Capitano mio capitano
parla il Prof. GIUSEPPE DI TARANTO
E’ capitato a ciascuno di noi e capiterà ancora. Capita di incontrare un professore, o una professoressa, in grado non solo di trasmetterci le nozioni della disciplina che insegna ma capace, soprattutto, di stimolare la nostra curiosità, la nostra voglia di crescere e di ottenere i voti migliori nella materia che tutti abbiamo nel piano di studi: la vita.
“L’economia? Un romanzo avvincente”
Giuseppe Di Taranto insegna Storia dell’Economia e dell’Impresa alla Luiss, presso il Dipartimento Impresa e Management. Le sue lezioni, nessuna esclusa, spaziano dal bilancio all’emozione, dalla Borsa alle valigie di chi viaggia nella fantasia; perché, dice, le scienze economiche vanno ben oltre la matematica.
Classe 1946, il professor Di Taranto è ben lontano dallo stereotipo dell’economista serioso, immerso nelle sue elucubrazioni dalle quali emerge, solo ogni tanto, per enunciare una ricetta, una teoria incomprensibile ai più. Parlare con lui, anche per un profano con la P maiuscola, si rivela una chiacchierata formativa e divertente.
“Sa cosa disse tempo fa Joseph Ratzinger, quando sedeva sul trono di Pietro? Disse: non fidatevi mai degli indovini e degli economisti…!”
Ma gli studenti, quelli suoi, la tengono in gran considerazione. Come ha fatto?
“Non ho fatto niente o – meglio – mi son comportato esattamente come so fare da uomo, prima che da professore: l’università non è solo un luogo dove si studia; è un luogo dove si discute, si parla, si impara. Non si impara solo la “lezione”: si impara la vita. E il professore, l’uomo, insegna e racconta, spiega e condivide emozioni…”.
Cosa si aspetta uno studente da una laurea “economica”?
“Dipende dalle università: quest’anno la Luiss è la prima in Italia sotto il profilo didattico e scientifico. Una buona formazione consente di aprire molte porte in Italia e in Europa. Chi sceglie le scienze economiche non è necessariamente il figlio dell’imprenditore che si prepara a entrare nell’Azienda”.
Prima di arrivarci, all’Università, cosa sanno i ragazzi di economia, di bilanci e bilance, inflazione, deflazione, differenziali… Sono più preparati oggi rispetto a “ieri”?
“Sicuramente sono più informati oggi; quanto meno perché sono quotidianamente bombardati da notizie e, prima o poi, ci devono sbattere contro. Notizie e bufale, certo. Ma una volta scarseggiavano le une e le altre. Parlando con gli studenti mi accorgo che seguono le vicende economiche del nostro Paese. Si parla sempre di economia reale perché, signori miei, l’economia si tocca ogni giorno, con o senza le formule matematiche”.
Siamo nell’era del Web, della connessione no-stop. Un’opportunità per tutti ma anche, forse, una scorciatoia a volte pericolosa (disinformazione, manipolazione ecc.)
“In Rete c’è tutto e il contrario di tutto, e non sono certo io il primo a dirlo. Non ci si può affidare solo a “lei”, certo, ma non bisogna neppure demonizzarla. All’Università il docente deve fare l’intermediario. Diciamolo: oggi una lezione non può limitarsi alla lavagna, il gesso e il cancellino. Abbiamo altri strumenti e li dobbiamo utilizzare”.
Economia e scienze umanistiche si “parlano”?
“Assolutamente sì: l’economia va a braccetto con la letteratura, la filosofia, la storia. Ha un brutto difetto, che induce talvolta alla diffidenza: è troppo “matematizzata”; ma questo non dipende dalla disciplina in sé, dipende da chi la insegna. D’altronde anche Galbraith senior scrisse che ‘l’insegnamento dell’economia nelle università non è mai stato così lontano dalla realtà’. Si tratta, invece, di una materia sociale, viva, tangibile; e appassionante”.
Ne consegue che oggi, 2017, la formazione umanistica resta fondamentale? Un manager, un ingegnere di domani ringrazierà le nottate alle prese con la “consecutio temporum” o con i versi della Commedia?
“Risposta affermativa. E la Luiss si distingue per l’attenzione alla preparazione umanistica, grazie anche all’impegno del nostro giovane direttore generale, Gianni Lo Storto. La specializzazione troppo… specializzata non paga. E se la Luiss è considerata la prima tra le università italiane (statistica Sole 24Ore), se i nostri studenti vincono spesso premi internazionali, è proprio perché da noi la formazione non viaggia a compartimenti stagni”.
L’Università e la politica: cosa ha fatto (e cosa non ha fatto) il “Palazzo”, negli ultimi trent’anni?
“Il Palazzo ha fatto e fa poco, troppo poco. La formazione è importante, fondamentale. Formazione e ricerca non sono costi, sono investimenti. Questo, in Italia, la politica non l’ha mai compreso del tutto”.
Una domanda per lo storico dell’economia: si rialzerà il Belpaese? E i nostri laureati avranno grandi opportunità restando qui?
“Dal 2007 al 2015 l’Italia ha perso un quarto della produzione industriale. E’ stata una “botta”, soprattutto per noi, di proporzioni inaudite. Se ci rialzeremo? L’abbiamo sempre fatto, succederà presto. E gli studenti di oggi, tra qualche anno, avranno il loro bel da fare…”
Dobbiamo crederle? Un Papa diceva di non fidarsi troppo degli indovini e…
“… E degli economisti, lo so. Ma io ho parlato da storico dell’economia: c’è da fidarsi”.