Daniele Taddei: c’era una volta il cinema
Amministratore unico degli Studios di via Tiburtina, ex studi cinematografici De Paolis, Daniele Taddei si racconta attraverso una serie di aneddoti, come solo chi vive i set cinematografici e “i dietro le quinte” può fare.
A cura di Maria Cristina Del Cuore
Intervistare Daniele Taddei è, per chi ama il cinema come me, un grande privilegio; perché Daniele – che mi ha subito dato il permesso di dargli del “tu” –il cinema lo vive dall’interno. Non c’è nulla di più affascinante che ascoltare episodi che trasudano storia e “polvere di stelle”. A partire dalle storiche locandine del cinema, Taddei ne ha tolta molta, di polvere.
Giovane imprenditore, nel 1996 hai rilevato gli studi cinematografici De Paolis, dopo imponenti lavori di ristrutturazione, dando loro una nuova vita.
In realtà siamo partiti davvero dal nulla.
Dal punto di vista economico, la storia della De Paolis si è identificata totalmente con il cinema italiano. Dopo il periodo dello splendore, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60, per gli stabilimenti è iniziato un lento declino, fino alla chiusura definitiva, come stabilimento cinematografico, nell’ottobre 1991.
Una parte della De Paolis è stata ceduta a una società e trasformata in un centro commerciale. Il grosso degli stabilimenti, con i teatri di posa, è stato venduto ad una seconda società, che in poco tempo è fallita. Le proprietà sono finite sotto sequestro penale.
Grazie a un giudice che ha creduto in me, ho avuto l’assegnazione dal tribunale con un regolare contratto di locazione.
Il mio desiderio era quello di ridare vita agli stabilimenti, sia come studi cinematografici, che come spazi da destinare ad attività culturali.
Io venivo da un mondo completamente diverso: i miei genitori erano commercianti, ma ho avuto un nonno artista: pittore e poeta. Forse i geni familiari si sono fusi (ride, n.d.r.)
In ogni caso, mi sono trovato con questo spazio vuoto, completamente da ristrutturare. All’inizio abbiamo fatto tutto da soli, trasportando a mano i pezzi delle scenografie.
La prima area ad essere ristrutturata è stata quella del parcheggio, il cui ricavato “memorabile” è stato di ben 49 mila lire, all’epoca (ride ancora, n.d.r.).
Il desiderio di restituire una nuova linfa vitale agli studi cinematografici, però, ha anche un legame con il tuo passato giovanile.
Assolutamente sì. Avevo ereditato da mia nonna una piccola casa in via Tiburtina e, al tempo, ai miei occhi il quartiere appariva abbastanza triste, finché non ho scoperto, bighellonando con gli amici, che all’interno degli Studi De Paolis avevano ricostruito un intero set Western, dove stavano girando un film con Bud Spencer e Terence Hill. Non avevamo mai visto nulla del genere e in pochissimo tempo era diventato il nostro appuntamento fisso. Credo che tutto sia partito da lì.
Torniamo agli Studios. Parcheggio a parte, da dove avete iniziato?
Era l’inizio della trasformazione della Ditta Daniele Taddei; ho incontrato Raffaele Curi, storico Art Director della Maison Fendi, che si era innamorato del più grande dei teatri, il Teatro 7, che però versava in condizioni precarie. Ci ha chiesto di organizzare una sfilata per la Maison. Entusiasta ed incredulo, con i miei ragazzi ci siamo subito messi all’opera per ripristinare al meglio l’area. Con orgoglio siamo riusciti ad organizzare una sfilata per 2000 guests con grande soddisfazione della Maison e del Suo Art Director.
Di lì a breve i nostri teatri sono diventati set per pubblicità, come quella realizzata da Luc Besson per il profumo Chanel numero 5, e per grandi produzioni italiane.
Nel contempo si era appena aperta una nuova era, quella delle fiction televisive. Abbiamo alternato nel corso degli anni, film nazionali e internazionali a fiction e serie Tv.
Al pari della nostra competitor Cinecittà in poco tempo siamo diventati, perdona il gioco di parole, la città del cinema.
Potrei raccontare centinaia di episodi accaduti sul set e dietro le quinte. Abbiamo avuto anche ospiti insoliti, come i topi “cinematografari” di Dario Argento. I suoi attrezzisti si dilettavano ad allevare strani incroci di topi che gli servivano sul set. Molto spesso, al bar, si potevano incontrare le sue “mosche”.
Ogni angolo ha una sua storia: il teatro 1 per esempio, si dice porti fortuna, è stato il set di “Totò, Peppino e la Malafemmina” e de “I Cento Passi”.
Nel mio ufficio, ora sono di fronte alla locandina de “I tartari”, con Orson Welles che interpreta Burundai, il re dei tartari. Da qui sono passate personalità del calibro di Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Paolo Stoppa, l’appena compianta Gina Lollobrigida, Alain Delon, Stefania Sandrelli, Roberto Benigni, Matteo Garrone.
Dopo la fatica iniziale, quindi, la strada è stata tutta in discesa.
Non direi. Abbiamo avuto un momento di grande crescita e poi, tra il 2008 e il 2013, una battuta d’arresto. La collaborazione con la RAI è terminata.
Ci siamo rimboccati le maniche, come abbiamo sempre fatto. Abbiamo dato spazio a eventi importanti.
Oggi ospitiamo molte trasmissioni televisive de La7, come “Di martedì” con Giovanni Floris, “Propaganda Live” con Diego Bianchi, “Non è l’Arena” con Massimo Giletti.
Durante la pandemia, pur non avendo ricevuto alcun finanziamento o bonus statale, siamo riusciti a ristrutturare il teatro 10. È stato proprio Roberto Benigni ad inaugurarlo, lo scorso settembre. Molte piattaforme televisive ci hanno scelto come set per le loro serie Tv: Amazon Prime, con una nuova serie Distopica ambientata in Europa, ma girata prevalentemente in Italia e nei nostri Teatri di posa.
Sky con la nuova serie “Call my agent” e Disney Channel con una nuova serie ambientata a Napoli, i cui protagonisti vivono nei sotterranei di questa città. Per questo importante progetto, prodotto dalla Lotus, realizzeremo installazioni scenografiche dagli effetti speciali molto particolari.
Una delle ultime fatiche è una produzione internazionale con attori del calibro di Gael Garcia Bernal, Renate Reisve e Berenice Bejo, ma di cui non posso svelare ancora molto.
Qui da noi a Studios anche la Danza ha il suo spazio. Sono molto contento per un evento che si è svolto prima della fine dell’anno, il 26 novembre del 2022, con duecento performers che si sono esibiti di fronte ad un pubblico di più duemila persone, proprio come è accaduto con l’evento lancio delle Sorelle Fendi il 26 novembre 1996. A distanza di 26 anni, stessa emozione.
Daniele, durante l’intervista hai utilizzato spesso il plurale. Quanto è importante nel tuo lavoro il “gioco di squadra”?
Fondamentale direi. Ho un assistente da 23 anni, che è il mio braccio destro.