MESTIERI A CONFRONTO
“Pilota VS Assistente di volo”
Intervista ad Oraldo T. – Comandante di Boeing 777
Perché ha deciso di diventare un pilota d’aerei?
Avevo vent’anni ed ero iscritto all’università, ma non mi entusiasmava. Un giorno, passeggiando per il centro, vidi l’agenzia di una compagnia d’aerei ed incuriosito entrai. Mi dissero che stavano cercando degli assistenti di volo e decisi di fare domanda. L’estate stessa iniziai a lavorare. Quando vidi le cabine di pilotaggio fu amore a prima vista. Intenzionato a fare domanda per diventare pilota mi licenziai e partii per andare a studiare in America. Tornai in Italia per fare il concorso, passai le selezioni della mia vecchia compagnia e mi assunsero.
Cosa ricorda del suo primo giorno di volo?
In realtà non si può parlare di una prima volta, ma ne esistono tre. La prima è stata quella da allievo pilota, quando l’istruttore mi permise di volare da solo. Ricordo l’incredibile sensazione a contatto con l’aeroplano. Un’altra è stata quella in cui ho indossato la divisa come pilota d’aereo di linea, e tutto intorno a me scorreva velocemente. La terza volta è stata quella del primo giorno di volo da comandante. Ricordo l’emozione nel sentire la responsabilità della vita di tutti i passeggeri sulle mie spalle.
Quali emozioni e soddisfazioni regala questa professione?
La più grande soddisfazione è proprio quella di pilotare una macchina grandissima e complessa. È qualcosa di inspiegabile. Mi riempie di orgoglio sapere di essere arrivato a governare una macchina così perfetta. Inoltre, è una professione che ti permette di girare il mondo. Un giorno sei a New York, l’altro a Tokio. Grazie al mio lavoro ho potuto godere della vista di spettacoli della natura incredibili. Volare sopra il deserto e l’Oceano o guardare l’aurora boreale è un privilegio per pochi.
Quanto è importante per lei la figura dell’assistente di volo?
È essenziale! A bordo di un aereo siamo un equipaggio. Avere degli assistenti di volo preparati e professionali vuol dire avere un aereo sicuro e poter fare affidamento su di loro per un svolgimento sereno del lavoro. Si tratta di figure professionali addestrate per gestire emergenze ad alti livelli. Un volo di lungo raggio, con circa 13 ore di viaggio da fare, se mal gestito, può rappresentare un grande problema.
Quali sono gli ostacoli più grandi da dover affrontare durante l’esercizio di questa professione?
Non parlerei di ostacoli ma di impegni. Primo tra tutti lo studio: un pilota professionista, una volta ottenuta la licenza, non abbandona i libri perché ogni sei mesi si deve superare un esame al simulatore rispondendo della propria competenza e professionalità. Inoltre, bisogna rigorosamente condurre una vita sana. Non ultimo è l’impegno verso la famiglia. Conciliare i propri affetti con il lavoro non è facile come ci raccontano i film.
Intervista a Valentina B. – Assistente di volo
Cosa l’ha spinta a scegliere questa professione
In realtà non c’è un motivo in particolare che mi abbia spinto a sceglierla. Ci sono capitata un po’ per caso. Avevo 20 anni e lessi un annuncio sul giornale. Pensai che sarebbe stato divertente fare questo lavoro per qualche anno, mettere da parte un po’ di soldi e, nel frattempo, finire l’università. Così feci le selezioni ed eccomi ancora qui, diciannove anni dopo.
Cosa ricorda del suo primo giorno di volo?
Il mio primo giorno di volo ero sicuramente molto emozionata. Mi preparai con largo anticipo per paura di fare tardi… abitudine che non ho perso. Per fortuna in equipaggio con me c’era anche una mia amica, come me al primo volo, e si sa….mal comune mezzo gaudio. Furono tutti molto gentili e disponibili. Non vedevo l’ora di tornare e chiamare mia madre per raccontarle tutto.
Quali emozioni regala questo lavoro?
L’emozione più grande? Tornare a casa dopo giorni e ritrovare il sorriso e l’abbraccio dei miei figli.
Figli a parte, vedere l’alba dai finestrini dell’aereo mi incanta ogni volta, è sicuramente l’ufficio con la miglior vista del mondo.
Questo lavoro ci porta a vivere situazioni e luoghi che non avremmo mai avuto modo di conoscere e ognuno di noi li vive in maniera diversa. Personalmente amo coccolarmi un po’, magari con una cena nel ristorante preferito, con un libro da leggere a bordo piscina durante la sosta o con dello shopping a Manhattan.
Quale rapporto si instaura con il comandante e quanto è importante per lei questa figura?
Il comandante è molto importante in un equipaggio. Lui ci riporta a casa. È indispensabile che sappia essere un buon leader, in questo modo si lavora tutti molto meglio.
Quali sono gli ostacoli e le difficoltà da affrontare nell’esercizio di questa professione?
La difficoltà maggiore è la gestione familiare. Non ci sono sabati e domeniche, non c’è Natale o compleanno, sei lontano da chi ami e chi ami non sempre capisce quanto sia faticoso questo lavoro.
Quando rientri dopo aver perso interamente due notti su tre spesso, a casa, si aspettano che tu sia presente e attivo al cento per cento, e questo non è possibile.
Nonostante ciò, non cambierei il mio lavoro per niente al mondo, mi arricchisce ogni volta.