PERSONAGGI: “Eduardo Montefusco”

“Dimensione Eduardo”

 

Intervista a Eduardo Montefusco

 

Lunghezza, larghezza, profondità; la “quarta”, invece, si chiama tempo.

Poi ci siamo noi che ci muoviamo, lavoriamo, sogniamo in questo nostro pianeta tridimensionale che gira vorticosamente attorno a calendari. infine c’è Eduardo Montefusco e con lui le dimensioni, anche in Italia, son diventate cinque.

 

Intervista di RICCARDOZONA

 

 

La quinta dimensione, da noi, esiste dal 1981. Non è un mondo parallelo popolato di omini verdi invisibili ai più. La quinta dimensione interagisce con le altre quattro; è la dimensione Entertainment; tutti siamo in grado di “misurarla”.

Entertainment letteralmente si tradurrebbe con “divertimento”. Ma il significato è ben più articolato: intrattenimento, spettacolo, cultura, opinione, notizie…

Ci siamo tutti dentro e non sempre ci accorgiamo che è la dimensione più dinamica, quella che tiene in vita le altre quattro “colleghe”.

Ne parliamo con Eduardo Montefusco perché è lui, da noi, l’artefice della quinta dimensione; lui l’ha cullata, nutrita e cresciuta con un carburante insostituibile: le nuove generazioni, i cosiddetti giovani.

Classe 1953, laurea in Sociologia alla Sapienza, Cavaliere del Lavoro.

Non ci siamo: la storia, le storie di Eduardo non si possono raccontare stilando un banale curriculum. Bisogna, invece, parlare di scommesse; di sfide.

La scommessa più azzardata (e più azzeccata) di Eduardo Montefusco risale a 37 anni fa; siamo nel 1981 e l’Italia, da poco, ha aperto le porte all’emittenza privata. Radio e Tv comincino a nascere – e a crescere – fuori dal recinto del “pubblico” che a lungo andare stava diventando gabbia, prigione.

Fu un processo lento, una strada accidentata: il “pubblico” non voleva mollare, la politica non era ancora troppo convinta. Ma tant’è: qualche imprenditore (molti, in effetti) si buttarono nella mischia; nascevano le prime radio private a Milano, a Roma, ovunque. Al tempo si diceva radio “libere”, aggettivo che spiega bene quanto fosse difficile aprirsi un varco nell’etere se non ti chiamavi Rai.

Eduardo Montefusco, lo sappiamo tutti, è “mister RDS”. C’era bisogno di rivelarlo all’inizio dell’articolo? No, non era necessario; così come non serve citare le diverse emittenti del Gruppo, il target, i numeri e via dicendo.

Le domande sono altre. La prima: come si fa, oggi, a macinare ascolti e successo con un medium – la radio –nato un secolo fa? Come si compete ieri con la Tv e ora con il Web?

“La radio, oggi, deve muoversi in tutte le piattaforme. Non basta più trasmettere con i criteri di venti o trent’anni fa. Il pubblico va seguito, coccolato facendosi trovare in Rete sullo smartphone, ovunque. E con il pubblico si deve interagire: una volta c’erano le telefonate, oggi ci sono tante altre modalità, lo sappiamo, lo sapete. Poi il ritmo, la scaletta… Bisogna studiare di continuo, esser capaci di cambiare e di produrre idee lavorando in un ambiente dinamico, vivo; la routine resta fuori, non l’abbiamo mai invitata. Per produrre idee c’è bisogno, soprattutto, di…”

Di cosa c’è bisogno?

“Per far star bene le persone che ci ascoltano dobbiamo star bene noi.”.

È lapidario, Montefusco. Per approfondire facciamo da soli: chi lavora qui può usufruire della palestra, allenarsi con le bici elettriche e molto altro. Poi c’è “RDS Beauty”, c’è un programma di prevenzione sanitario gratuito, percorsi di onboarding e di crescita personalizzati.

Insomma qui dentro si lavora, si crea, si intrattiene a ciclo continuo e – per questo – bisogna star bene. Soprattutto ognuno può, e deve, dare il suo contributo, buttare lì una proposta, un’idea.

