“Marinella fa il nodo ai Sette Colli”
Lo storico negozio – salotto che aprì a Napoli 103 anni fa e che conta succursali a Tokyo, Londra, Milano, Hong Kong, ha aperto i battenti anche nella Capitale. L’inaugurazione si è tenuta lo scorso 18 maggio in via di Campo Marzio. Incontriamo Maurizio Marinella, attuale “patron” del marchio, per farci raccontare il come, il dove e il perché di un successo ormai ultracentenario.
A cura di Riccardo Zona – Intervista di Baronerozzo
Classe 1955, “quasi 56”, per dirla con Troisi (Non ci resta che piangere, 1984: “millequattrocentonovantadue, quasi millecinque…”) tanto per rimanere in ambito partenopeo. Quasi 56 perché don Maurizio è nato il 31 dicembre. Il suo primo Capodanno è arrivato subito anche se la vera festa, per lui e per la sua famiglia, era iniziata ben prima. Iniziò nel 1914 quando nonno Eugenio aprì, in piazza Vittoria, la sua “bottega”. 20 metri quadrati o poco più, ma in una posizione strategica: lì passeggiava (e passeggia) la Napoli che conta. E in quel negozio, negli anni, si incontreranno i grandi della Terra i quali, chi prima chi dopo, appena finito di sorseggiare un caffè o di addentare una sfogliatella offerta dalla “casa” si facevano (si fanno) docilmente prendere per il… collo.
Oggi Marinella è anche a Tokyo, a Londra e in Italia, dopo Napoli, vanta due punti vendita a Milano. Mancava Roma, almeno fino al 18 maggio 2017.
Incontriamo Maurizio proprio nel nuovo punto vendita capitolino, in via di Campo Marzio 9/a, due passi dal Parlamento e comunque nell’ombelico della Città Eterna.
Quando le chiedono qual è il segreto del successo di Marinella lei spesso risponde che si tratta di un miracolo, poiché non si comprende come un negozio di 20 mq a Napoli abbia raggiunto il fatturato più alto al mondo in relazione alla superficie del negozio stesso.
Noi di Be Different crediamo che in un mercato globalizzato dove possiamo trovare tutto e il contrario di tutto, l’alta e la bassa qualità, il vero segreto sta nella persona; le sue idee, le sue ambizioni, … Siamo certi che suo nonno e suo padre sono state persone straordinarie. E ora c’è lei, che già a 8 anni bazzicava nella “bottega”, forse anche costretto a starci. Quando è giunto il suo turno c’è stato un momento nel quale ha temuto di non farcela, di non riuscire a sorreggere il peso della storia, della gloria del marchio?
“Sì, “miracolo” è la parola giusta. Portare avanti un’attività per 103 anni, in Italia, è certamente difficile. Se poi l’Italia è quella di Napoli, beh, siamo davvero ai confini della realtà. Non è stato facile. Come ci siamo riusciti? Forse grazie al nostro approccio particolare: non comunichiamo con i bilanci, il fatturato, i grafici ma cerchiamo di spostare il discorso sul valore dell’accoglienza, del rapporto umano. Da sempre Marinella apre alle 6,30 del mattino; il cliente viene, prende il caffè, chiacchiera, racconta e sa di essere ascoltato, sa che il negozio è anche salotto, incontro, confidenza, discrezione… Il tutto condito dalla napoletanità positiva: purtroppo Napoli trasmette segnali non sempre edificanti. Ma c’è (c’è sempre stata) la Napoli che lavora, che ascolta, che respira e che inventa. Inventa la qualità, che per noi è una vera ossessione; ossessione che ho ereditato da papà, dal nonno. Eredità faticosissima, senza dubbio; fatica che anche mio figlio Alessandro sta cominciando a sopportare, forse anche in misura maggiore.
Oggi abbiamo un bel biglietto da visita; come in una staffetta, dobbiamo correre per consegnare il testimone. Quando lo afferriamo, il testimone, sappiamo di essere in vantaggio, sappiamo di star davanti. Il traguardo è nostro”.
Perché ha deciso, dopo cent’anni, di portare Marinella a Roma?
