RITRATTI DI DONNA: “Piera Anastasi”

Ritratto di donna “Un fiume in… Piera”

 

Le donne cha hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sono parole di Rita Levi Montalcini che oggi, nell’epoca dei selfie, dei ritocchi e dell’immagine al di sopra di tutto sembrano cadere nel vuoto. Fortunatamente non è per tutte così: in ogni numero vi presenteremo alcune donne che hanno idee, progetti, passioni. Più che apparire fanno; più fanno e più sono donne. Oggi tocca a Piera Atanasi.

 

Son passati molti mesi da quando abbiamo inaugurato questa rubrica. I lettori avranno ormai capito che una donna che “cambia il mondo” non è necessariamente la top model di fama internazionale, la stilista che incassa applausi a Milano e a Parigi, la star di Hollywood o la celebre ricercatrice che ritira il Nobel a Stoccolma.

Ci sono donne che si distinguono pur senza i “passaggi” in Tv, senza i riflettori; perché brillano di luce propria e credono in quel che fanno. Così hanno cambiato il mondo; magari non quello del gossip, non quello dei lustrini, delle passerelle, dei flash, ma quella porzione di universo, assolutamente grande, che ruota attorno a loro: gli amici, gli affetti, la città nella quale vivono.

Per esempio Piera Atanasi, anni 39, imprenditrice e non solo. Una volta era indelicato sbandierare l’età delle signore. Ma siamo nel 2018 e, diciamocelo, Piera è un’usurpatrice, una teen-ager che crede di avere (quasi) quarant’anni. Ce ne convinciamo guardandola e ancor più ascoltandola.

Parliamo d’amore: molte coppie, oggi, non ne hanno chiaro il significato; che ne pensi?

“L’amore è meraviglioso, con o senza i romanzi rosa. Con mio marito (Simone Rompietti, titolare del ristorante Sale Fino, NdR) è stato il classico colpo di fulmine. Certo bisogna lavorare perché l’amore si consolidi e resti “acceso”. La prima ricetta è quella di non stare sempre insieme, ritagliarsi i propri spazi. Il tuo lavoro, le tue passioni… Il che non vuol dire nascondersi o raccontar balle; vuol dire, semplicemente, vivere insieme conservando una vita propria”.

Ora parliamo di Piera, la sua storia, il suo lavoro.

“Già, il lavoro; che per me, da sempre, va declinato al plurale. Ho iniziato a 13 anni: la mattina a scuola, il pomeriggio overdosi di baby sitting. Stare con le mani in mano non mi è mai piaciuto; mi piaceva essere indipendente, non dover chiedere spiccioli per il cinema o per quei pantaloni adocchiati in vetrina. Mi sono “buttata” in mille attività: assistente alla poltrona di dentisti, segretaria e molto altro. Oggi mi barcameno tra il lavoro al nostro ristorante, ArtemisiaLab e… la scuola. Già, perché sono anche insegnante per la scuola dell’infanzia e quando mi chiamano per le supplenze non mi tiro indietro. La mattina a scuola, poi Artemisia e, la sera, il ristorante. Ma va bene così: star fermi non si può; e non mi piace per niente”.

Quindi oggi lavori fianco a fianco con Simone?

“Sì, ho cominciato anni fa, quando è nata mia figlia Flavia: nello studio medico dove lavoravo i colleghi, le segretarie hanno cominciato a guardarmi torvo. Una neomamma non è mai gradita negli ambienti di lavoro. Simone mi propose di lavorare con lui, allora aveva un bar sempre in zona. Io, un po’ a malincuore, accettai. Nel frattempo mi chiamarono da Artemisia, poi le supplenze, poi… Insomma la solita giostra. Il lavoro con Simone continua insieme a tutto il resto. Ci risiamo: mai rinunciare al tuo mondo, i tuoi spazi”.

Quando la coppia “scoppia”: le difficoltà, i problemi piccoli e grandi di ogni giorno. Come si fa a restare uniti?

“Sarà banale, ma è proprio con le “batoste” che l’amore si arricchisce; lì si vede quanto è profondo un legame. Riuscire, da uomini e donne adulti, ad essere anche un po’ ragazzini, credere nei sogni. Quando lui decise per il ristorante, una scommessa non da poco, io l’ho comunque “caricato”, sostenuto. Ci son voluti sacrifici, certo. Ma i sogni si devono fare anche con gli occhi aperti. Lo sa anche Flavia, che dice: papà ha il ristorante perché il ristorante è il suo grande sogno…”.

Piera non la smette più; ci vorrebbero mille pagine per riportare quel che racconta di sé, di Flavia, del lavoro duro che non la stanca mai, di essere moglie, madre, amica, donna, maestra e tanto altro (l’ordine è casuale). Le chiediamo di nuovo: Come si fa? E poi: quante rinunce?

“Si fa semplicemente facendo; si fa con la volontà, con la voglia di muoversi, di inventare nuove strade. Si fa non chiudendosi in casa. Si fa crescendo una figlia meravigliosa, si fa imparando ogni giorno l’amore. Rinunce? Non so, forse, non mi ricordo”.

Non si ricorda perché non c’è tempo, bisogna correre, dire, fare. Lei corre e scorre come un fiume impetuoso.

Un fiume in… Piera.

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