioni che possono contribuire all’orientamento sessuale.
Se la nostra unicità sessuale nasce dal dialogo tra fattori predisponenti ed esperienza, queste basi squisitamente soggettive si confrontano con il contesto sociale e culturale che rende spesso tortuosa una strada altrimenti naturale. Non è raro che i più insidiosi condizionamenti si sviluppino a partire dall’ambito famigliare ed educativo. Fin dalle prime notizie sul sesso del nascituro si iniziano a produrre fantasie diversificate per maschi e femmine attingendo da stereotipi di genere, scegliendo colori, abbigliamento e giochi specifici, facendo previsioni in base a luoghi comuni come la convinzione che avrà un rapporto privilegiato con il genitore di sesso opposto e così via. È in genere implicita la convinzione che sarà eterosessuale e più o meno corrispondente alla propria idea stereotipica di maschile o di femminile.
Il bagaglio di aspettative già pronto alla nascita influenzerà lo sviluppo emotivo e relazionale della persona, l’autopercezione, l’identità sociale e sessuale. Tali condizionamenti accompagneranno d’altronde anche il successivo approccio educativo. È tipico l’esempio dei genitori preoccupati perché il figlio maschio ama giocare con le bambole piuttosto che con macchinine e soldatini; non è raro che in simili circostanze il bambino venga corretto, a volte in modo svalutativo e umiliante.
Questo tipo di controllo è decisamente più accentuato nei confronti dei maschi e oggi molto ridimensionato nei confronti delle bambine che possono normalmente giocare a calcio o ai supereroi senza destare particolari allarmi. L’accudire una bambola o guardare il cartoon delle principesse non potrà che avere effetti positivi sull’identità sessuale del bambino; sono invece le paure e gli atteggiamenti repressivi dei genitori a poterla perturbare creando insicurezze e distorsioni. Abbiamo infatti parlato di fattori genetici e di nuclei profondi della personalità che difficilmente potrebbero essere modellati da correzioni comportamentali, tuttavia gli effetti inibitori e le forzature subite minano l’autostima e il sereno sviluppo sessuale del bambino.
I condizionamenti continuano in ogni fase della crescita: possiamo ad esempio osservare quanto siano normali abbracci e bacetti tra amiche adolescenti, mentre lo stesso comportamento è del tutto off limits per i maschi.
Nell’età dei primi innamoramenti aleggia una certa attesa che il figlio confermi la propria mascolinità “sul campo” e se la fidanzatina tarda ad arrivare possono generarsi preoccupazioni e inopportune sollecitazioni. Anche nei confronti della figlia femmina non manca l’aspettativa di un percorso eterosessuale ma tabù di tipo diverso rendono tutt’altro che atteso il suo debutto sessuale. Se già per un eterosessuale le aspettative famigliari possono risultare decisamente strette, percorsi diversi dall’eterosessualità sono destinati ad attraversare conflitti, negazioni, sensi di inadeguatezza e di colpa per il solo fatto di disattendere uno standard iniquo ma di comune riferimento.
Ruolo di un genitore dovrebbe sempre essere quello di accompagnare e favorire una piena espressione dell’individualità del figlio, rendendolo caso mai consapevole di quei condizionamenti sociali e culturali che potrebbero ostacolarne un’esistenza libera e serena. Allo stesso tempo ogni genitore corre però il rischio di divenire veicolo di quei condizionamenti da cui egli stesso non ha potuto emanciparsi. Come in ogni passaggio generazionale spetterà allora al figlio andare oltre quel limite spinto dal più ambizioso degli obiettivi dell’età adulta: essere fino in