PROTAGONISTI: “Luca Maroni”

Luca Maroni: i 300mila sorsi di un ex astemio

Ormai abbiamo imparato a non stupirci più. Per questo non battiamo ciglio (non lo diamo a vedere, quanto meno) nell’apprendere che il nostro interlocutore, giornalista, scrittore e – soprattutto – autorità indiscussa nel “pianeta” vino” (troppo poco dire sommelier) fino all’età di 24 anni non frequentava Bacco.

Puoi farci una breve descrizione di te? La tua carriera, gli esordi, i sogni…

Liceo classico, laurea a 26 anni in Economia; a 24 da astemio incontro il vino e, assaporandolo, mi chiedo: “Come mai una bevanda ottenuta dalla fermentazione dell’uva non richiami né al profumo né al gusto il frutto da cui è fatto?” Ciò perché i vini di allora per vizi qualitativi non erano in grado di farlo. Comincio allora a studiare il vino, a degustarlo e viverlo con passione e, nel 1987, scrivo a Luigi Veronelli per propormi come scrittore e degustatore professionista. Veronelli mi telefona e mi convoca a Bergamo presso il suo studio… Da allora ho degustato professionalmente oltre 350.000 vini e scritto sull’argomento più di 70 libri.

Cosa sognava Luca da bambino? Voleva diventare un…?

Non ho mai nutrito sogni “professionali” da bambino; finiti gli studi sono stato divorato semplicemente dal desiderio di esprimere la mia sensibilità, di produrre qualcosa. Così ho incontrato il vino, probabilmente fra le più meravigliose entità da studiare, descrivere e condividere con persone di sensibilità analogamente votate alla percezione, alla conoscenza, all’apprezzamento del bello e del buono che adorna il vissuto d’ognuno.

Hai raccontato di quando ti prendevano in giro allorché rivelasti di voler entrare nel mondo del vino: “Ma dai, e che vuoi fare il vinaio? Punta ‘ più in alto” ecc. Specie in questo ambiente, quello della Roma “per bene”, capita spesso di sentirsi le ali tarpate dai giudizi altrui… Qual è il segreto per andare avanti nei propri propositi?

Avere la certezza che ciò che s’intende creare, produrre e realizzare sia più qualitativo di quanto già esistente nel prescelto settore di applicazione, e sia utile per tutti i fruitori, prescindendo dalla loro conoscenza specifica, formazione, disponibilità economica e bagaglio culturale. Questo dà una forza interiore incredibile, capace di sopportare qualsiasi avversità e di superare qualsiasi condizione. Quando nel 1987 dissi ai miei genitori, subito dopo essermi laureato con Lode in Economia e Commercio, che mi sarei dedicato professionalmente al vino, fu mia madre a dirmi seccamente: “Che fai il vinaro?”. Nonostante questo andai avanti per la convinzione di cui sopra e per la passione che avevo nel frattempo maturato per l’oggetto della mia applicazione.

Raccontaci delle eventuali difficoltà che hai incontrato, quelle che han fatto riemergere i soliti disfattisti con la frase fatidica: “Visto? Te l’avevo detto…!”

La forza della mia motivazione interiore ha fatto sì che non ho mai passato difficoltà tali da farmi mettere in dubbio la validità della mia azione e missione. Come diceva Leonardo da Vinci: “Non volta lo sguardo chi a stella è fisso”. Cosa che intuitivamente feci vista l’abbacinante luce del vino.

Fare in modo che i nostri sogni diventino realtà. Ci vuole tanto coraggio?

Più che coraggio ci vuole incoscienza, ovvero non conoscenza dell’impegno che costerà il conseguimento del proprio sogno-obiettivo, l’attualizzazione della propria idea, la realizzazione del proprio prodotto. Ricordo ancora quando, finito di imbustare e portare alle poste il primo numero della mia prima rivista di analisi sensoriale del 1990, mi resi conto che dopo tutta la fatica fatta adesso mi toccava scrivere il secondo!

Molti giovani aspettano l’incarico (e lo stipendio) che si allinei con il loro titolo di studio: sono laureato, voglio un lavoro al mio livello; o così o niente. A te come è andata? Quanto tempo, quanta fatica, quante “porte in faccia” prima di emergere?

