RITRATTO DI DONNA: “Il bello della Medicina”

” Il bello della Medicina “

 

“Le donne cha hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sono parole di Rita Levi Montalcini che oggi, nell’epoca dei selfie, dei ritocchi e dell’immagine al di sopra di tutto sembrano cadere nel vuoto. Fortunatamente non è per tutte così: in ogni numero vi presenteremo alcune donne che hanno idee, progetti, passioni. Più che apparire fanno; più fanno e più sono donne. È così anche per Veronica Catania.

 

Ci siamo messi in un bel pasticcio: questa rubrica, fin dal primo esordio, si apre sempre con la citazione della professoressa Premio Nobel Levi Montalcini: “Le donne che han cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare…”. Insomma l’immagine, la bellezza, il corpo, i selfie non sono le uniche “armi” per farsi strada.

E adesso? Adesso ci troviamo a tu per tu con un chirurgo estetico; colui (colei) che con l’immagine, la bellezza, i corpi da valorizzare, i visi da illuminare ci lavora. E prima di lavorarci ha dovuto studiare anni piegata sui libri e, per altrettanti anni, fare tanta “gavetta”.

Come la mettiamo? La mettiamo che Veronica Catania, nata, cresciuta e laureatasi in Medicina nella città che porta il suo stesso nome (cognome, pardon) ci dimostra che il chirurgo estetico (lei è specialista in Chirurgia Estetica, Plastica e Ricostruttiva) non è un costruttore di bambole (o “bamboli”) e che la bellezza, quella nostra, nessuno la può – o la deve – stravolgere, falsificare.

“Di citazione in citazione – ci dice – permettetemi di esordire con questa: ‘La bellezza è come una gemma preziosa per la quale la migliore montatura è quella più semplice’. Lo scrisse Francis Bacon ed è la frase che ‘apre’ il mio sito Web. Perché, senza ombra di dubbio, ognuno ha la sua personalità, la sua identità; che vanno mantenute sempre e comunque”.

Ma andiamo con ordine: chi è Veronica? La dottoressa Catania è nata quarant’anni or sono all’ombra dell’Etna; il padre, chirurgo generale, le ha trasmesso la passione per la medicina.

“Fin da piccolissima – racconta – quando lui visionava, con i suoi colleghi, filmati di interventi chirurgici io ero lì, affascinata, rapita…”.

Mi faccia capire: bisturi che si fanno strada tra le viscere, lenzuoli intrisi di sangue, mascherine… Lei guardava tutto questo a sette, dieci anni?

“Esatto. Non mi faceva impressione, per niente. Forse fin da bambina avevo capito che quella sarebbe diventata la mia strada…”.

Poi cos’è successo?

“Quello che doveva succedere: mi son laureata in Medicina e Chirurgia a Catania e, nel 2008, ho conseguito la specializzazione. Ho lasciato la Sicilia – dopo aver esercitato la professione presso varie strutture dell’Isola – con destinazione Roma; qui ho lavorato quattro anni al ‘Villa Borghese Institute’ (la casa di cura del professor Gasparotti, NdR) ed ho partecipato a vari training universitari alla Sapienza, all’Idi e altrove. Ho frequentato anche la Scuola di Chirurgia Plastica di Porto Alegre (Brasile). Attualmente svolgo la mia attività presso le cliniche Mater Dei e Paideia”.

Un curriculum di tutto rispetto, niente da dire; curriculum già scritto ai tempi delle elementari: in quei giorni, mentre i suoi coetanei si dilettavano con i cartoni della Tv, Veronica, sul piccolo schermo, si faceva scorpacciate di appendicectomie, ernioplastiche e via tagliuzzando… Avete presente i bimbi (e le bimbe) che fuggono alla vista di una goccia di sangue? Quelli che già mettere un cerotto è una tragedia? Beh, Veronica – da questo punto di vista – non è mai stata troppo bambina. Diciamolo meglio: bambina sì, ma con il camice cucito addosso. I “cartoon” comunque li ha guardati anche lei, certo che sì. Lo diciamo, lo scriviamo, ad uso e consumo di quei lettori che potrebbero – come dire? –pensar male…

Medico chirurgo e donna. La domanda è d’obbligo, anche se siamo (quasi) negli Anni Venti del XXI Secolo: cliniche, ospedali, strutture sanitarie in genere sono tuttora declinate al maschile? Comandano i “dottori” a scapito delle “dottoresse”? E i pazienti? Hanno ancora timore del camice “rosa”?

“Beh, i pazienti no, non c’è storia: come dice lei siamo nel XXI Secolo, non esageriamo… Relativamente alle dinamiche interne di un ospedale, una clinica (carriere, incarichi dirigenziali), beh, un po’ di sessismo c’è ancora, non si può negare. Ma il tempo passa, le cose cambiano; ogni anno, ogni giorno si migliora”.

Già, ogni anno, ogni giorno. Le cose migliorano e miglioriamo anche noi. Noi che dobbiamo nascere, crescere, sudare e fare sacrifici per potere – un giorno – far sì che la nostra passione diventi il nostro lavoro.

Sacrificio e gavetta. Crede che chi ha diciassette o vent’anni oggi sia consapevole che si tratta di passaggi obbligati per costruirsi un futuro?

“Qualcuno sì e qualcuno no. La mia impressione (non solo la mia, credo) è che i ‘qualcuno sì’ siano in minoranza. Tra questi indubbiamente primeggiano le femminucce. Diciamocelo chiaro: noi ragazze, noi donne siamo ‘sgobbone’ e “multitasking” da millenni”.

Darsi da fare, rendersi disponibili dimenticando festività e weekend… Per un medico, almeno all’inizio, è stato e sarà sempre così. Arriveranno poi i traguardi, le soddisfazioni. Ci parli ora di un suo “momento no”: c’è stato un giorno nel quale si è detta “Basta, non ce la faccio, getto la spugna…”?

“No, per la verità finora non mi è mai capitato. Se capiterà spero di avere la forza di rimboccarmi le maniche, come ho sempre fatto fino ad oggi”.

Rimboccarsi le maniche: si comincia – si deve cominciare – prima dei vent’anni.

Maniche di camicia o di… camice bianco.

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