THE VOICE
“Intervista al doppiatore Christian Iansante”
Incontro Christian alla Fono Roma (storica sede del doppiaggio Italiano) e mi ritrovo faccia a faccia con un Ultracorpo. Stare in sua presenza è come essere colpiti da una valanga di mattoni, di pulsioni, emozioni e note musicali. Iansante sembra vivere in uno stadio estetico di quell’esistenzialismo kirkiegaardiano tipico degli avventurieri. Mentre lui mangia con il suo ritmo frenetico (che evidentemente non lo abbandona mai) io sono sempre più convinto di voler sapere ogni singola cosa di lui, ogni suo pensiero. Decido di andare per ordine.
Cos’è per te il Cinema e cosa il Doppiaggio?
“Non significano niente perché non sono un appassionato di cinema. Mi annoio a dover stare vicino a gente che mangia i popcorn e che risponde al cellulare. Io sono appassionato delle cose che faccio attraverso sensazioni che provo in prima persona, ma che non sono legate al cinema piuttosto che alla recitazione in generale, quando facendo una cosa si sente un brivido lungo la schiena vuol dire che ci si sta appassionando, che non significa avere passione per un qualcosa di esterno ma per un qualcosa di proprio. Sono appassionato anche quando cucino un piatto straordinario e se gli altri lo apprezzano provo la stessa gioia di quando qualcuno si emoziona ascoltandomi in un film. “
Non sei appassionato di Cinema quindi cosa ti ha spinto a fare il doppiatore?
“Il mio percorso comincia con la radio, quando avevo dodici anni e mezzo e pulivo i dischi per radio Gamma (che era una radio libera di Chieti), li capii che non avrei mai più lasciato il microfono, non sapendo ovviamente in che forma lo avrei utilizzato. A 23 anni ho frequentato, un laboratorio teatrale a Pescara, tremendo a dir poco, ma al tempo stesso, quella cosa inutile mi è stata di grande aiuto… Io avevo capito che per fare tutto per bene dovevo semplicemente abolire ciò che si faceva in quel corso. Grazie al doppiaggio, poi, ho trovato la mia strada, la semplicità. Come diceva Eduardo: “ci vuole una vita per imparare a recitare senza recitare”. I miei maestri sono i più grandi attori del mondo, che io doppio.
Ci sono stati film che non ti hanno dato nulla?
“La maggior parte. L’85% dei film che faccio non mi fa vibrare e non me ne frega poi un cazzo di come andranno. Questo non significa non lavorare bene, sempre in maniera puntigliosa ed impeccabile. Tempo fa sono stato criticato da alcuni fan di “The Walking Dead”, che mi hanno insultato ed attaccato, accusandomi di sputare nel piatto in cui mangio, solo perché ho detto che a me la serie non piace. Doppiare una serie o un film non significa condividere il prodotto, ma fare bene il proprio lavoro. Un violinista di Sanremo non ama tutte le canzoni che deve suonare durante la serata. Io posso non provare nulla per una serie ed appassionarmi di uno spot della Fox.”
Sei una persona schietta e sincera, quindi non posso non essere curioso di conoscere il tuo pensiero sulla diatriba : doppiaggio vs lingua originale…
“Io sono d’accordo nel pensare che il doppiaggio sia un grande tradimento, poiché ci si sostituisce al sentimento di un altro, ma è un tradimento utile per vendere biglietti, per non dire necessario. La gente non ci va al cinema a leggere i sottotitoli.Ho un amico che possiede un multiplex ed ha provato a mettere una sala in lingua, la prima sera ha strappato cinque biglietti, la seconda tre e la terza zero. Così stanno le cose.”
di Gianmarco Di Traglia