IMPOSSIBLE IS NOTHING: “Briga”

IMPOSSIBLE IS NOTHING

Intervista esclusiva a

• BRIGA •

Briga Mattia Bellegrandi
Briga ( Mattia Bellegrandi )

 

di Giuseppe Pollicelli

E’ sicuro di sé e del suo talento, che coltiva con il sacrificio e la dedizione di un artigiano. Attualmente impegnato in un tour, Briga pensa già al suo nuovo disco: pronto a stupire ancora!

La tua passione per la musica è nata spontaneamente?

 Innanzi tutto devo dire che, prima ancora di fare musica, mi è sempre piaciuto scrivere. Poi, per rispondere alla domanda, è indubbio che sia l’amore per la scrittura sia quello per la musica siano stati stimolati dal contesto familiare in cui sono cresciuto. Se a dieci anni ho iniziato a studiare chitarra lo si deve in gran parte al fatto che mia madre suonava a sua volta questo strumento. A ad ogni modo, entrambi i miei genitori sono persone colte: mio padre è un avvocato e mia madre un’insegnante di liceo, ed entrambi componevano poesie, alcune delle quali sono state anche pubblicate. Loro mi hanno sempre sollecitato a scrivere e così, già da quando ero piccolo, la scrittura è diventata il mio principale sfogo, un’esperienza di raccoglimento per mezzo della quale stare con me stesso esplorandomi.

Hai anche studi classici alle spalle.

Avendo effettivamente frequentato il liceo classico, non è scorretto affermare che la mia formazione sia classica. Tuttavia la mia parabola scolastica è molto singolare, perché, tra le altre cose, ho fatto in Danimarca l’equivalente del nostro quarto anno di scuola superiore e ho dato l’esame di maturità a Madrid.

Come mai sei andato all’estero così presto?

Sono una persona curiosa che non ama la staticità. Sono partito perché avevo una gran voglia di misurarmi con esperienze che di solito pochi altri fanno.

Questo bagaglio di esperienze ti è poi servito nello scrivere i testi delle tue canzoni?

Sì, senz’altro. I miei testi sono fortemente autobiografici, si può dire che in ogni mia canzone ci sia qualcosa che appartiene al mio vissuto. È rifacendomi a situazioni che ho personalmente sperimentato che cerco di rendere concreti e tangibili sentimenti ed emozioni.

Per quanto riguarda la musica hai iniziato subito con il rap?

No, come ho già detto ho cominciato studiando la chitarra, il rap è venuto dopo.

Quando hai iniziato ad affiancare la musica alle parole?

Premetto che io ho sempre scritto inseguendo una melodia, finché a un certo momento, già da ragazzino, non ho cominciato a cercare la melodia “a cappella”, come si dice in gergo, ossia senza appoggiarmi a nessuna base musicale. La decisione di cimentarmi con il rap, dove la fusione tra parole e musica è tutto, è scattata nel 2002 grazie al film “8 Mile”, che ha per protagonista Eminem. Guardandolo ho capito che non mi sarebbe più bastato essere un ammiratore di Eminem: volevo fare lo stesso genere di cose che faceva lui.

Che rapporto hai con l’industria musicale?

Sappiamo tutti quanto l’industria musicale sia cambiata negli ultimi anni, in seguito alle innovazioni tecnologiche. Credo che oggi l’industria musicale sia paragonabile a un fast food, nel senso che non si può preparare un disco con eccessiva calma perché per soddisfare il mercato occorre tirare fuori due prodotti all’anno. Però a me tutto questo tocca relativamente, perché faccio come mi pare. Ho un’etichetta indipendente, la Honero, che è la stessa di quando suonavo in piccoli locali dove venivano ad ascoltarmi duecento persone. Adesso siamo passati in serie A ma la mentalità della mia squadra è rimasta la stessa. Quanto a me, ho preso parte a un importante programma televisivo e, una volta uscito da lì, ho deciso di rimanere comunque indipendente. Poteva essere una scelta rischiosa, ma ciò che fa la differenza è chi sei e quanta fame hai. Io credo di essere una dimostrazione vivente della validità del detto “se vuoi, puoi”.

Il programma di cui parli è “Amici”, dove ti sei piazzato al secondo posto nella classifica finale della fase serale vincendo inoltre il Premio RTL 102.5 per il singolo “L’amore è qua”.

Ho sostenuto il provino e mi hanno preso subito. Rispetto agli altri concorrenti mi ha avvantaggiato il fatto di possedere una personalità impostata come artista e di avere già alle spalle esperienze significative: non molto prima di partecipare ad “Amici”, per esempio, mi ero esibito al Forum di Assago davanti a dodicimila persone. E tutte cantavano con me “Sei di mattina”. Capisco che per molti ragazzi che non hanno vissuto situazioni analoghe risulti più facile e comodo lasciarsi guidare dalle logiche televisive, ma per me non è così.

Cosa ti ha spinto a prendere parte ad “Amici”?

Arrivato a 25 anni ho cominciato a scalpitare. Vedevo passarmi avanti tante persone con minor talento rispetto a me e così ho deciso di utilizzare quella tramissione come uno strumento attraverso il quale valorizzarmi, in paricolare sotto il profilo della visibilità. Sono ambizioso, non mi andava di girare per l’Italia vendendo ottomila copie di un disco che ha le potenzialità per venderne centomila. Dopodiché, dato che ad “Amici” ero l’unico cantautore, mi sono preso i miei bei rischi, perché non è facile proporre, come io ho fatto, rielaborazioni di brani di straordinario successo.

Ti piacerebbe andare a Sanremo?

Senza dubbio, è uno sfizio che vorrei togliermi. Parteciperei con una canzone d’amore delle mie, che sono “sanremesi” già in partenza. A prescindere dal contesto, conta ciò che tu ci porti dentro: un bravo artista deve trascinare sulla propria strada musicale i fruitori di quel che realizza.

Hai cantato con tanti artisti importanti, da Tiziano Ferro a Gigi D’Alessio: tra queste esperienze ce n’è una a cui sei particolarmente legato?

Sì, i duetti con Antonello Venditti all’Olimpico, lo stadio della mia città. Un’atmosfera irripetibile. Venditti è come De Gregori e Battisti, una colonna della musica italiana, un poeta sempre attuale.

A cosa stai lavorando in questo momento?

Per adesso sono ancora impegnato nel mio tour, la cui prepatazione mi ha portato via sei mesi. Ho comunque diverse idee già strutturate e qualche provino pronto: non appena avrò davanti a me un periodo di tranquillità sufficientemente lungo mi metterò a lavorare sul nuovo disco. Io peraltro mi considero non soltanto un artista ma anche un artigiano, uno che ogni giorno si reca a bottega per mettere il mestiere al servizio del talento.

All’anagrafe sei Mattia Bellegrandi, nato a Roma il 10 gennaio 1989: il nome d’arte Briga come nasce?

A essere sincero l’ho raccontato già un sacco di volte, comunque viene dal fatto che da ragazzino ero molto vivace e quindi mi definivano un attaccabrighe.

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