“Sarà la Musica”
A SALVARE IL MONDO
UN GIORNO TI SVEGLI E TI DICONO CHE UN ARTISTA DI NOME EZIO BOSSO SE N’È ANDATO A SUONARE DA LASSÙ. QUELLO STESSO GIORNO, UN ANZIANO SIGNORE DI NOME ENNIO MORRICONE GLI REGALA UN COMMIATO DEGNO DEL PIÙ PRESTIGIOSO DEI CAPI DI STATO, E POCHI MOMENTI DOPO, NON CONTENTO, DECIDE DI RAGGIUNGERLO. STARANNO MICA ORGANIZZANDO IL PIÙ GRANDE CONCERTO DELLA STORIA DEL MONDO SENZA DIRCI NIENTE? CI HANNO REGALATO SOGNI, EMOZIONI, DOMANDE SENZA RISPOSTA E RISPOSTE SENZA DOMANDE. HANNO COLORATO I NOSTRI RICORDI; HANNO SCRITTO UN IMMENSO LIBRO DI STORIA DOVE LE GUERRE,LAPACE,LECONQUISTE,LAFAME,ILRAZZISMO,LERIVOLUZIONI,IMURIEDIFICATIEQUELLICROLLATIRESTERANNONELLA MEMORIACOLLETTIVAANCHEPERMERITOLORO.SARÀUNCASOCHESIANOMORTIINSIEME?SARANNOINCARICATIDICOMPORRE LA COLONNA SONORA DELLA NUOVA RIPARTENZA? SARÀ LA MUSICA A SALVARE IL MONDO: LO SPERO, LO SPERIAMO TUTTI…
di ROBERTO FANTAUZZI
I pensieri, le idee, i sogni di un paese (per esempio il nostro) passano dalle canzoni, dai concerti, dalle note che fischiettiamo nel traffico e che ci ricordano “quel giorno”, “quella” estate, “quel” grande amore sparito. Gli amori spariscono, succede. Ma la musica resta. È andata così anche quest’anno: “lei” è stata con noi sui balconi, nelle strade spente, nelle città gonfie d’ansia e tra poco tornerà anche a farci ballare appassionatamente insieme. Nel frattempo però…io ballo da solo! La musica. Quella che ci fa muovere; quella che ci fa ridere, quella che: quel piedino sotto al tavolo non riesci proprio a tenerlo fermo. Già, in questo festival del surrealismo, ci hanno appena autorizzato a tornare a ballare, un giorno a un metro il giorno dopo a due; sono confusi, ma come biasimarli? Un tango caliente solo per congiunti o un rock & roll con distanziamento sociale? Per non sbagliare meglio rievocare un
film d’autore e, per ricominciare, ballare da soli. Cosa sarebbe il mondo senza musica? La musica che spacca tutto e che arriva prima di tutti. Crolla un muro (metti quello di Berlino, 1989) e “lei” è lì. Scoppia una guerra, l’ennesima, e la musica è lì; le bombe aprono voragini tra le case, le ambulanze sfrecciano in tutte le direzioni, i bambini perdono le mamme, le mamme perdono tutte le lacrime. Però…Però la musica; “lei” c’è; non si è lasciata piegare dalle pallottole degli yankee, non si è fatta schiacciare dai cingoli dei carri armati tedeschi e sta fronteggiando con la sua sconfinata energia anche la terza guerra mondiale, la più dura della storia, quella attualmente in corso. Non piange e non ride; anzi, piange e ride: perché la musica ha sempre avuto e sempre avrà note – e parole – per farci smettere di piangere e, quando serve, smettere di ridere. Sì, perché i momenti, tutti quelli che segnano il tempo, hanno sempre una colonna sonora che li caratterizza. Tu ascolti, tu ti ascolti; canti, fischi, batti il ritmo. Tu e la tua vita; quella che puoi, devi guardare con gli occhi ma un pò anche con le orecchie. La musica, durante il famigerato lockdown, ha fatto la sua parte. No, non va bene, lo dico meglio: se non ci fosse stata la musica, se non avessimo avuto le nostre note, le nostre parole, i concerti da ricordare, le terrazze “chitarrate” in centro e in periferia… se non avessimo avuto tutto questo, avremmo rischiato seriamente di morire; morire non di Covid, ma di inedia. Morire non nel corpo: morire prigionieri del vuoto, quel vuoto dei giorni tutti uguali dove i ricordi, le speranze, le paure – se nessuno ci avesse messo una colonna sonora – ci avrebbero schiacciati, annientati. Uccisi. Chi legge starà pensando: “Guarda un po’: il buon Fantauzzi ha scoperto la musica…” Ebbene sì; ebbene no. La musica mi ha regalato un lavoro. Ovvio che non l’ho “scoperta” oggi. Ma è altrettanto ovvio che la musica, spesso e volentieri, la dimentichiamo. “Lei” c’è, c’è