“Il possesso uccide l’amore”
“Ho ucciso la mia compagna: mi voleva lasciare”. Così ha detto ai Carabinieri il compagno della professoressa Michela Di Pompeo, assassinata a occhi chiusi: perché il movente, ancora, è la cieca gelosia. Così si son spenti gli occhi Michela.
Proprio la professoressa Michela ci venne “segnalata” da una classe dell’Istituto Germanico di Roma per la nostra rubrica “Capitano mio Capitano”, che dedichiamo a quegli insegnanti che hanno una marcia in più; quella marcia in grado di appassionare gli studenti, andando oltre la materia; perché la scuola, in primis, ci deve preparare alla vita. Per un soffio non abbiamo potuto metterla in pagina, la povera Michela.
“L’ho uccisa perché mi voleva lasciare” Una logica perversa: ti voleva lasciare e tu, così, l’hai persa per sempre.
Fa bene all’amore la gelosia? Di gelosia è piena la letteratura, anche quella con la L maiuscola. “Se non sei geloso non tieni a lei/lui”, si dice. Poi c’è il possesso, che è tutt’altra cosa: tu sei mia/mio, senza me ti perdi. Se non ci fossi io che faresti? Così facendo, così dicendo, abbiamo firmato il nulla osta per essere traditi domani stesso. Così, paradossalmente, chi tradisce non è l’unico “colpevole”: molto peggio l’altro, che non è capace di amare. Lui non ama, possiede. E lei? Lei si può stancare, ovvio. E cercare altrove non solo il sesso, ma quel tepore, quel dialogo che tutti vorremmo in un rapporto di coppia (qui dico “lei”, ma vale anche per lui, ovvio).
Tradiremmo un partner che ci soddisfa, ci sostiene, ci coccola, solo per il gusto di una “bottarella” di dieci minuti che non ci lascia niente “dentro”? Difficile. Certo ogni regola ha la sua eccezione ma quando una coppia “gira” nessuno ha voglia di tradire. Ma per farla girare, la coppia, bisogna mettere in conto anche un po’ di fatica; e di sacrificio.
Ergo, se siamo convinti di avere a fianco la persona “giusta” che ci ama (e che amiamo) smettiamola di ripeterle “Se mi lasci mi ammazzo… Senza di me non sei niente, non hai niente, io ti mantengo… Se mi fai qualcosa finisci in strada tu e i tuoi figli…”. Due le leve perverse di un rapporto così; la prima è il ricatto, la minaccia: se mi gira ti mando a mendicare sotto un ponte. Poi il controllo soffocante: dove vai, a chi telefoni, dove sei stata (stato), che ti ha detto, chi era quello… Non ci si ferma nemmeno davanti alla vita virtuale: hai messo un “like” al post di Tizio, hai accettato l’amicizia di Caio; e quello chi è? E via a pedinare, a stringere il cappio. Mi chiedo: invece di perdere tempo denaro e fatica per organizzare una così efficiente rete di spionaggio, non sarebbe meglio impiegare tali risorse per rendere felice il partner con un complimento, un abbraccio, un sorriso, un po’ di dolcezza?
Leggendo penserete che per me chi tradisce è la “parte lesa”. Chiarisco: c’è tradimento e tradimento. C’è il/la ventenne che sposa il/la settantenne benestante per interesse il quale, prima o poi, cercherà altrove quei piaceri cui ha rinunciato per amore del… portafoglio; poi c’è chi, seppure innamorato pazzo, sentendosi legato (legata), ricattato e sminuito, a malincuore, magari solo per un attimo, cercherà calore tra le braccia di altri. Provate voi a indicare, caso per caso, dov’è la “vittima” e dove il “colpevole”.
Torniamo a Michela e al suo uomo che, se le avesse dedicato più tempo, più sorrisi, più Amore con la A maiuscola forse lei, oggi, sarebbe ancora viva.
Voglio ripetere fino allo sfinimento anche agli studenti dell’Istituto Germanico: tenetevi strette le vostre “michele” e prendete un solenne impegno; come si dice? Fate un fioretto, promettete di ascoltare la vostra “lei”, di darle l’amore che dite di provare; rispettatela, statele vicino senza mai essere soffocanti. Lasciate stare la gelosia, il possesso. Se manterrete la promessa –almeno provateci – Michela non avrà chiuso gli occhi invano.