La mia fortuna fu di rendermi immediatamente conto che non avrei mai trovato qualche editore disposto a pubblicare quanto andavo scoprendo, sperimentando e quindi scrivendo sul vino, e che quindi la mia unica possibilità era quella di diventare editore di me stesso. Così nel 1990 aprii la ditta individuale Luca Maroni Editore e cominciai a stampare e distribuire autonomamente la mia rivista e poi L’Annuario dei Migliori Vini Italiani del 1993.

Naturalmente fu fondamentale l’aiuto economico di mio padre che quando gli chiesi i danari necessari per stampare il primo numero mi disse: “te li do volentieri ma solo per il primo”, con ciò sottintendendo che se la mia idea di rivista sul vino fosse stata ritenuta qualitativa e utile sarebbe stata in grado di autofinanziarsi. E così fortunatamente fu.

Ai giovani quindi dico che ciascuno di loro sarà ciò che farà per essere: non faccio nulla non sono nulla. Faccio X sono X. Faccio Y sono Y.

Come è stato il “passaggio” dal Luca appassionato di enologia al Luca enologo tra i più accreditati del panorama italiano e non solo italiano?

La passione e l’ardore con cui ho studiato il vino dal 1984 al 1987 era tale da non lasciare spazio e senso ad altre applicazioni professionali, così presi il coraggio di scrivere a Veronelli come ho raccontato prima. Dopo 3 anni di collaborazione con il Maestro mi resi però conto che il mio desiderio di scoprire, valutare e comunicare in cosa consiste la qualità del vino non poteva trovare soddisfazione in quel seno, e quindi decisi di proseguire da solo creando nel 1990 The Taster of Wine, un bimestrale di analisi sensoriale applicata al vino e venduta via posta agli abbonati.

I sogni non si fermano all’infanzia: ne hai ancora nei tuoi… cassetti?

Continuare a operare nell’ambito dell’analisi sensoriale applicandola ad altre entità oltre che al vino, all’olio, al cibo, ad esempio al suono. Dopo il vino e la natura, la musica è infatti la mia più grande passione. E la musica si ascolta attraverso i sensi…

Esteta ed amante dei sensi: nel tuo lavoro si va ben oltre il bicchiere. Che senso dai alla bellezza, al gusto, alla vita in generale da… “assaporare”?

Non esistono persone che non sanno degustare, ma esistono molte persone che non pensano a quello che il senso ha sentito. L’esplosione della sensazione, il pensare al profumo, al sapore e al colore che vedo, questo il più grande miracolo consentito all’essere uomo.

La crisi economica partita nel 2008 (per alcuni non ancora “chiusa”), poi l’emergenza sanitaria di oggi. Catastrofi e catastrofisti un po’ ovunque. Ogni giorno decine di aziende chiudono e altre, invece, nascono e prosperano. Come mai?

Nel 1990 Internet non esisteva ancora, così compresi subito che per proporre al pubblico la mia rivista e i miei libri, e al contempo organizzare i primi eventi sul vino, avevo bisogno di creare una mia impresa. Ma guidare un’impresa in modo economico è il più difficile dei lavori, e così per poter avere il tempo di degustare e scrivere avvertii subito l’esigenza di delegare la gestione dell’impresa ad una persona davvero valida e capace: mia sorella Francesca Romana.

Oggi che è possibile arrivare direttamente al pubblico via Internet ai giovani dico: producete, proponete, create, che tanto più varrà sostanzialmente il vostro contenuto, tanta più umanità aderirà al vostro valore.

Fare impresa è sognare, ambire e raggiungere traguardi ma costa anche dedizione, sacrifici e costanza. Ci sono delle rinunce importanti che avete dovuto affrontare?

Da un punto di vista mio personale la mia attività di analista sensoriale applicato al vino esige la piena e continua disponibilità della propria massima concentrazione. Esige uno stato psico-fisico ottimale, ovvero un individuo in grado di concentrarsi sul responso degli organi di senso recettori nonostante l’effetto alienativo crescente e potente esperito dall’alcol. Degustare oltre 200 vini in una sessione di assaggio di oltre tre ore, è una performance anzitutto fisica. E per poter fare questo ci vuole disciplina, rinunce e rigore nel condursi, nel mangiare e nel bere.

Da un punto di vista aziendale le rinunce son quelle dettate dall’economia di gestione e produzione. Non si dà luogo ad un prodotto-evento se questo non è stato attentamente pre-valutato come potenzialmente economico nella realizzazione.

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