“CONSAPEVOLI E PREPARATI, IL NOSTRO LASCITO MIGLIORE!”
La Professoressa Amanda Chicca insegna Storia e Filosofia al triennio presso l’Istituto di Istruzione Superiore, indirizzo scientifico, Margherita Hack di Morlupo. Il sapere più nobile e virtuoso che ci rende davvero liberi, continua ad ammaliare intere generazioni…
“Nella società moderna caratterizzata dalle informazioni a portata di clic, spesso un alunno può disorientarsi ma la scuola negli ultimi anni è diventata una fucina di formazione imparando a rinnovarsi, allo scopo di formare giovani in grado di immettersi con successo nel mondo lavorativo”.
Questo è il biglietto da visita della professoressa Amanda Chicca, nata a Roma quarantasei anni fa.Nonostante la giovane età il suo curriculum vanta già un’esperienza ultraventennale nel mondo dell’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado.
Professoressa, come riesce a catturare l’attenzione dei suoi allievi?
La società odierna offre molteplici canali informativi e i ragazzi sono proprio attratti dall’immediatezza delle informazioni. La scuola dunque si è trasformata in un laboratorio flessibile di formazione affinché emergano le differenti attitudini del singolo alunno seguendo la strategia di apprendimento permanente, volto all’acquisizione di competenze-chiave.Le mie lezioni sono contestualizzate e interattive; si parte da tematiche vicine al mondo adolescenziale dalle quali trarre spunto per affrontarle poi in ambito strettamente filosofico.Utilizziamo il dibattito, le immagini e il coinvolgimento attivo dello studente che è chiamato a svolgere compiti e risolvere problemi, così da padroneggiare i saperi teorici.
Quali attitudini, il liceale di oggi, mostra verso la scuola?
Di importanza basilare è la consapevolezza della propria scelta. Quando tale consapevolezza vacilla, è necessario creare la motivazione che è l’unica spinta all’apprendimento. Una strada in tal senso è la didattica laboratoriale che stimola gli alunni a capire, valorizzando quegli aspetti necessari per formare persone competenti.Altro strumento per studenti scoraggiati è la didattica orientativa che agisce mediante incontri con alcuni alunni ed ex-alunni dell’Istituto che svolgeranno la funzione di facilitatori dell’apprendimento e le attività laboratoriali di gruppo in cui si favorisce l’apprendimento attraverso il fare e la dimensione relazionale.Per quello che concerne l’esperienza del nostro Istituto, la maggioranza degli allievi sono recettivi ed attenti quindi sfruttano al meglio tutto ciò che la scuola offre, per potenziare le proprie abilità.
Il liceo, offre reali prospettive lavorative future?
La scuola e anche il liceo nello specifico, devono diventare la più efficace politica strutturale a favore della formazione contro la disoccupazione. Per questo devono aprirsi al territorio e grazie all’alternanza scuola-lavoro (legge n.107 del 2015,“La Buona Scuola”) viene introdotto in maniera universale un metodo didattico e di apprendimento sintonizzato con il mondo esterno che chiama in causa anche gli adulti. Non solo imprese ma anche associazioni svariate, possono diventare partner educativi della scuola per sviluppare esperienze coerenti alle passioni di ognuno. Il segno distintivo dei licei resta una formazione culturale di base, propedeutica alla continuazione degli studi e idonea a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro.
Quali mezzi, sotto forma di progetti integrativi, utilizza oggi la scuola pubblica per incentivare le passioni individuali?
Nel corso degli ultimi anni, si è sempre più diffusa la pratica di “lavorare per progetti” in tutti i campi. In questo contesto si valorizzano appieno le attività progettuali che più di altre si avvicinano ai reali interessi dei ragazzi. Annovero solo due dei diversi progetti implementati in seno all’ Istituzione. Il laboratorio teatrale, di cui curo la regia, in orario extracurriculare. La pratica del teatro, merita di essere considerata un momento didattico cruciale e interdisciplinare per le nuove generazioni. Anche quest’ anno i primi di Giugno andremo in scena con i ragazzi del laboratorio teatrale, coordinato anche da altri due colleghi, con uno spettacolo creato dagli stessi studenti. Loro sono gli unici ideatori e attori del progetto “Per una nuova drammaturgia”. Lo scorso anno inscenammo “Le avventure di Giufà”, rappresentazione che ha raccolto anche dei fondi per i terremotati di Montemonaco. Grande importanza ha poi il giornalino scolastico Moleskine, redatto e curato dagli stessi alunni, in cui vengono scambiate idee e riflessioni a livello interdisciplinare e variegato.
Lo Stato vi aiuta economicamente in questi vostri progetti educativi e formativi o ci si affida a risorse private?