sempre; ma solo quando va via, solo quando ci abbandona e non ci lascia ballare, ne sentiamo la mancanza; la chiamiamo a gran voce e in breve – ci risiamo – riaffiora nei meandri del cervello, grida, arpeggia, volteggia in un pentagramma che, dentro di noi, resta incancellabile. Dunque, la musica. Quella che ci ha salvato migliaia di serate iniziate male; è successo a sedici anni, a tredici, a venticinque, a sessanta. Quando tutto sembrava prendere una brutta piega, quando la fidanzata ci lasciava, ci aiutava a piangere, quando ci accorgevamo che si stava meglio senza la fidanzata, ci faceva tornare a sorridere, e …ad innamorarci di nuovo. La musica c’è. Meno male. Che siano le note della “quinta” di Beethoven o quelle dei Pink Floyd con “The Wall” (a Berlino? A Toronto? A Bari? A Canicattì? Nel nostro letto con gli occhi ancora socchiusi? Dove ci pare, come sempre). La musica fa parte di noi. La musica è viva e ci fa vivere. La musica suona e fa impresa. Come quella dei locali, dei Dj, delle notti costruite a tavolino dai tanti professionisti del settore come me. Cos’è cambiato, cosa cambierà dopo l’emergenza? “Tutto sotto controllo, torneremo a suonare, a ballare, a scrivere note, ebbene si…torneremo a vivere”. Vorrei dare una risposta così; lo vorrei con tutto me stesso. Ma a volte, le domande non hanno risposte certe; così proviamo a interrogare qualcuno che se ne intende : Lorenzo Rumi. Parlare, cioè proporre idee, raccontare i tempi che corrono, sperimentare nuovi linguaggi. Per troppo tempo – forse – ci siamo adagiati sulle note “trendy”, quelle pigre, quelle che ci devono stare perché lo dice il mercato, lo dice la moda. La pensa così Lorenzo Rumi, Dj che non ha bisogno di troppe presentazioni. Lui lavora nella musica da oltre 25 anni, “manovrando” consolle in tutta Italia, da Roma alla Costa Smeralda. Lui ha fondato, con Masimo Trodini, Club Culture, una tra le più gettonate booking agency. In questi giorni Lorenzo è Dj resident alla Casina Valadier. Qui, con la mia Lux Eventi, stiamo cercando di restituire a Roma quella voglia di tornare ad essere protagonisti. L’Italia chiusa in casa; l’Italia in ansia, in emergenza. Ci siamo ancora dentro, ancora per poco (si spera). Cosa è cambiato nel nostro lavoro? Cosa abbiamo imparato? Come ci muoveremo da domani? “È stata dura, durissima. Però è stato anche un momento per riflettere e per fare i conti con noi stessi, il nostro modo di lavorare. Nelle serate “pre-covid” troppe volte ci siamo adagiati sul già visto (pardon: il già sentito). Le solite note, la solita minestra per seguire i dettami della moda. “Il pubblico vuole questo, noi glielo diamo…”. Beh, non deve essere così. Io ho cominciato con il vinile, in tempi in cui la scelta di un brano dipendeva dalle scelte del dj, dal contesto, dal “sapore” che si voleva dare a “quella” notte, “quella” festa. Mi piacerebbe tornare a questo modus operandi: proposta, ricerca musicale, ridefinizione dei suoni, progettazione di eventi davvero “su misura”. Il pubblico “vuole”… Non è vero, il pubblico va stimolato, ascoltato. Il pubblico sono io, sei tu, è lei. Noi addetti ai lavori dobbiamo cogliere le sfumature ed avere il coraggio di… cambiare musica. Il pubblico, questo sì, lo vuole…! Pertanto questa lunga pausa, seppure disastrosa per tutto il nostro settore, è stata utile per aprirci gli occhi. Di più: sai bene che nel nostro mondo ci sono tante persone che non sanno fare questo mestiere e ci si buttano solo perché credono di conseguire facili guadagni. Dopo questa inattività forzata molti di costoro abbandoneranno il campo; anche questo non è male”. Ringrazio Lorenzo e traggo le mie conclusioni; bastano poche parole: la musica cambia ma non si ferma… non si fermerà mai. Mi permetto di storpiare Dostoevskij: “Sarà la musica a salvare il mondo”