Intervista al Prof. Luca Bottoni
di Maria Cristina Del Cuore
SOMMARIO PAG DX
Nato a Colleferro nel 1989, diplomato all’Istituto Alberghiero di Fiuggi. Dopo il diploma si è iscritto alla facoltà di Chimica a La Sapienza di Roma, ma a 6 esami dalla laurea ha lasciato tutto per la sua passione più grande: la cucina. Oggi insegna cucina in un istituto alberghiero della Capitale.
Professore, è stato lei a scegliere di insegnare o è stato l’insegnamento che ha scelto lei?
Mi sono diplomato all’Istituto Alberghiero di Fiuggi e successivamente mi sono iscritto all’università, facoltà di chimica; a 6 esami dalla fine mi sono fermato per amore della cucina. Già da tempo lavoravo nella ristorazione, ho iniziato a 14 anni. Ho avuto esperienze come cuoco in ristoranti stellati e in Hotel. Quasi per gioco ho iniziato a insegnare: avevo 24 anni, sono nato a Colleferro, mi è capitata l’occasione di insegnare all’istituto Alberghiero Paritario di Colleferro. Dopo quella esperienza, ho voluto provare con le scuole statali; il primo incarico l’ho avuto a Roma, zona Tiburtina, un part-time, solo 8 ore. E così non ho più mollato, ho insegnato anche a Velletri e attualmente lavoro in un istituto alberghiero statale nel cuore della capitale.
Qual è il motivo per cui ha scelto l’insegnamento?
Il fatto di poter trasmettere le proprie passioni è per me molto stimolante. Trasmettere la cucina significa trasmettere la tradizione, la nostra storia. Devo l’amore per l’arte culinaria alla mia famiglia: ognuno di noi, infatti, ha nel proprio background una nonna o una mamma che ci ha insegnato qualche ricetta “familiare”, che si è tramandata nel tempo e che è arrivata fino a noi. Inoltre, profumi e sapori hanno una capacità straordinaria e potente, quella di evocare ricordi; la famosa “Madeleine di Proust”.
Assaggi e sei da un’altra parte, lontano nel tempo… Mi trova pienamente d’accordo. Torniamo a noi, com’è la sua relazione con gli studenti?
Abbastanza atipica, direi. A mio parere gli schemi utilizzati fino a qualche anno fa non funzionano più. Preferisco essere per loro più una guida, anziché un’autorità, instaurando un rapporto di fiducia reciproca. La mia materia è basata sulla collaborazione, soprattutto nelle attività di laboratorio; tutti devono imparare a cooperare. Certo, in cucina una gerarchia esiste, non a caso si parla di “brigata”, ma ognuno dà il suo contributo. Questo accade anche quando i ragazzi partecipano ad eventi esterni alla scuola.
Mi spieghi meglio cosa intende per eventi esterni.
Ad esempio, siamo da poco rientrati da “Vinitaly”, fiera del vino che si svolge ogni anno a Verona, ma che per due anni si è fermata per la pandemia. Quest’anno dal 10 al 13 aprile Verona è tornata ad essere la protagonista del vino. Alcuni colleghi ed io siamo partiti con i ragazzi più talentuosi del nostro istituto. Eravamo nel padiglione della Regione Lazio, in collaborazione con ARSIAL (l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, ndr.) ed Excellence Italia (è una Food Connection Company che attraverso la propria piattaforma multicanale promuove il patrimonio enogastronomico italiano delle eccellenze, ndr.). Parliamo di alta formazione, abbiamo affiancato gli Chef nella preparazione dei cooking Show, dove si preparavano assaggi da affiancare a numerosi vini diversi. Per i ragazzi è stato un bel riscontro, abbiamo lavorato tanto e non c’era più il rapporto professore – studente, eravamo una squadra, una “brigata”, appunto.
E se dopo qualche anno tornasse uno studente a trovarla e le dicesse che ha preso una stella Michelin?
Torniamo all’amore di trasmettere qualcosa agli altri, se ci metti passione qualcosa ritorna.