Le eclettiche opere di Monica Casali vivono del suo spirito incredibilmente creativo. Animalista ed ambientalista, attenta osservatrice ed instancabile artista, Monica ha una personalità poliedrica, proprio come le sue opere. Si passa infatti dall’ormai iconica serie delle macchine ai ritratti delle star del cinema, ai personaggi dei fumetti che hanno fatto la storia. La fantasia e la passione non mancano mai.
Monica, iniziamo da te e dalla tua creatività: raccontaci.
Sono nata e cresciuta in una famiglia creativa. Avevamo sempre pennelli e carta da disegno ovunque.
Mi ricordo di un giorno in cui fuori pioveva tantissimo, eravamo piccoli e mia mamma posizionò me e mio fratello con tanto di grembiule, cavalletti, tele e colori ad olio a dipingere come veri pittori. Ci chiedemmo: “Che soggetto scegliamo?” E subito ci rispondemmo: “Perché non il mare?”
Ho sempre respirato arte e creatività ma soprattutto libertà di fare ciò che volevamo, caratteristica tipicamente nordica, essendo mia madre danese. A casa infatti vigeva la sola regola di dover poi mettere tutto a posto. A scuola ho sempre disegnato benissimo, tanto che al liceo… gli amici mi chiedevano di disegnare le locandine per le serate del Piper.
Quando hai avuto la vera conversione che ti ha portata a diventare un’artista?
Come dicevo, ho sempre disegnato; ma disegnare non vuol dire fare del disegno un lavoro. Il gioco lavoro-arte è iniziato quando trovai in casa un libro su come dipingere gli animali sui sassi e ne rimasi subito colpita. Univa le mie due più grandi passioni: il disegno e gli animali. Avevo 19 anni e lavoravo per Alitalia. Viaggiando tantissimo, ogni volta che andavo al mare raccoglievo dei sassi e una volta dipinti, per diletto, li iniziai a vendere ai mercatini. Ma era solo passione, gioco. Dopo i sassi son passata ai quadri, avendo preso coscienza che potevo osare anche con le superfici più grandi. La mia prima tela era lo zoom degli occhi gialli di un gatto tigrato (dimensioni: 60×120 cm).
Una sera, sull’Isola Tiberina, tornando da un compleanno, fui attratta dal gruppetto di pittori che erano lì a ad esporre le loro opere e chiesi loro come potevo, anch’io, fare lo steso. Risposta:” Vieni e porta i tuoi quadri!”. Detto fatto: la sera successiva ero già tra loro…!
Il caso volle che un ragazzo australiano di passaggio rimase colpito dalla tela con gli occhi del gatto e la volle comprare per regalarla a sua nonna.
Così iniziò la mia voglia di sperimentare: mi guardavo in giro e ogni volta desideravo ritrarre tutto quel che vedevo. Cercare di riprodurre tutto quello che mi piaceva divenne una vera e propria sfida con me stessa: soggetti etnici, tele astratte, smalti lanciati stile Pollock e tanto altro. Così sono arrivata alla serie delle Vespe e delle auto d’epoca, sviluppando una tecnica che con il tempo mi ha portato ad aggiungere pezzi originali di auto e a renderli funzionanti.
Per realizzare un’opera, con tanto di circuito elettrico, quanto tempo impieghi?
Ogni quadro, parlando della serie delle auto d’epoca, ha u altro passaggio fondamentale: la rifinitura con la resina, tecnica molto usata sia nell’arte che nel modellismo, capace di donare al soggetto una ulteriore tridimensionalità .Tutto però parte da una lunga ricerca sul modello da riprodurre; da lì passo al disegno, primissimo insegnamento di una zia danese che da piccola mi fece vedere come per riprodurre qualsiasi cosa bastasse la quadrettatura, ottima linea guida per riportare le proporzioni. Dal disegno passo alla pittura con tecnica Trompe l’Oeil, e la ricerca dei pezzi vintage di vere auto d’epoca e, infine, alla realizzazione del circuito elettrico. Per tutto questo ci vogliono da un minimo di due settimane ad un mese.
Come gestisci le commissioni che ricevi?
Quando arriva una commissione inizio subito a lavorarci, anche se non amo metter mano a un solo quadro per volta: con i materiali che uso spesso non posso toccare l’opera per diverso tempo; inoltre dedicarmi ad una sola opera mi rende meno creativa. Lasciando un quadro per un altro e poi tornandoci mi consente di notare errori che altrimenti mi sfuggirebbero. Così mentre porto avanti una commissione che mi obbliga a seguire una determinata linea guida, realizzo altre opere che seguono la mia ispirazione.
E la scelta del soggetto delle auto? Nasce da una passione che hai sempre avuto?
Sono cresciuta con mio padre che è molto appassionato di auto. Però per me ha sempre avuto un valore molto simbolico. Rappresenta una seconda casa, è un simbolo di libertà. Per me la macchina vuol dire non avere limiti. Se ti puoi spostare puoi fare qualunque cosa. L’Italia è uno dei paesi più belli del mondo, la macchina mi ha dato spesso l’occasione di raggiungere luoghi magici altrimenti irraggiungibili.
La tua soddisfazione più grande fino ad ora?
Non lo so, ci sono tante piccole soddisfazioni quotidiane. Non posso dire quale sia la più grande. Una degna di nota è stata certamente la possibilità di esporre i miei quadri a Tokyo o a Miami, saperli in giro per il mondo tra Francia, Nizza, Milano, New York …Tuttora sono incredula e, per questo, devo ringraziare le due gallerie che per prime hanno creduto in me: la Galleria Ca’ D’oro e la Canova. Altra conquista tra le più rilevanti è sentirsi chiamare “artista”; o, meglio, essere riconosciuta nel mondo per uno stile che è solo mio, perché io l’ho inventato. Il vero artista, per me, è colui che dal nulla crea qualcosa. Io seguo schemi, studio e reinterpreto immagini, sperimento tecniche e unisco il tutto.
Quali i tuoi prossimi obiettivi?
Seguitare ad avere un folto pubblico che segua ed ami la mia arte. Trovare sempre qualcosa che stimoli la mia creatività e che piaccia a tal punto da emozionare sempre, da comunicare empiricamente con il pubblico stimolando i ricordi e le emozioni. Per questo sono legatissima ad un’estetica vintage, dal gusto un po’ retrò, che vuole tuffarsi nei ricordi e nelle emozioni private. Così sono arrivata a cercare i pezzi veri e vissuti delle auto d’epoca, sono quel valore aggiunto che non ha prezzo.
Un consiglio che vuoi lasciare ai nostri lettori?
Seguire i propri sogni, per lo meno provarci sempre: non è detto che si realizzino ma bisogna provarci. Come la storia della torta: anche se cade è comunque buona: anche se le cose non vengono come pensi può essere uno stimolo a fare di più. Bisogna sempre darsi da fare e dopo ogni caduta avere la forza di rialzarsi.