“Cesare & Giuseppe Scapolatiello: passione a quattro stelle”
Due numeri: quattro e sei. Quattro sono le stelle dell’Hotel Scapolatiello a Cava de’ Tirreni. Sei è la sesta generazione sulle spalle di Giuseppe, ultimo rampollo che assieme al papà Cesare governa questa “nave” che nave non è pur se naviga, a gonfie vele, dal 1821.
Nel 1821 Manzoni piangeva Napoleone: “Ei fu siccome immobile…”. Versi di un tempo lontanissimo. In quel tempo che fu Gabriele Scapolatiello faceva nascere l’Hotel omonimo. Eravamo (siamo) a Cava de’ Tirreni, luogo magico di quella Campania che parla di colori, di sapori, di mare e mistero. Luoghi dove, se ci vai, prima o poi ci ritorni.
Siamo nel bosco e siamo al mare, a un tiro di schioppo dalla Costiera Amalfitana che tuto il mondo ci invidia.
Poi l’Accoglienza, quella con la A maiuscola, quella di chi sa fare l’albergatore vestendosi anche da amico, da confidente. Succedeva duecento anni fa e succede ancora nel 2021.
Ne abbiamo avuto conferma interrogando Cesare e Giuseppe Scapolatiello, padre e figlio – quinta e sesta generazione – attualmente al timone dell’Hotel.
Cesare: duecento anni di successi e anche di momenti “no”: le guerre, il terremoto dell’80, l’odierna emergenza sanitaria… Come avete mantenuto la “rotta”?
“La rotta si tiene lavorando sodo; badando sempre e comunque all’accoglienza, alla capacità di ascoltare, di guardare il cliente come si guarda un amico. Accoglienza e passione”
Prendiamo il 1980, il famigerato sisma di 41 anni fa. Come ne usciste?
“Fu un momento intenso, che vivemmo – incredibile ma vero – anche con piacevolezza: l’albergo si riempì all’inverosimile, divenimmo una sorta di rifugio e nacquero così profondi legami. Paura, smarrimento ma anche l’ottimismo di chi sapeva che alla fine del tunnel c’è sempre la luce…!”.
Oggi i giovani, e non solo loro, si aggrappano alla crisi, alle emergenze varie per giustificare fallimenti o battute d’arresto. Per voi come andò?
“Andò – è andata– che con la passione, con l’entusiasmo anche un terremoto diventa momento di crescita che fortifica”.
Nell’Hotel ci son passati tutti: presidenti della Repubblica, cantanti, attori, calciatori… perché qui, allo Scapolatiello, la cronaca, il costume, lo spettacolo e la politica non ci hanno solo “dormito”.
Si è mai scontrato con suo padre su questioni di gestione e organizzazione?
“Ovvio che avevamo vedute e prospettive diverse. Ma il confronto, lo scontro (senza mai alzare i toni) aiutano a crescere, a cambiare rotta quando serve”.
Ci accomiatiamo da Cesare e interroghiamo il figlio Giuseppe, 28 anni, che siede alla cabina di comando assieme al papà.
Essere “figlio di”, è o non è una gran fortuna?
“Non è assolutamente una passeggiata. È vero, ho “assorbito” questo lavoro osservando il nonno e papà. Ma devi metterci del tuo, essere propositivo, essere capace anche di andare controcorrente. Poi la gavetta: tantissima”.
Rinunce? Sacrifici?
In questo lavoro non esistono weekend, non esiste l’estate: quando gli altri sono in vacanza, tu lavori. Solo se sei bravo riesci a ritagliarti un po’ di vita privata”.
Oggi c’è la Rete, il “booking”, il marketing agguerrito, i manager pluridiplomati ad Harvard. Benvenuto il progresso?
“Benvenuto se si è ancora capaci di comunicare, di sedersi al tavolino con l’ultimo dei clienti e ascoltare le sue pene d’amore. Altrimenti restano i diplomi: buoni per arredare il salottino di casa e poco più”.
La stessa risposta (diverse le parole, ma stesso “succo”) ce l’ha data qualche minuto prima papà Cesare.
Niente da fare: Gli Scapolatiello non sono albergatori e basta: sono la storia, il calore, il colore dell’accoglienza.
Quattro stelle lunghe due secoli.