“Da tanti anni ci guardiamo attorno. Siamo usciti da Napoli, come si sa, e anche dall’Italia. Roma rappresenta un altro dei traguardi che prima o poi dovevamo… tagliare. Teniamo conto, poi, che nonostante tutto l’Italia assorbe l’85% del nostro lavoro. Siamo italiani e intensamente napoletani. Soprattutto siamo orgogliosi di esportare il made in Italy, che è fatto di idee, forme, colpi di genio e che oggi – nel mondo – conta sempre di più. Perché Roma? Potrei rispondere con questa battuta: è la città dei Sette Colli e noi, facendo cravatte, siamo già in vantaggio. Scherzi a parte, a Roma abbiamo tantissimi clienti e, a grande richiesta, abbiamo deciso di aprire. C’è capitata questa occasione, questo bellissimo spazio che, non a caso, era occupato da Hermès”.
Chi fu il primo “personaggio” che visitò il vostro negozio? Si trattò di un caso? Ci può raccontare un episodio, un aneddoto particolare su qualche celebre cliente?
“Da quando esiste, Marinella è subito divenuto il salotto “buono”. Abbiamo servito tutti i presidenti della Repubblica, da Enrico De Nicola a Mattarella; poi la famiglia Kennedy e tutti i presidenti Usa. E ancora: Gorbaciov, Elstin, Carlo d’Inghilterra (un mese fa è venuta Camilla a scegliere nuove cravatte per lui) … A breve ci raggiungerà un personaggio ancora più importante, considerando che la prossima settimana sono invitato a Buckingam Palace, a pranzo da Sua Maestà Elisabeth.Tutto questo è straordinario, lo so, anch’io continuo a meravigliarmi. Ed è così dal 1914. Matilde Serao scrisse sul Mattino che Marinella poteva essere paragonato, in grande, alla farmacia del paese. La farmacia, nei piccoli centri, era il luogo dove passavano le “autorità”, volenti o nolenti: il maresciallo, il parroco, il notaio, il sindaco… Lì – tra un unguento e uno sciroppo –si prendevano le grandi decisioni. In effetti anche per noi fu così: avevamo di fronte (c’è ancora) la Villa Comunale, ai tempi chiamata “la Villa Royale”, frequentata dalla nobiltà napoletana; i nobili andavano a cavallo e il nostro negozio si riempiva di giovani di belle speranze che volevano tener d’occhio le donzelle blasonate (e ammirare anche i loro polpacci scoperti).Noi pratichiamo due tipi di commercio: il primo è quello dell’incontro, dell’accoglienza, l’aggregazione che comincia alle 6,30 del mattino. Il secondo, dedicato anche alla vendita, inizia solo alle 9. E avanti così, fino alle 20. Ma i più bei momenti con i clienti, statene certi, si vivono al mattino presto”.
Il caffè, la sfogliatella da offrire al cliente. Sarà così anche a Roma?
“Cerchiamo ovunque di portare avanti questa consuetudine. Qui siamo appena arrivati, mi devo organizzare, guardarmi intorno… Prometto che Roma non romperà la tradizione”.
Marinella si basa sulla qualità ma anche sulle persone: voi. Aprire succursali in ogni dove, nelle quali non potete assicurare la vostra assidua presenza, comporta dei rischi? Può esserci un collaboratore poco “sintonizzato” capace di rovinarvi l’immagine? Come selezionate il personale?
“Le persone che stanno con noi, anche i tre cui abbiamo affidato Roma, sono nate e cresciute nella nostra azienda e ne hanno incamerato lo spirito, i modi, la filosofia. È vero, le persone sono importantissime. Da noi devono saper sorridere, devono tramettere serenità, accoglienza. Devono saper “riconoscere” il cliente”.
Come nascono e come si evolvono le fantasie di Marinella?
“La nostra prima forza, premetto, è quella di proporre un nuovo campionario ogni dieci giorni. Le nostre sete, da sempre, le stampiamo in Inghilterra. Come nascono le fantasie? Quando faccio il nuovo campionario lo guardo e ci ragiono due volte: scelgo quel che piace a me, faccio gli accostamenti, le prove. Poi ricomincio daccapo, stavolta con gli occhi del cliente: ripasso a mente le ultime richieste della clientela, chi mi ha chiesto il bianco, chi l’arancione… Ecco, devo cercare di mettere d’accordo i due sguardi”.