Massimo Ungaro: “Ius culturae & scuola: si comincia da qui”
Onorevole, come e quando è nata la sua passione per la politica?
“La mia passione per la politica è nata durante il liceo, quando avevo 14 anni. Dovevo fare una presentazione a scuola sullo Stato Sociale. Ero all’estero, e facendo approfondimenti per la ricerca, mi interessai alla Cosa Pubblica, al modo di prendere le decisioni. A scuola, da rappresentante di classe, ero venuto in contatto con la politica studentesca, con i partiti. Tornato a Roma, nel 2002, gli interessi maturati negli anni appena precedenti mi hanno spinto ad iscrivermi alla Sinistra Giovanile”
Raccontandoci dei suoi inizi, lo sguardo dell’Onorevole rivela chiarissimo il suo entusiasmo, spontaneo e genuino.
C’è stato un personaggio in particolare che l’ha ispirata?
“Ricordo di essere stato molto affascinato da un discorso, tenuto in sezione, da Imma Battaglia, grande imprenditrice e paladina dei diritti “LGBT”, il quale mi permise di apprezzarne le idee ed il valore. In quel periodo, rimasi colpito anche dalla figura di Piero Fassino, che trovai carismatica a tal punto da comprare il suo libro a 15 anni… Potrei dire che in quegli anni Fassino è stato un personaggio ispiratore degli inizi del mio percorso”
Si è mai imbattuto in una legge che considera virtuosa, che le sarebbe piaciuto vedere applicata nel nostro Paese?
“Ne posso citare due. Il primo è la riforma dello “ius culturae”. Avendo vissuto all’estero, ho avuto modo di capire i meccanismi relativi all’integrazione cittadina fuori dal Bel Paese: questa esperienza mi ha fatto capire che una riforma della cittadinanza era divenuta sicuramente prioritaria e non più rimandabile per l’Italia. Il secondo progetto di legge di cui potrebbe giovarsi il nostro paese è la riforma della scuola. Credo nella scuola “a tempo pieno”, ossia a disposizione degli studenti anche dopo la pausa pranzo, in modo da consentire ai giovani che provengono dai ceti meno abbienti di avere gli strumenti per preparare le lezioni e accrescere le proprie conoscenze. Inoltre, ridurrei il tempo della scuola dell’obbligo in modo che i giovani possano finire gli studi un anno prima: questo li renderebbe più autonomi e consapevoli del mondo del lavoro. Credo che il percorso di studi in Italia sia troppo lungo. In Europa, mediamente, i giovani si affacciano sul mercato del lavoro a 24-25 anni, in Italia, per numerose contingenze, a 30…”.
Parlando di social network, visto l’odierno utilizzo massivo, potrebbero essere uno strumento per avvicinare i giovani alla politica?
“Assolutamente si! Allo stesso tempo possono essere uno strumento per allontanarli. È importante che attraverso i social vengano veicolati contenuti di alta qualità. Oggi i ragazzi sono molto maturi, sanno utilizzare i social già giovanissimi, dunque è importante utilizzare i social per comunicare in maniera autentica, evitando la comunicazione “di facciata” o propagandistica. Ad oggi, sono uno strumento imprescindibile”
Quali i possibili rischi dell’utilizzo dei social per fare politica?
“C’è un rischio elevatissimo di diffusione delle cosiddette. “fake news”, talvolta difficili da rintracciare e da smaltire. Sotto questo punto di vista, posso dire che i social sono un’arma a doppio taglio proprio perché consentono di raggiungere un gran numero di persone, regalando a molti malintenzionati il diritto di usare un megafono davvero efficiente.”
Che ruolo vede per i social nel mondo del lavoro? possono influenzarlo?
“Guardando alla mia esperienza, da eletto “all’estero”, ossia da italiani in Europa, direi che i social sono stati fondamentali per “stare sul territorio”, specialmente in questo momento storico recente segnato dalla pandemia e dalle sue conseguenze. I social per me sono stati essenziali per fare politica negli ultimissimi anni… mi hanno consentito di essere presente nei territori dove sono stato eletto e di avere un vero e proprio contatto con il mio elettorato. Lo stesso posso dire per il mercato del lavoro: oggi 7 acquisti su 10 sono effettuati on-line.”