Nuova adolescenza e vecchi modelli sessuali: il ruolo dei genitori
In adolescenza la ricerca di un più articolato senso di identità apre nuovi interrogativi sul proprio modo di essere sessuati. Il prevalere di vecchi modelli e rappresentazioni stereotipate tende tuttavia a limitare l’esplorazione del proprio personale universo sessuo-affettivo.
a cura del Dott. Daniele Bonanno – Psicologo Sessuologo AISPS Roma
L’adolescente deve misurarsi con parametri “attesi” dovendo dimostrare a sé stesso e al mondo di essere abile e desiderabile. Averne conferma può essere gratificante ma anche oneroso limitando spontaneità e spensieratezza.
Nel caso in cui poi l’incontro con il sesso si rivelasse non conforme alle aspettative può risultarne fortemente condizionata l’autostima. Accade spesso che una “prima volta” non andata a buon fine basti a connotare di ansie prestazionali la successiva vita sessuale. Pensiamo poi a quanti ragazzi e ragazze per accettare la propria omosessualità debbano passare per il “fallimento” di un primo improbabile tentativo di aderire a scelte eterosessuali.
Un analogo percorso può riguardare l’asessualità, la demisessualità e ogni declinazione dell’orientamento sessuale.
Giungere a sé stessi procedendo “per esclusione” non è certo la strada più auspicabile. Fortunatamente i tempi stanno cambiando, ne è un esempio la cultura “social” dove ricorre l’esortazione ad essere sé stessi, valorizzando le differenze in un’ottica “sex positive”.
Il mondo “là fuori” sembra tuttavia non ancora allineato perpetuando stereotipi e pregiudizi duri a morire.
Se ci piace pensarla come una fase di transizione culturale ciò comporta un certo livello di ambivalenza e confusione, proprio come quella che caratterizza l’adolescenza.
Il rischio di disorientamento non riguarda solo i giovani ma anche i loro genitori, quelle generazioni che si trovano a far da ponte nei cambiamenti culturali in atto. I modelli espliciti ed impliciti veicolati dalla famiglia possono complicare o favorire in modo determinante il compito dell’adolescente.
Quali sono allora le indicazioni per il genitore? È intuibile che non sarà sufficiente barcamenarsi nella temuta chiacchierata su “come nascono i bambini”, comunque preziosa se proposta in modo adeguato, al momento giusto e in un dialogo aperto nel tempo.
La sfida maggiore riguarda l’offrire un’autentica serenità sul tema e la piena disponibilità ad accogliere e a valorizzare il proprio figlio in qualunque modo la sua sfera sessuale e affettiva si articoli.
L’identità di genere e l’orientamento sessuale hanno una loro definizione fin dalla nascita o dal primissimo periodo di vita. Ciò che si trasmette a livello educativo non influenzerà in alcun modo queste caratteristiche ma contribuirà certo al modo di viverle.
Compito primario del genitore è tutelare e sostenere l’emergente individualità del figlio. Ciò richiede l’imparare a tenere a bada le proprie aspettative e proiezioni per lasciare all’adolescente la possibilità di conoscersi e farsi conoscere per quello che è realmente.
Ad oggi come sessuologo incontro una prevalenza di individui cisgender ed eterosessuali. Quando una persona entra per la prima volta nello studio è tuttavia naturale non ridurla a una statistica e sospendere qualsiasi presunzione e congettura per mantenere la massima inclusività. Se mi relazionassi presumendone l’eterosessualità avrei infatti compreso ben poco del mio lavoro. È significativo come persone bi e omosessuali tendano a precisare il proprio orientamento tra le primissime informazioni fornite, consapevoli dell’abitudine culturale a dare per scontata l’eterosessualità dell’interlocutore. Molto difficilmente un eterosessuale trova utile dichiararsi tale.
La necessità di non essere scambiati per qualcun altro è un diritto e rappresenta oggi un tema di enorme rilevanza sociale. Ciò è oltremodo vero in rapporto alla figura genitoriale, la prima da cui ci aspetteremmo di essere conosciuti e riconosciuti. Eppure molti giovani raccontano di aver affrontato il “coming out” con tutti tranne che con i genitori. Alcuni sono decisi a non metterli mai al corrente della propria realtà per non deluderli. Dare per scontato l’orientamento sessuale del proprio figlio rappresenta un condizionamento che obbligherà questi a disattendere le attese genitoriali se vuole essere sé stesso. Capiamo allora l’importanza di non imprigionarlo in un abito preconfezionato ma assicurargli proprio il suo, tagliato su misura per vestirne a pennello l’unicità.
Pensiamo banalmente alla classica domanda “c’è qualche ragazza che ti piace?” oppure “c’è qualche ragazzo che ti piace?” con cui molti genitori provano a rompere il ghiaccio sul tema dell’amore e della sessualità (tralasciamo l’ingenuità di aspettarsi una risposta onesta!). Quanti sono a loro agio nel porre una domanda più aperta e inclusiva del tipo: “c’è qualche ragazzo o ragazza che ti piace?”.
Quanti lo troverebbero imbarazzante? Quanti avrebbero il timore di generare confusione o di incoraggiare “scelte” omosessuali?
L’autodeterminazione di un figlio non deve farci paura ma rappresentare l’unica e sana aspettativa di ogni genitore.