Studiando s’impara; e si vola
Il professor Valente, 53 anni, insegna Scienza e Tecnologia dei Materiali agli studenti di Ingegneria Aerospaziale presso la Sapienza. Con lui parliamo dei sogni e delle aspirazioni di questi ragazzi – e queste ragazze – desiderosi di progettare, domani, nuove strade nel cielo.
In cielo, nello spazio, non ci sono guard-rail, non ci sono caselli né cantieri aperti o viaggiatori affranti nel bel mezzo di un “bollino rosso” (o nero).
Ma il traffico c’è, in abbondanza. Aerei, onde radio che rimbalzano, satelliti che si “specchiano” e milioni di informazioni che si muovono in ogni direzione.
Chi regola questo caos? Quegli uomini e quelle donne che progettano i veicoli che nel cielo ci vivono e ci viaggiano. Alcuni veicoli (gli aerei, per esempio) decollano e atterrano; altri restano in orbita con gli “occhi” aperti, riflettendo e trasmettendo segnali: i satelliti; non li vediamo e non li vedremo mai finché resteremo con… i piedi per terra. Eppure, senza di “loro”, non sapremmo come fare.
Uomini e donne, dunque; per esempio quelli che studiano Ingegneria Aerospaziale alla Sapienza di Roma. E frequentano, ne consegue, le lezioni del “prof” Valente.
Professore gli studenti l’hanno indicata come docente meritevole del titolo “Best Teacher” Come ci è riuscito?
“Nessun trucco particolare; cerco solo di fare al meglio il mio lavoro tentando di catturare l’attenzione dei ragazzi. La mia non è una materia facile, ci sono tante formule. Ma è facile lasciarsi prendere, scoprendo come si sceglie un materiale in luogo di un altro, quanto resiste, quali sollecitazioni, quando la… scadenza”.
Ingegneria Aerospaziale è un corso di laurea oggi molto “gettonato”. Come mai?
“È una tradizione tutta italiana; l’Italia è stato il terzo Paese, in ordine di tempo, a lanciare un satellite nello spazio. Se poi vogliamo parlare degli sbocchi lavorativi, beh, con questa laurea non è troppo difficile costruirsi un futuro. Consideriamo, infine, che Ingegneria Aerospaziale della Sapienza, nella classifica Arwu si piazza al primo posto in Italia e al diciassettesimo nel mondo…!”.
Gli studenti sono, ancora oggi, in maggioranza “maschietti”?
“Assolutamente no: esagererei se dichiarassi che siamo “alla pari” ma ci siamo assai vicini. Oggi è così, vent’anni fa invece, come dice lei, le ragazze erano una rarità. I tempi, per fortuna, cambiano”.
Gli studenti di oggi: cosa è cambiato? Più o meno furbi, più o meno informati, più o meno timorosi del futuro rispetto a quelli di “ieri”?
“Certamente più “bombardati” di informazioni a differenza di chi li ha preceduti. Sanno discernere? Per me un po’ meglio degli “anziani” me compreso… Il futuro? Ci pensano e non mi pare lo temano; forse le matricole sono un po’ apprensive. Chi è più avanti negli studi, invece, non si preoccupa troppo”.
Oggi si studia in Rete; la lavagna elettronica, le “app”… Libro, gesso e cancellino hanno ancora un posto?
“Assolutamente sì: gli strumenti di oggi, importantissimi, si integrano con quelli tradizionali. Si studia ancora sui libri, e sarà così anche domani”.
Il professor Valente è distaccato, formale o…
“La mia cattedra non è circondata dal filo spinato; tuttavia insegno ai ragazzi che esiste un certo “protocollo”: la forma è importante, non è una prassi fine a sé stessa. Gli studenti, quando vogliono, mi possono chiamare (anche al cellulare) e scrivere; e si parla, anche, di questioni extra-universitarie”.
Cosa non ha fatto la politica, negli ultimi decenni, per l’Università italiana?
“Non ha investito troppo sulla formazione; men che meno sul ricambio del corpo docente e nel favorire l’ingresso di nuovi ricercatori. Ancora: i meccanismi di valutazione, i soliti numeri, sono forse un po’ troppo asettici, lontani dalla realtà; la realtà, e la storia, di ogni singolo studente”.
Fine dell’intervista; il “prof” si affretta, è in ritardo. Diciamolo pure: deve “volare” dai suoi ragazzi.