Dalla scienza alla missione artistica
Il padre è Antonino Zichichi, uno dei più grandi fisici italiani, ed il nonno materno un altro luminare della fisica; eppure la passione per l’arte e la brillante carriera, iniziata da giovanissimo, hanno portato Lorenzo Zichichi a diventare un punto di riferimento per il mondo dell’arte italiana, nonché internazionale, come presidente della casa editrice Il Cigno.
Nella storica Piazza di San Salvatore in Lauro, da una piccola porta di un’antica palazzina si accede ad un magnifico chiostro che conduce alla sede de “Il Cigno Galileo Galilei”. Un nome, un programma… un sodalizio scientifico – artistico per cui la casa editrice, già dal nome scelto, mostra la sua missione nella promozione dell’arte italiana, con un grande interesse per quella contemporanea, e della scienza, organizzando mostre, eventi e promuovendo un incredibile cross disciplinare a livello internazionale con collaborazioni di altissimo livello. Oggi il nome è abbreviato in “Il Cigno GG Edizioni”.
Lorenzo, raccontaci di te e di come sei arrivato all’arte.
Mio padre, mia madre, mio nonno mi hanno insegnato a seguire le mie passioni e quando mi sono diplomato, andando benissimo in matematica, ero convinto di aver fatto già la mia scelta, proseguendo con gli studi all’università in matematica pura. Mia madre però mi aveva anche insegnato l’amore per la letteratura ed il mio professore di filosofia aveva saputo farmi appassionare a tal punto che un giorno andai da mio padre dicendogli di aver cambiato idea. Alla fine mi lasciai convincere da lui ed iniziai con fisica, secondo lui meno “astratta” della matematica pura, per un anno intero ad un’università in Svizzera. Dati tutti gli esami a fine anno, avevo le idee chiarissime e così andai da mio padre e gli dissi che avrei fatto Filosofia. Ho superato tutti gli esami del primo anno nella sessione di settembre, altrimenti mio padre diceva che cambiavo senza sapere cosa lasciavo, e mi sono quindi iscritto a Lettere e Filosofia.
Laureatomi, tornai in Italia, a Roma, dove entrai in contatto con la casa editrice Il Cigno. Da quel momento rimasi invischiato, legandomi sempre di più al mondo artistico. All’epoca ero abbastanza giovane, avevo 24 anni quando iniziai.
Quale mostra, evento o pubblicazione ricorda con più affetto e soddisfazione personale?
Quando sono arrivato a Roma Il Cigno stava organizzando un’operazione importantissima: il dono di un’opera d’arte italiana alle Nazioni Unite di New York. Era il 1987 e l’opera sarebbe stata collocata davanti al Palazzo di Vetro. Il direttore artistico de Il Cigno scelse Giacomo Manzù che per l’occasione realizzò la scultura “Madre con Bambino”. Inoltre, il direttore della casa editrice era una persona caratterialmente molto schiva e così fui catapultato giovanissimo nel mezzo dell’organizzazione dell’evento per rappresentare la casa editrice ed intessere i rapporti con l’ONU.
Dieci anni dopo riuscimmo a mettere in piedi l’operazione per un’altra donazione di una scultura italiana, in questo caso di Arnaldo Pomodoro con l’opera “Sfera con Sfera” in occasione dei 50 anni delle Nazioni Unite. Così c’era l’opera figurativa di Manzù e quella astratta di Pomodoro che campeggiavano davanti al famoso Palazzo di Vetro di New York.
Dopo queste due collaborazioni arriva, forse, il traguardo più stimolante per un editore. Siamo stati scelti, nel contesto di una gara internazionale, per la realizzazione del catalogo ufficiale della collezione d’arte delle Nazioni Unite e vennero così pubblicate tre edizioni, vendute in America, di “A World of Art. The United Nations collection”.
Com’è la collaborazione e il rapporto che hai con gli artisti?
Con gli artisti la nostra casa editrice, nata come stamperia d’arte, ha un rapporto di collaborazione costante. Inevitabilmente, quando c’è una nuova pubblicazione da organizzare, si passano giornate intere con gli artisti, soprattutto quando iniziamo ad organizzare mostre ed eventi. Inevitabilmente con alcuni ci ho litigato come con altri ho costruito rapporti di una vita come con Emilio Greco, Piero Guccione, Umberto Mastroianni.
Spesso però, per forza, si crea un rapporto di “simpatia” perché, avendo l’impressione di lottare per loro, per imporre il loro nome sul pubblico è come se comunque ti schierassi dalla loro parte.
Collaborando con Igor Mitoraj, per esempio, ho realizzato uno degli interventi, per me, più belli di arte contemporanea nella città di Roma: le porte di Santa Maria degli Angeli nel 2006. Grazie all’amicizia con Igor e grazie al parroco Monsignor Renzo Giuliano, particolarmente sensibile all’arte contemporanea, siamo riusciti a portare a termine l’impresa.
Un’altra storia, a cui sono molto legato, è quella dell’isola di Lipari dove sull’acropoli, parte alta della città, ci sono la cattedrale, l’ex carcere di isolamento, la chiesa di Santa Caterina ed il Museo Archeologico Eoliano “Luigi Bernabò Brea”. Tra queste strutture, per il carcere, abbiamo organizzato la progettazione per la trasformazione in museo di arte contemporanea dell’ex carcere, selezionando un gruppo di artisti che avevano il compito di lasciare la propria interpretazione artistica, attraverso un intervento all’interno delle nove celle. Dove prima stavano anche quaranta persone stipate, abbiamo dato agli artisti la libertà di lasciare un segno. Per l’occasione nacquero delle opere incredibili con interessanti riletture ed interpretazioni dei luoghi e della loro destinazione.
Soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento delle nuove tecnologie, del digitale, la casa editrice come si rapporta a questo mondo?
Personalmente mi rapporto abbastanza male e ritengo che il libro come tale e come oggetto non scomparirà mai perché leggere sulla carta stampata è totalmente un’altra esperienza. Poi, come dico sempre, sulla stampa gli errori si vedono tutti mentre con il digitale no. Ma ovviamente anche noi abbiamo il nostro sito on-line dove – però – non si trovano i libri “interi”…”.