Emmanuelle D’Alterio

“NON OMOLOGATEVI SOLO
PER PIACERE AGLI ALTRI”

Emmanuelle, raccontaci un po’ di te e di come ti sei avvicinata
alla lirica.
Ho iniziato a studiare pianoforte quando avevo solo otto anni e poi
a dodici sono entrata al conservatorio di Santa Cecilia a Roma. In
casa, grazie a mia madre che era una grandissima appassionata,
la lirica si respirava quotidianamente. Ecco perché, quando
avevo ventiquattro anni, ho preso a studiarla con un’insegnante
sudafricana, anche se, ammetto, non mi sentivo tanto portata per
questa scelta.
Quindi avrai pensato molte volte di smettere…
Eccome! La passione c’era e c’è sempre stata, ma quando ho
cominciato, anche se tutti mi dicevano che avevo una bellissima
voce, non credevo di avere la sonorità necessaria per cantare ad
alti livelli. Così ho cominciato a recitare e a fare piccole apparizioni
anche in fiction tv. Ed è stato allora che ho pensato di dedicarmi
maggiormente al canto, così da avere la possibilità di fare musical.
Intorno ai trent’anni, quindi, ho ripreso a studiare e l’insegnante di
allora mi indirizzò alla lirica e mi diede la spinta giusta, facendomi
capire che tipo di voce avevo, dandomi fiducia.
Quindi da lì in poi la strada è stata in discesa?
No, affatto. Nel mio campo, una delle difficoltà maggiori è quella
di trovare l’insegnante più adeguato. La voce è uno strumento, è
il corpo, è eterico; la voce non la puoi toccare, quindi la maggior
parte degli insegnanti si arrampicava sugli specchi, quando si
parlava di tecnica.
Però alla fine è arrivato quello giusto, Enrico Stinchelli…
Lui era già molto famoso quando ci siamo conosciuti e non solo
nell’opera lirica, considerando che è anche speaker, fondatore
e ideatore della Barcaccia, l’unico varietà lirico che la Rai fa da
trentasei anni.
L’unione tra voi due ha quindi portato alla nascita di Dinner
Opera Show. Di che cosa si tratta?
È il nostro modo di divulgare l’opera. Molti ancora pensano che
sia noiosa, perché utilizza un italiano aulico, che si esprime
con parole arcaiche, e questo genera molta diffidenza. Tramite
il nostro format, invece, noi vogliamo modernizzare l’opera
attraverso uno spettacolo unico, una commistione di generi che
la renda accattivante.
E i risultati vi stanno dando ragione.
Gran parte del merito va a Stinchelli, che è un grandissimo
mattatore, capace di raccontare in maniera ironica e divertente i
personaggi delle opere liriche, rendendoli fin da subito simpatici.
Così gli spettatori, nel momento in cui comincia lo spettacolo,
non hanno bisogno dei libretti, com’è nell’opera “classica”, ma
conoscono già le tematiche, la trama e i personaggi e possono
seguire facilmente, anche grazie al nostro modernizzarle, le
opere liriche.
Poco fa parlavi di commistione di generi nei vostri spettacoli.
Puoi farci un esempio?
Considera che gli spettatori, appena arrivano, prendono parte a un
aperitivo, cui segue una cena elegante e raffinata. Il tutto con un
accompagnamento musicale e un corpo di ballo che propone, ad
esempio, anche canzoni di Amy Winehouse, magari riarrangiate
in un tango.
Tu prima hai parlato di giovani. Quali difficoltà, se ce ne sono
state, hai incontrato tu nell’approcciarti a questo mondo?
La prima in assoluto è stata quella economica, perché nell’opera
il cantante deve studiare tanto e quindi spendere tanto, perché
le lezioni costano. Io fin da quando avevo diciassette anni mi
sono mantenuta da sola, lavorando per pagarmi gli studi. Ho
anche pensato, e non una volta sola, di mollare, anche perché
guadagnavo molto di più facendo tutt’altro tipo di lavori. Però
avevo, e ho, questo sacro fuoco dentro, quello della musica e della
lirica, che non riuscivo a spegnere. Mi rendevo conto che, se non
cantavo, stavo fisicamente male.
Quindi dedizione e passione sono indispensabili? È questo che
suggerisci ai giovani?
Per me il coraggio è tutto. Se senti qualcosa dentro, non devi
smettere di crederci. Se non ci credi tu, non ci crede nessun altro
al posto tuo. A volte le difficoltà sono state talmente grandi che
pensavo di non riuscire, di non essere destinata a questo mondo.
Ma avevo questa voce interiore che mi diceva di cantare, perché
nel farlo mi sentivo me stessa.
Credo anche che sia importante non inseguire il successo
economico, perché si rischia di perdere la “fiamma sacra”, la
verità che hai dentro. Le cose più importanti e più belle vengono
da quello che noi siamo in grado di creare. Ai giovani posso solo
dire: cercate la vostra essenza e non omologatevi solo per piacere
agli altri; abbiate il coraggio di essere voi stessi e seguire ciò che
siete dentro.

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