“È necessario – riprende Eduardo – superare l’idea del dipendente e del “capo”: il dipendente non si contrappone, si allea.

Poi la meritocrazia: se sei bravo ti premio, ti pago di più. È quel che succede negli Usa; ecco, in fin dei conti la nostra è una struttura tipicamente americana. Questo significa, anche e soprattutto, lavorare con i giovani, per i giovani. Ecco, io mi considero un “mentor” per i giovani: quelli che valgono li valorizzo, faccio tirar fuori loro le qualità, anche quelle che non sanno di avere. Mettere a frutto il talento, instradarlo, poggiarlo sui binari giusti. Ma anche loro sono i nostri mentor.

Abbiamo avviato un programma di reverse mentoring: i nostri millennial, con forte competenza digitale, affiancano i colleghi senior per condividere le conoscenze e i nuovi strumenti legati alla tecnologia, ai social media ed alle nuove tendenze, applicandoli già alla quotidianità del lavoro.

Diplomi, lauree, titoli da soli non bastano: “si lavora solo e sempre sul campo con programmi di formazione e training on the job”.

Lavorare tutti insieme, mettere in mezzo le proprie idee. Sembra un sogno anche se – puntualizza Montefusco – “La nostra radio appare spontanea ma tutto è studiato nel dettaglio: ci “misuriamo” ogni quarto d’ora, abbiamo un software che calcola le batture tra un disco e l’altro…”.

Già: intrattenere, informare, bilanciare nell’arco delle 24 ore le notizie con il divertimento, lo sport con l’intrattenimento più sfrenato si può. Ma bisogna saperlo fare.

Quali erano le paure e le incertezze del giovane Montefusco? Cosa sognava di fare da grande?

“Da piccolo ascoltavo la radio, guarda un po’… “Supersonic”, un programma musicale parallelabile a quello che facciamo noi oggi: musica, intrattenimento, hit. O mi sintonizzavo con Montecarlo, Capodistria, insomma il mio mondo si aprì da lì. Si aprì dall’idea che, da noi, c’era un territorio vergine, inesplorato, che bisognava scoprire e… costruire”.

C’è un imprenditore al quale si è ispirato?

“Che devo rispondere? Ho detto prima che questo settore non esisteva ancora… Quindi, necessariamente, mi sono ispirato a me stesso”. (ride, NdR)”. Nel 2012 ho ricevuto l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro. Per me è stata una grande soddisfazione quella che il Presidente Giorgio Napolitano ha voluto regalarmi. E’ stato un po’ come tirare le somme, vedere davanti a me concretizzarsi i frutti di molti anni di duro lavoro mio e dei miei collaboratori.

Lavoro con i giovani, l’ho già detto, sono anche io un po’ il loro mentor: anche i miei figli, in fin dei conti, li ho cresciuti bene…”. (Ride, di nuovo, NdR).

In effetti Massimiliano, Alessandro e Andrea Montefusco sono tutti in “squadra”. Li intervistammo a febbraio dell’anno scorso e, come il padre, ci parlarono di scommesse, di sfide e di meritocrazia. Ci dissero di come l’Italia può e deve mettersi al passo valorizzando i talenti. Ci parlarono, come il papà, di RDS Academy, talent show per lanciare nuovi conduttori, di RDS Start-Up Lab, di innovazione…

Ci spiegarono, come Eduardo, che le dimensioni non sono quattro; e che la radio ha ancora tanto da dire.

Montefusco è inarrestabile, rinunciamo a qualche domanda: lui risponde da sé, ci anticipa.

Il mondo va avanti, non sono più quello di dieci anni fa, tra cinque anni non sarò come oggi.

“Cosa farò da grande? Sono già grande; cerco e cercherò di far bene il mio lavoro e auspico, per l’Italia, di cambiare visione, di lavorare sul merito e premiarlo. In poche parole: il Belpaese deve restare italiano ma deve, anche, guardare un po’ all’America”.

L’intervista è finita? Ci sarebbe ancora tanto altro ma manca lo spazio e manca il tempo: Eduardo deve volare a Miami.

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