Da vero appassionato, non posso iniziare quest’articolo con animo sereno. Lamborghini ha deciso di non produrre più l’Aventador e il suo poderoso v12, una delle auto più iconiche del secolo, dal sound personale e tangibile. Il nome attribuito a questa versione, “Ultimae”, non lascia spazio a dubbi. E’ la fine della produzione: solo 600 esemplari. L’esterno è una rivisitazione delle linee taglienti che hanno reso unica l’Aventador. Ogni superficie del corpo vettura graffia lo sguardo e lascia il segno. In particolare, quest’ultima versione si distingue per uno stile che solitamente non apparterrebbe alla casa del toro: guardandola da fuori, risulta equilibrata, tra fendenti aerodinamici senza compromessi e piani di luce sinuosi, quasi eleganti. Non ci sono alettoni futuristici o lip raso-terra, ma sul retro spunta un estrattore degno di una vettura da Le Mans.
Anche la colorazione proposta nelle configurazioni, stavolta, non eccede: si tratta di due tipologie di grigio, uno metallizzato, “grigio nimbus”, ed uno opaco, “grigio acheso”. Non sono offerte combinazioni bi-colore che pungono l’occhio da metri di distanza. Nessun colore accecante. Questa estetica quasi soft, e quindi insolita per una Lambo, non può essere casuale. L’auto si mostra con un certa serietà e sobrietà, tipica di un grande progetto che protegge una sorpresa preziosa. Anche gli interni risultano umani. Intendiamoci, lo stile è sempre quello spigoloso, geometrico e unico di Lamborghini, ma anche all’interno, questa versione, non sfoggia colori sgargianti o inserti rabbiosi. I lembi di alcantara e le lastre di carbonio lucido che compongono la plancia, presentano un ambiente aggressivo ma al contempo rilassato. I numeri smentiscono immediatamente l’atmosfera tranquilla che potrebbe nascere da uno sguardo della vettura da ferma. 780 cv e uno 0-100 km/h in 2,8 manifestano con chiarezza indecente le prestazioni sfacciate dell’Aventador. Si tratta di un’auto che si è resa famosa anche per la sua trasmissione, talmente violenta e brutale, nei passaggi di marcia, da risultare quasi “muscolare”. Quando si avvia il motore, quel magnifico,
poderoso e arrogante v12 aspirato, tutto diventa comprensibile. Adesso è tutto chiarissimo. Stavolta, l’estetica ha lasciato il passo al propulsore, cuore battente di questa icona. Tutto nasconde e celebra il vero gioiello di quest’auto: il suono, la meccanica, il timbro inequivocabile di un motore furibondo che ha fatto storia. Questo è il gioiello protetto da un esterno ed un interno sobrio e discreto, grigio ed arrabbiato. Per adesso questo v12 è stato “solo” un’icona, riconosciuta e riconoscibile, ma con il tempo, con questa versione di addio, esattamente come sostenuto dalla casa del Toro, è diventato senza tempo, ossia una leggenda.