Quando la moda è uomo si scrive Pitti
Ci sono sostantivi come “gatto” e “gatta”, “maestro” e “maestra” che si declinano al maschile o al femminile semplicemente cambiando una vocale; oppure quelli come “suora” e “prete”, “moglie” e “marito” che hanno radice completamente diversa. Quelli ambigenere come “pediatra”, “farmacista”, “nipote”. Infine c’è la parola “moda” che al maschile si scrive Pitti Immagine Uomo. A pochi giorni dall’evento voglio fare qualche domanda sul tema all’ad, dottor Raffaello Napoleone.
Di Roberto Fantauzzi
Usare la lingua in modo adeguato attraverso la declinazione del maschile e del femminile è una necessità. Lo testimoniano gli studi della linguistica e l’autorevole posizione dell’Accademia della Crusca. Se è chiaro che il maschile di gatta è gatto, esiste il maschile di moda? Forse no, ma se esistesse si scriverebbe Pitti Immagine Uomo. Si perché l’evento, che ha raggiunto l’edizione 104, è diventato così iconico nella fashion industry al maschile da fondersi ideologicamente con la stessa.
Il tema di quest’anno è Pitti Games. Lo scenario del salone verrà immerso in un contesto in cui giocare sarà quasi un must. Quest’anno varcare la soglia del Pitti significherà entrare in una dimensione ludica in cui la moda e il divertimento saranno l’uno il minimo comune multiplo dell’altra.
Sì, la moda è un gioco. Giocare con i colori, con le forme, con gli accostamenti. Giocare con la propria immagine che dev’essere sì elegante ma mai “ingessata”. L’eleganza impeccabile, “statica”, rischia di passare inosservata o – addirittura – di annoiare. Dev’esserci quel particolare, magari anche una sbavatura, quel qualcosa “fuori posto” che ci consente di essere riconosciuti e che “parla” di noi. Qualcuno ci osserva e ci giudica; forse il giudizio è anche impietoso, ma non importa: abbiamo catturato uno sguardo, abbiamo stimolato curiosità ed emozione. Ci sarà, forse, anche chi proverà ad imitarci, cercando goffamente di replicare un abbinamento o la posizione di un accessorio.
Sì, la moda è anche e soprattutto questo: è comunicazione, dialogo, discussione, rottura. Rottura di uno schema e di mille schemi. Il vestito non è una gabbia ma uno spazio vasto, aperto, dove ci si muove, si parla, si grida, si piange, si lotta. Lotta non come rivoluzione o come sommovimento politico, si badi bene. Comunque lotta: quella da ingaggiare per sovvertire le forme schematiche di un’eleganza che – se troppo convenzionale – ci rende un agglomerato di corpi anonimi senza passioni, senza emozioni e senza un minimo di… gioco.
“Play your game at Pitti Uomo” è lo slogan dell’edizione di quest’anno che – scusate se l’ho già detto – è la numero 104. Uno, zero, quattro; ecco, magari qualcuno domani inventerà un gioco e lo chiamerà proprio così. Ma non potrà brevettarlo, perché migliaia, milioni di uomini sono già da anni in “partita”. Ergo, lasciateci divertire senza ingabbiarci nel solito foglietto delle “istruzioni”. Perché le regole le facciamo e le cambiamo noi giorno dopo giorno.
Il tema di quest’anno – “Pitty Games” – si respirerà a pieni polmoni nella Fortezza da Basso di Firenze dal 13 al 16 giugno. Giocare, giocare, giocare. Il gioco è sfida, creatività, energia.
E, naturalmente, voglia di vincere. Sono questi, non da oggi, gli ingredienti che Pitti Immagine mette in pista attraverso la moda e il lifestyle e che, con la regia di Leonardo Corallini e il coordinamento del creative director Angelo Figus, si condensano nella campagna adv.
Pitti Games: un tema che si sposa con il clima di ottimismo di cui abbiamo ampiamente bisogno. Ottimismo, divertimento, curiosità, avventura. Lo si evince anche dalle parole di Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine: “Ci siamo spinti ad immaginare la Fortezza da Basso come un grande tavolo da gioco sul quale divertirsi ma sul quale, anche, puntare il tutto per tutto, scommettere su sé stessi e sulla propria strategia; considerare l’avversario e i partner, uscire dalle sicurezze, tentare qualche azzardo passando dall’individualismo al gioco di squadra e viceversa.