Di: Giulio Tropea
DOMANDE DI GIULIO TROPEA
DOMANDE DI GIULIO TROPEA
A che età hai capito che nella vita volevi recitare?
Credo già in occasione di una recita ai tempi delle elementari. A un certo punto è stato chiesto a noi bambini chi se la sentisse di interpretare una canzone: io mi sono alzata e l’ho eseguita molto bene, e così mi è stata assegnata la parte di Santa Caterina. È iniziato tutto da lì.
Poi cosa hai fatto?
Ho soprattutto studiato, non ho partecipato a concorsi artistici o cose simili. Durante l’università ho cominciato a frequentare il Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, dove sono stata per tre anni, ma intanto mi sono laureata e ho preso anche un master. Dopo non molto tempo ho avuto la possibilità di andare in scena per un anno al Piccolo Jovinelli di Roma, che era diretto da Serena Dandini, e in questo modo sono stata notata da alcuni autori televisivi: ho così iniziato a lavorare in tv con Marco Giusti e mi si sono aperte le porte del cinema.
Hai un metodo per trovare la concentrazione sul set e sul palcoscenico?
Devo dire di no, non appartengo alla categoria di quelli che arrivano in teatro con quattro ore di anticipo o fanno esercizi di respirazione prima di andare in scena. Del resto sin da piccola sono sempre stata poco disciplinata.
Ci sono attrici che sono per te dei punti di riferimento?
Sì, certo, Anna Magnani, Monica Vitti, Claudia Cardinale, Virna Lisi, Franca Valeri, Anna Marchesini…
Sono tutte artiste del passato.
Beh, apprezzo molto anche alcune mie colleghe di oggi, da Laura Morante a Maya Sansa. E poi Claudia Gerini.
Ti è mai successo di vivere delle tensioni con qualche collega di lavoro?
No, sono un’attrice collaborativa e non mi è mai capitato di litigare con nessuno. Sul set sono per il gioco di squadra e, in più, sto sempre bene attenta a tenere separata la sfera lavorativa da quella personale. Il mio obiettivo è dare il massimo contributo al progetto comune, sotto questo aspetto ho poco della diva.
Hai mai vissuto momenti di imbarazzo o di disagio su un set?
Sinceramente no, mai.
Come ti rapporti alle indicazioni che ti provengono dai registi?
Penso di essere molto disponibile. Indubbiamente porto avanti le mie proposte, ma è il regista che ha il compito di indirizzarmi dopo avere valutato sia le mie caratteristiche di attrice sia quelle del personaggio che devo interpretare. Tra regista e attori c’è bisogno che si crei una proficua sinergia.
Ti piacerebbe dirigere un film o una fiction?
Questo no, al limite potrei decidere di scrivere una storia.
E potrebbe tentarmi l’idea di fare la produttrice, dato che ho un’ottima capacità organizzativa nonché la tendenza a supervisionare tutto.
Quali sono i tuoi impegni attuali e futuri?
Ho da poco terminato di girare un film per la tv che andrà in onda su Rai Uno, Piccoli segreti, grandi bugie, per la regia di Fabrizio Costa, in cui vesto i panni di una donna al contempo ordinaria e speciale, come sono in fondo tutte le donne. Un bel ruolo femminile di cui sono contenta. Poi debutterò a teatro al anco di Raoul Bova in Due, una pièce scritta e diretta da Luca Miniero.
DOMANDE DI GIUSEPPE POLLICELLI
I ruoli che hai interpretato, fino a oggi, sono stati in netta prevalenza brillanti. Ti piacerebbe frequentare di più il registro drammatico?
Nel cinema italiano i ruoli femminili drammatici scarseggiano, il fatto che io ne abbia interpretati soprattutto di comici dipende da questo. Il che non toglie che di parti drammatiche, in particolare a teatro, ne abbia recitate tante. In generale, comunque, mi interessano i bei personaggi, indipendentemente dal genere.
La prima volta che sei passata dal palcoscenico alla macchina da presa hai incontrato di coltà?
Ricordo bene le sensazioni che ho provato ma è stato tutto molto naturale, senza traumi.
Hai preferenze tra il recitare in teatro e su un set cinematografico?
No, anche se sono certamente due esperienze non sovrapponibili. La recitazione a teatro, non consentendo errori e non essendo ripetibile, produce maggiore adrenalina e richiede una concentrazione più elevata. Quindi la differenza principale sta soprattutto nei diversi livelli di ansia.
Ti piacerebbe lavorare all’estero?
Mi interessa di più progredire e migliorarmi nel mio Paese, interpretando ruoli femminili sempre più interessanti e sfaccettati, cosa che in Italia è sicuramente ancora non facile. Sogno che il nostro cinema torni ai fasti degli anni passati, raccontando belle storie che non riguardino necessariamente la mafia o la malavita come negli ultimi tempi è accaduto forse un po’ troppo spesso.