“Un viaggio lungo 28 anni”
Non sono ventotto, sono molti di più. Ce li racconta Carlo Pompili, presidente di Veratour, realtà nata nel 1990 ma che “viaggia” da ben prima. Viaggia con le idee, le emozioni, lo stile di chi – partendo – non vuole solo arrivare; vuole emozione, sapore, colore. E vuole, soprattutto, raccontare. E sognare.
Di Riccardo Zona – scritto da Baronerozzo
Viaggiare, scoprire, cercare e “cercarsi”. Il viaggio comincia con la lettera “V”. E con la V inizia la storia di Veratour, che ascoltiamo direttamente da chi, pagina dopo pagina, l’ha scritta e riempita di emozioni. Lui si chiama Carlo Pompili, classe 1944; prima dei vent’anni era chitarrista in una band e – per un po’ – ha pensato che quello sarebbe stato il suo futuro: suonare e ancora suonare fino a riempire gli stadi. Poi come è andata?
“Non è andata così – risponde Carlo –; ma forse è andata meglio…”.
Dottor Pompili, come e dove comincia la storia di Veratour?
“Comincia da pagina 1. E pagina 1 la possiamo datare 1976, quando ero amministratore delegato di Viajes Ecuador Italia, filiale dell’omonima multinazionale spagnola che inaugurò in quegli anni il ramo “incoming” verso Madrid, Andalusia, Palma, destinazioni gettonatissime tra le agenzie. Ma Noi si stava in Italia e l’Italia, anche allora, era uno dei posti più belli al mondo; bisognava pertanto rimboccarsi le maniche per l”’incoming”. Così facemmo, così feci, inizialmente dedicandomi al turismo, proveniente dal Centro e dal Sud America: quei Paesi, in fondo, sono latini; uomini e donne nati lì ma che hanno origini spagnole e anche italiane. Uomini e donne che prima o poi vogliono vedere (o rivedere) i luoghi delle proprie radici. Si trattò, inizialmente, di viaggi culturali verso le città d’arte. Le nostre spiagge, il nostro mare, non erano ancora… esplosi. Ma la storia va avanti e con lei il turismo; turismo che cambia, si diversifica, cresce. Nel 1990 io e la mia famiglia rilevammo la Società Viajes Ecuador Italia e mettemmo al mondo Veratour. Il nome? Preciso subito che mia moglie non si chiama Vera. Volevamo, con i figli Stefano e Daniele, comunicare autenticità, autorevolezza. Insomma tutto vero; la vera passione, la vera storia del mio, del tuo, del nostro viaggio.
Detto fatto: Veratour. Voltiamo pagina?
“Voltiamo. Il traffico “incoming” è senza dubbio ricco, variegato e pieno di soddisfazioni. Ma noi avevamo capito che non bastava: il turismo cercava nuovi sbocchi e il Belpaese, nel frattempo, era cresciuto. Nei primi anni ’90 l’Italia veleggiava godendo ancora di un ottimo vento. Veleggiava e viaggiava; e voleva farlo nel migliore dei modi. Così ci tuffammo nell’outgoing; una scelta azzeccata e – di sicuro – fatta nel momento giusto: erano i tempi dei primi voli “a noleggio”, la nascita delle prime Compagnie a ciò dedicate. L’Italia partiva; viaggiava. Ma mancava ancora qualcosa.
Cosa mancava?
“Mancava un prodotto personalizzato; il comunicare al cliente che sta viaggiando o è giunto in un luogo, che quel viaggio e quel luogo sono “nostri”. Insomma il viaggio “Veratour”. Un tempo la maggior parte dei tour operator contrattavano un certo numero di camere in quella struttura, in quella location, punto e basta. Noi volevamo assolutamente personalizzare; facemmo nascere il marchio Veraclub: un prodotto Veratour concentrato in un club. Il primo Veraclub lo inaugurammo a Varadero (Cuba) e poi in Sardegna. Gli imperativi? Servizio esclusivo e, in primis, italiano; a partire dalla cucina, perché quando si racconta un viaggio si comincia dal fatidico “Abbiamo mangiato benissimo”; chi incappava nel “malissimo” (quante volte li abbiamo sentiti?) voleva solo dimenticare; dimenticare il cibo e il viaggio. Dunque cucina italiana, servizio italiano, animazione italiana. Allora non si parlava ancora di “made in Italy”. Ecco, oggi lo possiamo dire: un viaggio made in Italy è quello che, dalla partenza fino all’ultimo minuto del soggiorno, ci riempie di stile, attenzione al dettaglio, sapore, emozione, proprio come l’haute couture. Il viaggio è nostro; il viaggio lo dobbiamo indossare.
