“Intervista esclusiva a Vanessa Ferrari”
DI BEATRICEGENTILI
Ginnasta plurimedagliata con un palmarès ricco di vittorie, tra cui spiccano dieci podi agli Europei e cinque medaglie ai Mondiali, Vanessa Ferrari rappresenta la prima e unica italiana in questo sport ad aver vinto un Mondiale e ad avere conquistato due quarti posti alle Olimpiadi. Oggi l’atleta bresciana ricopre un posto d’onore nella ginnastica artistica femminile, continuando a far sognare la tifoseria azzurra grazie ad una carriera sportiva costellata di successi. La sua parola d’ordine? Vietato arrendersi.
Ad oggi sei una delle azzurre che può vantare il maggior numero di record nella ginnastica artistica. Cosa si prova ad essere arrivati fin qui?
È una grandissima emozione. Inizialmente la ginnastica artistica era solo un gioco, ma negli anni la passione si è intensificata al punto che, ora, la ritengo un vero e proprio lavoro. Se ripenso a tutta la strada percorsa mi tornano in mente la tensione e le emozioni che mi accompagnavano durante le prime gare, e non posso fare a meno di pensare al presente e a come tutto ciò abbia fatto posto ad una maggiore consapevolezza di ciò che mi circonda.
C’è stato un comandamento che ha guidato la tua carriera sportiva?
Nessuno in particolare se non il focus sull’allenamento: allenarsi sempre e comunque.
Qual è il sacrificio più grande che ti ha richiesto la ginnastica artistica e qual è la soddisfazione più importante che ti ha restituito?
L’allenamento, come dicevo, ha guidato tutta la mia carriera sportiva e questo mi ha portata da subito a confrontarmi con il sacrificio, con le vacanze quasi assenti, con l’impossibilità di vivere una vita al di fuori della palestra per mancanza di tempo. Il regalo più grande che mi è tornato indietro, tuttavia, è un percorso ricco di soddisfazioni, a partire dalle vittorie, come quella al Mondiale del 2006, fino a quella di aver potuto dimostrare, nonostante gli infortuni avuti, a dispetto di tutti coloro che mi davano per spacciata, di avere ancora la forza per vincere.
La tua gara più bella e quella che cancelleresti dalla memoria.
Nel cuore porto i Mondiali di Aarhus del 2006 e di Anversa nel 2013, che mi hanno regalato rispettivamente una medaglia d’argento e due di bronzo, e nuovamente una medaglia d’argento – riconoscimento, quest’ultimo, arrivato dopo un infortunio al tendine e prima delle Olimpiadi di Londra – una gara che ricordo con grande delusione. Se potessi cancellare dalla memoria una competizione sceglierei l’Olimpiade di Pechino: mi sono presentata in una condizione fisica disastrosa.
I problemi al tendine ti hanno accompagnata a lungo e, nel settembre scorso, hai affrontato un nuovo intervento. In questi mesi hai avuto modo di pensare al prossimo quadriennio sportivo?
Voglio procedere un passo per volta. Ora sono in fase di ripresa, è ancora tutto da vedere: devo capire se il tendine può reggere – una domanda a cui solo il tempo saprà dare una risposta – e devo studiare il nuovo codice che, per ciò che riguarda la trave, mi ha soddisfatta. Sicuramente ho intenzione di concentrarmi solo su due specialità, la trave e il corpo libero, tenendo in considerazione anche il problema che ho alla spalla.
Se dovessi prendere parte a Tokyo 2020 c’è qualcosa che vorresti fare di diverso rispetto alle passate Olimpiadi?
Mi piacerebbe potermi presentare con una forma fisica e psicologica ottimale, visto che prima d’ora non è mai accaduto, avendo sempre dovuto far fronte a qualche problema.
Che ruolo ha giocato nella tua carriera il Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito?
Sono loro ad avermi dato la possibilità di continuare a praticare questo sport per tutti questi anni. Mi hanno supportato economicamente e psicologicamente. È grazie al Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito se oggi sono qui ad usufruire delle migliori terapie e ho la possibilità di allenarmi non solo nella mia città, vicina ai miei affetti, ma soprattutto di conservare la mia libertà.
Un consiglio alle nuove leve della ginnastica artistica.
Non dimenticate mai il valore del sacrificio e del duro lavoro. Per ottenere dei risultati bisogna necessariamente fare qualcosa. La regola è: “Vietato stare con le mani in mano, ma dare sempre il massimo”.