Il nostro Istituto cerca di attuare il più possibile progetti che non gravino sull’economia domestica familiare (ad esempio il laboratorio teatrale è gratuito), attingendo quindi al budget della scuola.Alcune attività già prevedono un incentivo da parte del Miur ma in questo senso la politica può e deve fare di più, poiché l’istruzione è il cardine della società.La scuola è il passaporto per il nostro futuro, che appartiene solo a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo.
“La cultura classica? Ci parla del presente; e del futuro”
Il professor Aldo Antolini insegna latino e greco presso la Scuola Maria Ausiliatrice in via Dalmazia. La cultura, dice, non va considerata in senso utilitaristico: non deve “servire a”; deve, invece, insegnarci a pensare, a guardare, a capire. E ad appassionarci alla vita.
Aldo Antolini, 45 anni. Chissà perché mi sembrano pochi. Non che il professore li “porti male” intendiamoci; tutt’altro. È che rimestando i luoghi comuni ho un’immagine standardizzata del “prof” di greco e latino: capelli bianchi e un po’ arruffati, incedere autoritario e distratto con un’aria che spazia dal “serioso” impenetrabile fino al sorriso stretto, appena accennato, provocato forse dal ricordo di qualche brano del “Miles gloriosus” di Plauto. Un sorriso che ricaccia immediatamente in gola per riassumere, immantinente, la sua grinta solenne, severa, da uomo d’altri tempi.
Essendo questo il professore che mi aspettavo (io e non solo io), Aldo Antolini mi spiazza immediatamente e mi conferma – prima ancora di parlare – che l’uomo, le sue passioni, l’amore per il “bello” non ha tempo; e che studiare latino e greco oggi, 2017, può ancora essere una piacevole sorpresa. “La cultura classica – mi dice subito – non serve per… tornare indietro, ridiventare antichi; diciamo piuttosto che gli “antichi” quando scrivevano, quando amavano, quando volevano raccontare e raccontarsi usavano un linguaggio talmente potente, talmente umano, che potrebbero essere nati anche oggi. Scoprire l’uomo, le sue passioni, le sue paure. Anche a questo serve la cultura classica”.
Professore, come è riuscito a diventare, per i suoi studenti, un ottimo “capitano”?
“Più che studenti io vedo persone: sono uomini e donne in viaggio; uomini e donne che pensano, scoprono, sperimentano ed hanno voglia di capire e capirsi. A me spetta il compito di trasmettere loro la passione: passione nel guardare il mondo, “leggerlo”, interpretarlo; tutto qua”.
Ma gli studenti, oggi, in un mondo così “veloce” dove comanda l’immagine e dove si può comunicare in tempo reale anche a distanza di migliaia di chilometri, come vivono l’idea di piegarsi sui libri per tradurre da una lingua “morta” le pagine ingiallite di un mondo antico, lento, pagine che forse non serviranno per il lavoro di domani?
“La cultura classica non deve “servire” come un corso di fotografia in termini professionali. Serve per arricchire la persona. È tanto banale quanto veritiero, non sono certo io il primo a dirlo. Il mondo è cambiato? Certo; ma un poeta che parla d’amore resta un’emozione senza tempo; perché la lingua che parla è la stessa del regista del XXI secolo che l’amore lo porta sullo schermo. Amore, paura, desiderio, ambizione… Il mondo è cambiato, l’uomo no. Studiare l’uomo serve a progettare il futuro con libertà e creatività. Il classico sa anche andare controcorrente, come dimostrato da Steve Jobs: lui iniziò seguendo un corso di calligrafia, di scrittura antica”.
Ma latino e greco, nel Duemila, si studiano ancora e sempre con i libri, il vocabolario e la lavagna?
“Carta e gesso continuano a lavorarecon noi, e sarà così anche in futuro. Ma oggi abbiamo anche altri strumenti, risorse meravigliose che – ovviamente – possiamo e dobbiamo utilizzare: realizzare video con i ragazzi, portarli a teatro, produrre con loro storie… Storia e pensiero. Il classico può anche diventare moda, tendenza. Gli “antichi” (l’ho già detto?) non si son fermati nei libri ingialliti sotto una montagna di polvere.Poi c’è la Rete, con tutta l’infinità di risorse che ci mette a disposizione. I ragazzi sono tutti “online”, talvolta si perdono, anche i più smaliziati; prima o poi trovano le chiavi interpretative per restare con gli occhi aperti. Nel mio piccolo anche io cerco di fornirgliene qualcuna…”
Il suo rapporto con gli studenti: distaccato, da “prof” in cattedra, o più da fratello maggiore?
“Optiamo per la via di mezzo: equilibrato. Li ascolto, parlo con loro di tutto, pur cercando di non invadere troppo il loro spazio più privato; e viceversa”.Fermiamoci qui; ci salutiamo con un sorriso e io, finalmente, cancello dalla memoria il cliché del “prof” in grisaglia che incute timore e che ride sempre troppo poco.