“Il libro di testo è solo un comodo accessorio…”
Franco Ciufo, classe 1950, insegna Diritto Internazionale alla Link Campus University di Roma. Avvocato “ubiquo” (ha uno studio anche negli Usa), giornalista e grande viaggiatore, si è occupato spesso di emergenze umanitarie lavorando “sul campo” durante il conflitto nella ex Jugoslavia e non solo. Parlando con lui il nostro pianetadiventa più piccolo; e più interessante.
Una marea di leggi, una massa infinita di accordi bilaterali, trilaterali, articoli “così modificati con la Legge n…. del…”. Chi non studia – perché ha già finito o perché ha scelto altre strade – non sarebbe contento all’idea di partecipare ad una lezione di Diritto Internazionale: “Chi me lo fa fare? Mi verrà una testa come un pallone e ne saprò meno di prima…”.
Ma non è così: il Diritto Internazionale è una finestra aperta sulla nostra storia, sul nostro “adesso”. Se poi questa storia ce la racconta il professor Ciufo diventa più avvincente di un buon libro o di un buon film.
“Oggi – esordisce il professore – questa materia non va più vista a livello “regionale”, ma globale. Prendiamo l’Onu: è lontano da qui, non ha un esercito, ma è capace di imporci un modus vivendi, indirizzarci a delle scelte dalle quali non possiamo prescindere. I diritti umani, l’ambiente, le emergenze umanitarie, le migrazioni sono fatti che ci riguardano da vicino, vicinissimo. Studiarli, discuterne è molto di più di una mera materia d’esame”.
Il professor Ciufo non esagera, parla a ragion veduta; perché ha lavorato con la Croce Rossa (è stato presidente emerito del Comitato Provinciale CRI di Latina), è stato nella ex Jugoslavia durante il famigerato e sanguinoso conflitto dei primi Anni 90 per portare viveri o per portar via di lì i bambini.
Professore, però la sua materia non è una passeggiata. Come conquista l’attenzione dei ragazzi?
“Mettiamola così: i libri, il libro di testo c’è, rimane e non si può eliminare. Ma si tratta di un comodo accessorio, punto e basta. Le mie lezioni le faccio anche in trasferta, porto i ragazzi nei luoghi dove, domani, andranno a lavorare. Un giorno alla Farnesina, un altro al giorno al Quirinale, magari quando un nuovo ambasciatore presenta le credenziali al Capo dello Stato…
Talvolta si resta in aula ma, con me, non esiste più la “sospensione” dell’ora: i ragazzi mi mettono in croce con mille domande, partecipano, intervengono…”.
Già, i ragazzi. Chi ha vent’anni oggi, per lei, è più o meno preparato di noi? Come s’informa? Come si prepara al futuro?
“Ogni generazione giudica la successiva in maniera impietosa: “Ai tempi nostri studiavamo di più, leggevamo di più, oggi son tutti ignoranti, non sanno scrivere” eccetera eccetera. Da che mondo è mondo è sempre stato così; ma così non è: i ragazzi si informano eccome, si guardano intorno, partecipano, si fanno coinvolgere. Eccolo il verbo, la parola magica: “coinvolgere”. Se sai stimolarli nel modo giusto i ragazzi “rispondono”, ti seguono. E non ti lasciano più”.
Il professor Ciufo, in effetti, continua a sentirsi con i suoi ex allievi: chi è divenuto diplomatico, chi ha attraversato l’Atlantico per altri motivi professionali, quando passa da queste parti ci scappa sempre una visita, una telefonata…
“Quest’anno ho seguito settanta tesi; non è poco. I miei studenti li ho portati anche a Ventotene, lì dove Altiero Spinelli e altri con lui gettarono le prime basi dell’Europa che oggi (in parte) abbiam costruito”.
Ultima domanda: cosa non ha fatto la politica, negli ultimi decenni, per l’istruzione, l’Università?
“Son state fatte tante, troppe riforme: ogni volta buttare tutto giù e ricominciare daccapo, cancellando spesso anche il “buono” che c’era prima. Un palazzo si ristruttura senza abbatterlo, senza buttare gli arredi di pregio”.