PROTAGONISTI: “Marco e Nicola De Angelis”

Due fratelli “spettacolari”

Marco e Nicola De Angelis: si somigliano? Non troppo, talvolta per niente. Figli d’arte? Un po’ sì e un po’ no: l’arte, con loro, ha preso altre strade. Cinema e televisione, certo. Ma lo spettacolo, oggi, viaggia pure fuori dalle sale e lontano dai salotti di una volta. Marco e Nicola lo sanno; e lo fanno, con Fabula Pictures. Dialogo semiserio con due under 40 giovani ma non troppo, giovanissimi quando serve.

Marco e Nicola, fratelli e soci. Marco e Nicola, famiglia, cinema, musica. Marco e Nicola, quarantenni (quasi) che traboccano adolescenza; Marco e Nicola figli di…
Figli di chi? Figli di Guido, fratello di Maurizio: già, la premiata ditta Guido e Maurizio De Angelis, musicisti, arrangiatori e autori delle colonne sonore che tutti abbiamo nel nostro “archivio”: dal Sandokan di Sollima a Orzowei a Spazio 1999. E l grande schermo? Un mare di pellicole, c’è di tutto, ci sono tutti: Bud Spencer e Terence Hill, Manfredi (Per grazia ricevuta), Muti, Villaggio, Banfi, Corbucci, Dino Risi, Francesca Comencini e via elencando. Ci fermiamo perché attori, attrici, registi, titoli rischierebbero di inchiostrare tutte le pagine.
Ci fermiamo perché Marco e Nicola ci guardano strano e senza aprir bocca gridano: “Beh? Quando si comincia? Io sono Marco, lui è Nicola. Parlate con noi? Parliamo di noi o di chi?
Sì, parliamo di e con voi. Ma la prima domanda parte proprio dalla famiglia; quella vostra. Marco, Nicola e Fabula Pictures, una tra le più innovative case di produzione Tv e cinema. Marco e Nicola figli di Guido, non si scappa. Però voi un po’ siete scappati: il vostro, in fin dei conti, è un altro mestiere. Insomma, siete o non siete “figli di”?
“La nostra linea editoriale – è Marco a parlare –, quello che facciamo e quello che abbiamo fatto si discosta, assai, dalle esperienze precedenti, quelle “di famiglia”. Ciò non toglie che siamo nati e cresciuti in questo mondo. Pianeta Terra, pianeta Cinema. Quando nasci in una famiglia che in quel pianeta ci abita da sempre… Beh il segno lo lascia. Ma il segno, la linea, quando cresci, quando la matita la prendi in mano, puoi decidere di curvarla, di disegnare altro. Tagliare il cordone ombelicale, camminare da soli. Senza dissapori, senza conflitti insanabili”.
“Per dirla in “musichese” – interviene Nicola – tutto quel che noi facciamo è rock. Il nostro cinema, la nostra tv è rock. Bisogna avere il coraggio di innovare, di voltare pagina, di sperimentare nuovi linguaggi e saltellare un po’ nel buio…”

Il buio delle sale, certo. Poi le luci, le lampadine delle buone idee. A seguire, i nuovi linguaggi, le nuove piattaforme. Per esempio Netflix. Per esempio la Rete. Per esempio il XXI secolo che, se lo sai “prendere”, se lo sai “leggere” (e devi imparare, perché ci vivi, ci viviamo tutti), beh, come dire? Lo spettacolo continua. E non è affatto male.
Leggere il secolo, quello nostro. Leggere, ascoltare e capire i sogni, le paure, le ambizioni (e il coraggio) di chi vent’anni li ha adesso. Venti o diciassette, o quindici, o venticinque, o tredici. Questo è il lavoro (lo è sempre stato) di chi scrive sceneggiature e di chi, di lì a poco, le “monta” (leggasi: produce). Per esempio Baby, prodotto da “Fabula”, su Netflix per tre stagioni. Il regista è Andrea De Sica, ci risiamo: un altro “figlio di”, “nipote di”…

“Sì, ci risiamo – ridacchia Nicola –: Vuoi che uno che si chiama De Sica non abbia masticato il cinema in casa? Masticato, deglutito, digerito e metabolizzato, come no. Poi però diventi grande e il tuo cinema, le tue idee, i tuoi ciak sono roba tua”.

