Intervista a Roberto Li Voti
di Armando de Angelis
In questo sesto numero di “Be Different” intervistiamo il professor Roberto Li Voti, docente di Fisica Sperimentale presso l’Università “La Sapienza” di Roma, il quale ci racconterà come riesce a conquistare l’attenzione dei suoi studenti.
A ognuno di noi succede di imbattersi nel professore o nella professoressa che, comunicando il proprio sapere, riescono a rendere le loro lezioni un’esperienza memorabile. Sono gli insegnanti che tutti sperano di incontrare. Sono coloro che cercano di collegare la scuola alla vita, rendendo lo studio una cosa viva e stimolando gli allievi a coltivare i propri talenti.
Com’è nata in lei la passione per l’insegnamento?
Da bambino ero innamorato della matematica. Tutto mi appariva chiaro e semplice, e sognavo già di fare l’insegnante nella mia scuola, il San Leone Magno, per far trovare a tutti “la via semplice”, svelando i segreti di una materia che in molti odiavano, temevano e non capivano mai fino in fondo. L’amore per la fisica è venuto più tardi, quando, studente di Ingegneria alla Sapienza di Roma, fui rapito dal grande fascino di Newton e della sua legge di gravitazione universale che regola le meccaniche dell’Universo! E, nell’infinitesimamente piccolo, le teorie sulla struttura dell’atomo, le battaglie fra fisici classici e quantistici, i paradossi di Einstein sul tempo che per ognuno scorre diversamente. E, da ultimo, la teoria del Big Bang: un lampo di luce da cui origina l’Universo…
Il “Fiat lux” di cui si legge nella Bibbia.
Precisamente. È stato strano ritrovarlo nell’Antico Testamento… È quindi questa la tregua fra scienza e religione? Almeno per me, è stato così.
Come ha avuto inizio la sua carriera accademica?
Un luminare, il professor Mario Bertolotti, alla fine della discussione della mia tesi mi disse: “Non ha scelta. Deve proseguire la sua ricerca. Rimanga con noi. Stiamo costituendo una nuova linea di ricerca nel campo dei laser, delle tecniche fototermiche e fotoacustiche”. Chiesi cosa fare al mio splendido papà, che mi rispose: “Era il mio sogno. Vivilo tu anche per me”. Trascorsero anni belli e intensi: molta gavetta come precario, poi dottorato, ricercatore e professore associato… Ma non sono state tutte rose e fiori.
A cosa attribuisce la sua popolarità presso gli studenti?
Sono fortunato a insegnare una materia così intrigante ed entusiasmante, è difficile fallire. Non ho avuto figli e così ho pensato di averne 150 ogni anno: tutti i miei studenti! Voglio conoscere i loro nomi, i volti, le difficoltà che incontrano e fare il loro “coach” per portarli a superare l’ostacolo.
Che rapporto ha con l’insegnamento via web?
A Ingegneria gestionale mi hanno chiesto se fossi disponibile per un esperimento: far videoregistrare le lezioni di fisica su YouTube per facilitare l’apprendimento degli studenti. Con una sana incoscienza ho accettato, ho lavorato in un team favoloso e ne è uscito un corso on line molto seguito, con più di 100.000 visualizzazioni. I miei studenti ne traggono un buon profitto, a giudicare dall’aumento delle promozioni di circa il 35% rispetto agli anni passati. Ma sto ricevendo da tante parti d’Italia molte e-mail da “studenti virtuali” che mi raccontano come il corso on line li abbia aiutati a superare l’esame, incitandomi a continuare. Penso che i docenti dovrebbero utilizzare molto di più questi strumenti che rispondono meglio alle esigenze degli studenti.
Qual è la sua opinione sulle caratteristiche che, in media, presenta oggi uno studente?
Il discente del 2000 è uno studente che presta poca attenzione ed è frastornato da troppi stimoli. Legge poco i libri di testo “vecchio stile”, si annoia facilmente, preferisce seguire corsi on line e webinar (quei seminari a cui si partecipa tramite una connessione informatica) di sua scelta.È cambiato il tipo di apprendimento, che si è fatto più visivo e cinestesico che non uditivo.
Ci elenca quelli che, a suo avviso, sono alcuni dei problemi dell’università italiana?
Innanzi tutto siamo ancora sedotti dal modello del “prof in cattedra”, che fa parte di un sistema di insegnamento obsoleto non in grado di entusiasmare lo studente. Poi i corsi critici del primo anno, quando si registra il maggior numero di abbandoni, spesso non sono tenuti da titolari esperti, i quali insegnano invece nei corsi specialistici per il reclutamento dei laureandi. Ancora: la nuova classe docente – con la legge Gelmini – viene abilitata sulla base delle pubblicazioni e della ricerca, senza che risultino necessari l’esperienza didattica o un tirocinio che dimostri l’attitudine all’insegnamento.
Che ne pensa delle cosiddette commissioni didattiche?
Non mi pare incidano granché, non danno direttive e si limitano a osservare. Segnalo infine un ultimo punto dolente: i nuclei di valutazione di ateneo, pur conoscendo i dati sui docenti più meritevoli e su quelli che lo sono di meno, si dice non agiscano a causa delle troppo restrittive leggi sulla privacy.
Cosa le piace fare nel tempo libero?
Mi manca molto l’otium latino inteso come ricerca intellettuale, ma ho un rapporto favoloso con l’acqua: quando nuoto penso molto e affiorano nella mente tanti progetti. Amo fare gli spettacoli di magia per i bambini, per far sperimentare loro che esiste anche l’impossibile. Un’altra mia passione è suonare la chitarra in compagnia. Insomma, amo molto i momenti conviviali: l’happy hour con i miei amici fisici quando si brinda a una scoperta nuova o presunta tale, o più sobriamente un cappuccino con i miei cari. Amo viaggiare per il mondo ma so farlo anche con la mente.