Dopo Cuba altri Veraclub sono sorti a S. Domingo, poi a Zanzibar e altrove. Tutte realtà nostre o con nostro management. Insomma abbiamo colto nel segno, dando a chi viaggia quel che voleva: oggi abbiamo un grado di soddisfazione al 95%; e credo che, anche in questo, siamo gli unici. Un altro indice di successo: 38% di “fidelizzazione”; significa che quasi quaranta clienti Veratour su cento dopo un anno o poco più tornano da noi a prenotare un altro viaggio”.
Anche noi aggiungiamo qualche numero: dai venticinque dipendenti del 1994 oggi Veratour ha nello staff centotrenta operatori in Italia e circa un centinaio all’estero. I Villaggi Veraclub sono quaranta (nel 1997 erano cinque); ultima cifra: i quattromila metri quadrati la nuova sede (Roma Eur) inaugurata nel 2013., 200 milioni il fatturato dell’ultimo anno.
“Di numeri ce ne sono ancora, anche più importanti – interviene soddisfatto Pompili –: per esempio i bilanci che, in ventott’anni, hanno visto sempre l’asticella lontana dal rosso. Mai e poi mai un bilancio in perdita”.
Tutto questo è oggi, 2017. Parliamo invece di Carlo Pompili a 18 anni: Cosa sognava?
“Facevo il musicista, nel senso che suonavo la chitarra e, con altri, fondammo un gruppo. I miei diciott’anni coincidono con l’epoca dei Beatles dei Rolling Stones, insomma la musica che ha cambiato la musica, ha cambiato la storia e ha cambiato… i giovani. Forse sognavo proprio di calcare un palco con la chitarra a tracolla. Ma i sogni cambiano, i diciott’anni diventano venti, venticinque e così via. Se poi pensiamo che a diciannove anni mi son sposato… Chi se lo aspettava solo un anno prima? Cambiai vita e sogni: mi chiamò un famigliare che lavorava – anche lui – nel “ramo” viaggi il quale aveva bisogno di qualcuno per assistere a Roma i turisti provenienti dall’America Latina alcuni turisti a Madrid. Partii subito e lì iniziò un nuovo viaggio. E un nuovo sogno; presi il treno giusto? Credo di sì; e so che anche per chi ha vent’anni oggi i treni passano. Pochi ma passano: bisogna aver la fortuna di trovarsi vicini al binario; fortuna ma anche idee chiare e tanta passione”.
Dunque bisogna sognare e credere ai propri sogni, come dice Michel Ende, autore del libro che ha ispirato “La storia infinita”? O ci si deve svegliare, prima o poi, per muoversi nella realtà? L’imprenditore deve essere anche un buon visionario? Lei pensa, ancora oggi, “cosa farà da grande”?
“Beh, cosa farò da grande… diciamo che questo lavoro per me è anche emozione, piacere. Sì il mio sogno è questo. Sognare è necessario, ma credo che aprire gli occhi sia inevitabile; anche per dare forma concreta al sogno. Sognare e svegliarsi; svegli e anche visionari, perché no. Comunque camminare con i piedi in terra, come ho fatto io; io che pensavo, anni fa, di fare il chitarrista. Un sogno l’ho chiuso ma ne ho aperti tanti altri…”.
Torniamo ai viaggi. Oggi molti scelgono meta, vettore, location, tutto con il Web. Comodo e semplice, senza dubbio. Ma forse la Rete ha “ucciso” tante piccole e medie agenzie non in grado di contrastare un competitor così agguerrito e capillare. Come è andata per Veratour? Il Web è per voi una risorsa o un… nemico?
“Benvenuta tecnologia, benvenuto Internet: non si può dire che si tratti di un fatto negativo. Basta sapersi fermare al punto giusto: prenotare un viaggio di lavoro, un soggiorno a Parigi o a Londra si fa “online”; perché è più comodo, più veloce. Lo faccio anch’io. Ma per il Viaggio, quello con la V maiuscola, non si può; non si deve. Lì bisogna rivolgersi all’agente, al tour operator. Specie quando si parla dei viaggi come quelli che offriamo noi. C’è poi da sfatare un mito: non è sempre vero che con Internet si risparmia, Non si risparmia e, soprattutto, quando qualcosa va male, quando la vacanza diventa un incubo non sai con chi prendertela: non sai chi c’è (o c’era) dietro quel sito.
Una volta in Italia c’erano dodicimila agenzie di viaggio, oggi son molte meno, anche grazie all’avvento della Rete. Ma una cosa è certa: quelli che son rimasti sul campo sono i più professionali, i più attenti alla qualità. E fanno questo lavoro con passione”.
Come la passione di Carlo Pompili che, lasciata la chitarra tanti anni fa, si è messo in viaggio per far viaggiare meglio tutti. Non suona più ma, grazie a lui, nel “pianeta touring” la musica è cambiata.