Nella vita ci vuole anche un po’ di fortuna. Ma la fortuna, come si sa, è cieca e va quindi un po’… aiutata. Voi che ne dite?
“La fortuna non esiste – afferma Marco risoluto –: se hai un progetto e ci credi davvero, ci credi fino in fondo, alla fine lo realizzerai”.

Il fratello annuisce. La fortuna non puoi aspettarla seduto. Cieca o non cieca, siamo noi a dover aprire gli occhi. Poi cita Lotito; sì, il patron della Lazio, latinista per passione, che dice spesso: “Homo faber fortunae suae”. L’uomo è l’artefice del suo destino. Non si scappa. Perché se ti trovi nel posto giusto al momento giusto e non ti sei preparato… Beh, qualcuno scappa: scappa miss Fortuna.
Prima della prossima domanda, precisiamo – doverosamente – che non è Lotito l’autore della locuzione di cui sopra; lui, da buon latinista, ama interloquire con solennità.

Come nasce la vostra collaborazione con Netflix?
“Nasce con… Come nasce? Nasce che quando nel 2014-2015 arrivò Netflix, rosicammo per non essere già preparati, già pronti con la nostra brava serie italiana…”.

Lo dice Marco o lo dice Nicola. Lo dicono all’unisono. E dicono anche – insistono – che il mondo è cambiato, cambiati i linguaggi, cambiata la fruizione dello spettacolo. Prima di Netflix, proseguono i De Angelis, tanti registi, tanti sceneggiatori, tanti produttori venivano guardati come visionari, sognatori. Per non dire come scemi.

“Chi ha scritto Baby lo ha scritto a vent’anni… Bisogna credere, bisogna dare spazio alle idee di chi ha vent’anni. Guardare l’idea, giudicarla per quello che è, senza badare a chi sei, da dove vieni. Se l’idea vale si va avanti. Punto”.

A parlare così è sono entrambi i fratelli in perfetta sintonia. Un fiume in piena: ci parlano dei giovani che non sono mai stati giovani, nel senso che sono stati capaci di crescere in un batter d’occhio (uno su tutti, Aurelio De Laurentiis). Poi disquisiscono sull’uso intelligente dei Social, sull’informazione che ancora oggi, addì ottobre 2020, può e deve ancora viaggiare sulla cara e vecchia carta…
Marco e Nicola, due vecchi saggi, due giovanissimi “paraventi”, due eterni adolescenti che sano gestire alla grande (e da adulti) i loro quasi quarant’anni.

Avete dovuto combattere, entrare in conflitto con vostro padre per imporre le vostre idee? E poi: vi è successo, talvolta, di affrontare ostacoli talmente gravosi da farvi dire, anche solo per un attimo: “Basta, molliamo…”?
“Abbiamo già risposto poco fa: nessun conflitto, noi facevamo qualcosa di nostro, lui faceva il suo; tutto qua”.

La crisi economica mondiale partita nel 2008 (tuttora in auge, secondo alcuni), poi la pandemia. Catastrofi e, soprattutto, tanti catastrofisti. Centinaia di aziende hanno chiuso o stanno per farlo. Altrettante – per esempio voi – lavorano e addirittura crescono. Come si “legge”?
“Si legge come sempre – risponde Nicola –: si legge che il terrorismo mediatico esiste e che il panico, anche per merito degli operatori dell’informazione (non tutti eh?), da che mondo è mondo fa notizia. Il che non significa che la crisi non ci sia stata o che l’emergenza sanitaria non sia un’emergenza. Ma, ripeto, c’è sempre qualcuno che specula, che sfrutta le situazioni. Per vendere notizie; per comprare consenso…”.

Insomma, bisogna rimboccarsi le maniche. In Italia l’abbiamo fatto tante volte e lo faremo ancora. Non mollare e non piangersi addosso. Come vedremo, a breve, nel “Biopic” su Roberto Baggio coprodotto da Fabula con Mediaset. Baggio a 18 anni si ruppe il “crociato”; gli dissero “Fermati, scordati il pallone”.
Lui non lo scordò; non si fermò. Il “coniglio bagnato” ha riempito gli stadi per anni.
Diamoci da fare con coraggio, non facciamo i conigli. Lo spettacolo deve continuare.
Lo spettacolo continua.

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