“La danza è un sogno a colori”
Libertà è una parola grossa, ci accorgiamo di “lei” solo quando si allontana. Ora che la porta socchiusa si sta finalmente per riaprire, vien voglia di afferrarla, di prendere la rincorsa e provare a volare, a sognare. Siamo pronti, ci rimettiamo in ballo; anzi, in danza. Ne parliamo con chi di sogni se ne intende, lo chiediamo a lui…the Dreamer: Luca Tomassini.
Di Roberto Fantauzzi
La libertà, signore e signori, non è solo quella di parola, di espressione. Non è solo il diritto di dire o scrivere ciò che pensi, leggere quel che ti pare. La libertà “Non è stare sopra un albero e non è uno spazio libero” cantava Gaber ormai quasi cinquant’anni fa.
La libertà siamo noi; o, meglio, è dentro di noi. Tuttavia talvolta (per non dire troppo spesso) non riusciamo a farla… uscire. La sua mancanza l’abbiamo provata in questi ultimi 15 mesi nei quali siamo stati chiusi in casa, poi “semi-chiusi”, poi di nuovo in prigione e poi…e poi…e poi…!! Ma la libertà non è solo quella che ti concede di uscire, di viaggiare, di mangiare al ristorante. C’è anche dell’altro, molto altro.
Mettiamola così: la libertà, quella con la L maiuscola, ce la dobbiamo costruire noi, mattone dopo mattone, superando le nostre paure, le nostre insicurezze. Libertà di capirsi, di guardarsi dentro. Una libertà che possiamo non solo provare ma anche comunicare. A parole, certo; ma anche con il corpo. Quel corpo che diventa, per chi lo sa usare, un pennello, una penna, capace di raccontare mille storie o di dipingere altrettanti sogni, paesaggi imprevedibili e irripetibili. Succede con la danza; succede da secoli.
Succede perché c’è qualcuno che ne ha fatto la propria ragione di vita. Non dite lavoro, non dite professione: la danza è molto di più. Si danza per imparare a volare, perché chi danza – prima o poi – volerà. Il pubblico, eccetto gli spettatori più accorti, non sempre se ne accorge ma così è. Chi danza vola, chi danza si libera del peso di anni e anni di fatica per sollevarsi come una foglia raccolta dal vento. Il vento, quando vuole, smette di soffiare; la foglia cade e qualcuno la calpesta. Chi danza, invece, ha il “suo” vento e cade solo quando lo decide lui.
C’è chi danza per sé, chi balla da solo e chi le danze deve anche “disegnarle”. Le coreografie, le scene, le storie, le luci e anche le ombre. Un mondo pieno di libertà; una libertà fatta anche di fatica, sudore e sacrifici. Ci sono i cigni e ci sono anche i brutti anatroccoli; ma va bene così, perché la danza è un sogno, ed i sogni sono di tutti.
La libertà è faticosa? Certo che lo è. La danza è faticosa? Senza dubbio; ma la fatica, arrivati ad un certo livello, si fonde con la tua pelle, ti scava le membra, ti attraversa le viscere e diventa “tua”. La controlli, ma poi la dimentichi e… voli. Volare senza decollare, senza andare all’aeroporto. Volare solo perché sai disegnare con il corpo un mondo a colori, volare solo perché, contando fino a otto, sai dipingere un quadro senza avere né tela, né tempera e tantomeno pennelli. La danza è un sogno, ricordate? Un sogno…a colori.
Chi danza gira vorticosamente, vola e, se cade, lo fa senza cadere davvero. Anche la Terra gira, ma non sa danzare. Sulla Terra c’è chi invece lo fa – e lo faceva – divinamente. Per esempio Carla Fracci. Lei poche settimane fa ha smesso di volare. Ha piegato le ali? No, non l’ha fatto e non lo farà mai: le sue ali sono negli occhi e nella memoria di chi l’ha vista danzare; sono nei fragorosi applausi che hanno attraversato gli oceani e che hanno fatto inchinare gli uomini e le donne più potenti del Pianeta. Lei volava e tutti gli altri, compresi i “Mr. President”, le teste coronate e i “Paperoni” di ogni dove, restavano giù.
La storia di Carla Fracci è emblematica fino a sfiorare il regno incantato delle favole: papà tramviere a Milano e lei che con sacrificio, impegno e sofferenza, diventerà “la Fracci”.
