È capitato a ciascuno di noi e capiterà ancora. Capita di incontrare un professore, o una professoressa, in grado non solo di trasmetterci le nozioni della disciplina che insegna ma capace, soprattutto, di stimolare la nostra curiosità, la nostra voglia di crescere e di ottenere i voti migliori nella materia che tutti abbiamo nel piano di studi: la vita. Oggi tocca a Paola Abanese.
Di Alessandra Giancola
Paola Albanese: “Continuo a sorridere alla vita, nonostante tutto.”
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La professoressa Albanese è nata a Roma il 18 maggio del 1959. Dopo la maturità classica si è laureata in Lingue presso La Sapienza. Ha iniziato a lavorare in ambito sportivo, poi in RAI, per poi dedicarsi esclusivamente all’insegnamento dell’inglese. Figlia di un preside, ha da sempre amato e rispettato l’istituzione scuola. Il suo tratto distintivo? Entrare in classe ogni giorno motivata, essere pronta al cambiamento e a mettersi in gioco, non perdere mai il sorriso. Entusiasmo, professionalità ed ottimismo abbattono i muri tra docente e studenti.
Professoressa, ci racconti il suo percorso da docente e gli obiettivi più importanti conquistati nel tempo.
La Scuola è il mio habitat naturale. Amo profondamente il lavoro che ho scelto e cerco di trasmettere la mia passione agli alunni. Da 27 anni insegno presso l’Istituto Comprensivo di Riano, che ormai considero la mia seconda casa. Quando arrivai a Riano, ancora non c’era una vera consapevolezza dell’importanza dello studio delle lingue straniere e, soprattutto, mancavano gli strumenti e i luoghi adibiti ad un proficuo apprendimento. Iniziai ad impegnarmi affinché venisse inaugurato, il prima possibile, un laboratorio multimediale che rendesse i ragazzi protagonisti attivi nella didattica. Grazie anche al coinvolgimento di colleghi, dirigenti ed enti locali, oggi vantiamo l’utilizzo di una splendida struttura, provvista di 14 postazioni doppie con pc e schermo. Un altro progetto a cui tenevo molto e che ho portato a termine, era il conseguimento della certificazione internazionale Trinity. A partire dalle terze elementari del nostro Istituto fino ad arrivare alle terze medie, è possibile per uno studente ottenere questo importante riconoscimento. Ben 100/120 ragazzi ogni anno, scelgono di confrontarsi con gli esami Trinity.
Quali metodologie adotta per insegnare e far amare l’inglese ai suoi allievi? Riscontra delle resistenze?
Il dialogo e l’empatia sono i primi requisiti che metto in campo per conquistare i ragazzi. Loro “entrano” nel mio privato, e conoscono gli aspetti positivi ma anche le difficoltà che la vita non mi ha risparmiato. Poi subentra la didattica, in cui utilizzo un mix tra insegnamento tradizionale e multimediale. È importante che gli alunni sappiano districarsi con le nuove tecnologie, che ascoltino la pronuncia corretta dai madrelingua (anche da filmati o audio) e che parlino sempre in inglese, sforzandosi di comprendere il più possibile i discorsi. Da 4 anni abbiamo pure attivato una classe virtuale aperta, per il confronto e lo scambio dei vari lavori. Allo stesso tempo, non bisogna tralasciare la didattica classica: libro e quaderno restano un punto di riferimento fondamentale per acquisire bene il metodo di studio, le regole e la grammatica. Nella maggior parte dei casi, le classi si appassionano alla lingua e comprendono appieno quanto sia importante, per progredire culturalmente e per un impiego futuro. I pochi casi singoli difficili incontrati, sono stati per me uno stimolo ad impegnarmi di più, magari cambiando il mio approccio o il mio metodo, per conquistare anche lo studente più restio.
Vuole condividere con noi un ricordo particolarmente felice o una grande soddisfazione?
Certamente. Ogni volta che un alunno conquista una certificazione Trinity con un ottimo voto, mi riempie d’orgoglio perché significa che le tante ore di lavoro in più dedicate da me e da un docente madrelingua all’approfondimento dell’Inglese, hanno dato buoni frutti. Sotto il profilo umano, il buon confronto con le famiglie e con gli studenti mi gratifica molto. Mi capita spesso di insegnare ai figli dei miei primi allievi, che sono sempre emozionati nel rivedermi. Questo per me, è il più grande privilegio per un insegnante: lasciare ricordi positivi e sentimenti di stima duraturi nel tempo. Come dice un noto proverbio, un buon insegnante illumina la strada per gli altri.