L’avvocato? La trova in pista
“Le donne cha hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sono parole di Rita Levi Montalcini che oggi, nell’epoca dei selfie, dei ritocchi e dell’immagine al di sopra di tutto sembrano cadere nel vuoto. Fortunatamente non è per tutte così: in ogni numero vi presenteremo alcune donne che hanno idee, progetti, passioni. Più che apparire fanno; più fanno e più sono donne. È così anche per Manuela Olivieri.
Si dice avvocato o avvocata? O avvocatessa? Ministro e ministra, “il” presidente e “la” presidente; oppure presidentessa? A Roma abbiamo un sindaco donna; la sindaca. Sindachessa? Non sia mai! Quella è la moglie di lui, la moglie del sindaco.
Ecco ci stiamo accartocciando nel “politically correct” quando dobbiamo – specie se siamo maschietti – avventurarci nel qualificare una donna che ha un incarico che, per ragioni linguistiche (le lingue sono nate nei tempi in cui l’uomo si credeva il padrone del mondo, donne comprese) si declina usualmente al maschile.
Una volta una donna disse a chi scrive: “Non mi chiami ambasciatrice ma ambasciatore. L’ambasciatrice è la moglie dell’ambasciatore; siccome l’ambasciatore sono io…”.
E come la mettiamo con la professoressa, la dottoressa, la dermatologa…?
– Papà, oggi il maestro mi ha messo 10.
– Bravo! Come si chiama il maestro?
– Si chiama Elena…!
Non se ne esce, passiamo alla donna del “ritratto” odierno; che fa l’avvocato. E qui ci attende una seconda trappola: lei si chiama Manuela Olivieri; Manuela Olivieri Mennea. Perché è stata la moglie di Pietro (“stata”, poiché purtroppo Mennea è scomparso sei anni fa). Questa rubrica si chiama “Ritratto di donna” e noi abbiamo il terrore di buttare giù un testo che diventi un “Ritratto di moglie”. Perché lei è “la moglie di…”.
Ma il timore è passeggero: Manuela è Manuela. Manuela ci parla di Manuela.
Cosa sognava da piccola? Aveva già in mente toghe, tribunali, libroni gonfi di codici?
“Ricordo che da piccola sognavo di fare la veterinaria. Poi invece… Ho frequentato il liceo Visconti, scuola soprattutto di vita. Pensi che il mio bisnonno sedeva, su quei banchi, accanto al papa Pio XII…!”.
Poi diventerà l’avvocato Olivieri. Un bel po’ di sacrifici, non solo sui libri. Crede che anche chi ha vent’anni oggi sia ben disposto alle rinunce oppure si aspetta che prima o poi caschi qualcosa dall’alto? Insomma, c’è in agguato il… “bamboccione”?
“Forse oggi i ragazzi sono più restii a lavorare sodo, è vero; con le dovute eccezioni, ovvio”.
Essere donna anche oggi significa dover faticare di più per farsi valere nel lavoro? Sussiste ancora un po’ di pregiudizio?
“Pensi che ancora oggi, in tribunale, non sei l’avvocato: sei la “signora”. Ma la storia finisce presto: finisce quando tutti si accorgono che chi ha preparato quel ricorso, quell’udienza, quella strategia – uomo o donna – ha lavorato a regola d’arte”.
Lo studio di Manuela si chiama studio Olivieri Mennea. Perché Pietro, primatista mondiale nei 200 m piani fino al ’96, medaglia d’oro ai Giochi di Mosca del 1980 e via vincendo, era avvocato. Di più: Pietro Mennea era “quadrilaureato”: Giurisprudenza, Scienze Politiche, Lettere e Scienze Motorie. Strano ma vero: conosciamo bizzeffe di “superstar” nel calcio – e non solo in quello – che, raramente, possono esibire la licenza liceale (per non dir di peggio).
“Sì, Pietro era una persona particolare, unica. Nello sport, nel lavoro, in tutto”.
No, non stiamo scivolando nel “Ritratto moglie”. Pietro e Manuela, a parte l’amore, hanno lavorato e sudato insieme lungo mille battaglie. Hanno progettato e costruito tanto insieme e, per questo, non si può parlare di (e con) Manuela Olivieri senza dire anche di Mennea.
Si conobbero ad una festa, addì 1990. Lui 38 anni, aveva da poco smesso con l’agonismo. Lei di anni ne aveva 24.
“Non parlava, stava sulle sue. Più tardi scoprii che era solo timidezza ma quella sera pensai che “se la tirava”. Poi vidi che girava con una Panda e che nonostante tutto non se la “tirava” affatto…!”.
Del “nonostante tutto” Manuela sapeva poco: non era un’appassionata di atletica, non seguiva assiduamente le Olimpiadi. Nacque l’amore, uno di quelli grandi, veri, capaci di schiacciare tutto, comprese le quattordici primavere di scarto tra l’uno e l’altra.
Lavoreranno insieme nello studio legale e qui gli aneddoti si sprecano: dal cliente che diceva “Lei somiglia al campione…”. a quello che, guardando i poster di Pietro sparpagliati nell’ufficio, esclamava “il vostro è uno studio molto sportivo!” per poi veder apparire dietro la porta un avvocato in grisaglia che pareva identico alla Freccia del Sud. Mancavano solo i calzoncini; e la pista.
Lo studio Olivieri Mennea è stato tra i primi a promuovere una “class action” negli Usa per difendere dei risparmiatori italiani investiti dal crac della Lehman Brothers.
Lavorare e correre. Anche quando non si va più alle Olimpiadi. Lavorare, correre e guardare anche “fuori”: fuori dal proprio orticello. Ed ecco la Fondazione Pietro Mennea onlus, che si occupa di donazioni ad enti di ricerca scientifica, di assistenza sociale, di promozione dello sport e molto altro…
L’avvocato Olivieri continua su questa strada, su questa pista, anche adesso; adesso che Mennea, dal 2013, l’ha lasciata sola. Sogni? Progetti? Idee? Tantissimi, come sempre.
Un messaggio per chi ha vent’anni oggi? Da dove cominciare? Come muoversi?
“Darsi da fare, non fare i preziosi. Non fermarsi alla prima difficoltà…!”.
Ecco la ricetta: quando credete di non farcela, rialzatevi; rimettetevi… in pista.