Torniamo alla libertà; e alla danza. Perché ne parlo? Già, perché il Fantauzzi ce la mena con la danza? Presto detto: perché dopo un anno e mezzo così la danza è forse il veicolo perfetto per ripartire, per tornare ad assaporare la bellezza, la grazia, il calore della nostra libertà ritrovata. Perché essere liberi non vuol dire avere il permesso di muoversi. Vuol dire, invece, tornare alla vita che sembrava seppellita dalle mascherine, dai bollettini di guerra sparati dai telegiornali ogni giorno, dalle grida di dolore delle migliaia di imprenditori che, chiudendo le attività, stavano portando alla chiusura del Paese.
Ne stiamo uscendo; con le unghie e con i denti e con tante ferite. Per qualcuno ferite lievi, per altri tagli profondi e dolorosi.
“E quindi uscimmo a riveder le stelle”: è l’ultimo verso dell’Inferno dantesco e si adatta alla perfezione a questo momento, all’estate che si sta avvicinando. Un’estate che sarà anche “danzante”, perché la danza sarà il nostro orologio, il nostro conto alla rovescia per la riconquista della libertà. A riveder le stelle; le “etoiles”, appunto.
E il ballo della “renaissance”, la coreografia più importante degli ultimi due lustri, non poteva che firmarla Lui. L’uomo che la danza la intende Pop, quello che la danza l’ha resa “Un sogno a colori”.
Luca Tomassini dopo un anno e mezzo di “prigionia” non ritiene che la danza sia ideale per riappropriarci della nostra libertà? Libertà di esprimersi con il corpo ma non solo: esprimere emozioni, dal dolore al piacere, dalla rabbia al perdono, dalla paura al coraggio… Insomma torniamo a vivere, torniamo a volare. È una buona idea cominciare proprio da qui?
“Penso che tornare alla vita ballando sia la soluzione migliore. Per me ha sempre funzionato così: ho costruito la mia vita ballando e, ballando, sono riuscito a conquistare una vita dignitosa, per me importante, fatta di libertà, forza e potere; perché quando balli ti senti invincibile. La
danza significa energia, musica, gioia, emozione per te e per tutti gli altri. È contagiosa, contamina più di un virus”.
Madonna, Michael Jackson, Whitney Houston… Ha lavorato – e danzato – anche con loro. Danzando si vola, tutti gli altri restano in basso, restano giù. Ogni tanto, però, il volo si prolunga troppo…. È successo da qualche giorno a Carla Fracci. Ha un ricordo particolare di lei da condividere?
“Carla mi ha donato un’amicizia e un’attenzione che hanno dato un senso al mio lavoro. Per questo ho avuto un crollo non indifferente quando è venuta a mancare. L’ho cercata proprio quella mattina per proporle il prossimo sogno da conquistare insieme come abbiamo fatto nel passato. Lei era molto affezionata alla prima coreografia che ho creato per lei per conquistarla, perché prima di accettare di ballare voleva essere sicura della mia visione. Da quel momento è diventata la coreografia più bella della sua vita e questo è il complimento più grande che non mi sarei mai neanche permesso di sognare”.
Dunque, si ricomincia dalla danza. Qualcosa di importante bolle in pentola?
“Da tanti anni bolle in pentola la voglia di creare qualcosa che possa utilizzare tutto ciò che ho imparato, visto e vissuto e portarlo in un luogo per condividerlo con più persone possibili. Un sogno di magia collettiva che appartenga non solo ai danzatori ma che possa diventare un momento di condivisione con la famiglia, gli amici, un’esperienza interattiva che ancora non esiste in Italia. Vorrei realizzare un “posto magico”, “pop”, dove le emozioni sono a disposizione di tutti, dove per qualche giorno si può vivere di danza, di musica, di arte; di emozioni danzanti! Un sogno che, insieme ad alcuni “compagni di viaggio”, stiamo cercando di realizzare prima possibile, coinvolgendo più persone possibili. L’arte deve appartenere a tutti perché accende le passioni più belle di ogni essere umano; deve passare attraverso tutto, ovunque”.
L’Italia riparte, il mondo si rimette in pista. Andiamo per gradi, non facciamo gli ingordi: la libertà non è qualcosa che si compra al supermercato. Riprendiamocela con calma, con discrezione, senza spingere. In punta di piedi.