DI GIUSEPPE POLLICELLI
Le discoteche sono davvero in crisi?
Occhiello: Dati recenti sembrano indicare un netto calo d’interesse da parte dei giovani, sia in Italia che nel resto d’Europa, nei confronti di quei locali che erano un tempo il simbolo dello svago. Le cose stanno realmente così? E come mai tra i ragazzi, a prescindere dalle discoteche, regna l’ossessione del divertimento?
Stando a quanto ha riferito sul “Corriere della Sera”, lo scorso 14 gennaio, il noto giornalista Beppe Severgnini, autore di vari best seller incentrati soprattutto sulla figura dell’italiano all’estero, le discoteche sarebbero in crisi. Tempio e simbolo, fino a poco tempo fa, dello spasso giovanile, pare abbiano cominciato ad annoiare le ultime generazioni. Scrive Severgnini: “Il settimanale inglese ‘The Economist’ snocciola dati interessanti. Dal 2001 al 2011 il numero di discoteche in Olanda è sceso del 38%. In Gran Bretagna c’erano 3.144 club nel 2005, solo 1.733 dieci anni dopo. A Berlino il numero dei locali notturni (350) regge, ma alcuni nomi storici hanno chiuso i battenti. In Italia, in vent’anni, le discoteche si sono dimezzate (da 5.000 a 2.500) e a Milano, in dieci anni, ha chiuso un locale su tre”. Severgnini trae da queste cifre la seguente conclusione: “L’impressione è che stia crescendo una generazione che alle discoteche preferisce i festival, al privé l’aperitivo, al locale pubblico la casa privata, al night-club una cena tra amici, alla pista da sballo la spiaggia da ballo”.
È davvero così? Due giorni dopo, il 16 gennaio, sempre sul “Corriere della Sera”, al giornalista ha risposto Maurizio Pasca, presidente nazionale della Silb-Fipe Confcommercio, l’associazione italiana dei locali da ballo, scrivendo tra l’altro: “I ragazzi d’Italia e d’Europa non sono diventati più saggi (l’abuso di alcol e di droghe da parte delle fasce più giovani è in aumento, non si può non considerarlo) ma solo più vulnerabili. La loro voglia di divertirsi è messa a rischio dal proliferare di locali e luoghi-non luoghi sprovvisti di licenza. Non mi risulta, poi, che il numero delle discoteche in Italia sia dimezzato, in quanto il dato relativo a vent’anni fa, secondo cui erano in attività ben 5.000 locali da ballo, risulta essere non veritiero a fronte dei 2.500 esercizi attuali censiti, che rappresentano invece un dato reale”.
Chi ha ragione? La mia personale impressione è che, effettivamente, più delle discoteche canoniche (quei locali spesso enormi in cui si tende ad annullarsi nella folla e dove comunicare è impresa quanto mai ardua), i ragazzi prediligano oggi situazione un po’ più raccolte, meno dispersive. E devo dire che mi sembra un fatto positivo. Ma certamente, da quel che ho potuto constatare, quella dello svago appare per molti giovani come una vera e propria ossessione, tanto da divenire, in numerosi casi, di gran lunga il principale argomento di conversazione. Dove si va stasera? Come ci si organizza? Con chi ci si vede? Sono queste le domande che, in modo martellante, rimbalzano più di ogni altra fra gli smartphone della nostra gioventù, segnalando ancora una volta l’aspirazione a una fuga dalla realtà quotidiana e dalle sue brutture. L’aspirazione è in sé legittima, per carità, ma se non lascia spazio ad altro (l’interesse per la politica, il sociale, la conoscenza ecc.) è giusto domandarsi perché ciò accada. Sarebbe una bella cosa se i lettori di “Be Different” volessero contribuire, fornendoci testimonianze basate sulla loro esperienza in prima persona, a suggerire qualche risposta: sia agli interrogativi sulla presunta crisi delle discoteche (risulta anche a loro oppure no?) sia alle ragioni dell’assoluta centralità che, nelle loro vite, sembra avere assunto – a scapito di tutte le alternative che abbiamo poco sopra elencato – il divertirsi in compagnia. Ne potrebbe nascere un dibattito, o quantomeno un confronto, interessante e utile.