GIORNALISTA PER UN GIORNO – INTERVISTA A PAOLO CONTICINI
DOMANDE DI GIULIA
Sei scaramantico?
Personalmente no, però le superstizioni e i rituali collettivi del teatro li eseguo tutti con il resto della compagnia. Non vorrei capitasse qualcosa di negativo e poi venisse data la colpa a me perché mi sono sottratto agli scongiuri…
Quando eri un bambino come immaginavi la tua vita di adulto?
Non avevo in mente una situazione precisa. Credo di avere fantasticato di fare il calciatore, il cantante e l’attore, cose così. E poi, senza che lo avessi programmato, l’attore l’ho fatto per davvero.
Hai mai seriamente pensato di diventare un protagonista del mondo dello spettacolo e, in questo modo, di poter lavorare assieme a una star come Christian de Sica?
Sicuramente no. Come ho detto prima, non ho fatto nulla per diventare un attore, è una cosa che mi è piovuta addosso senza che la cercassi. Era il 1994 e stavo svolgendo il servizio d’ordine in una discoteca della Versilia. A un certo punto un tale mi ha avvicinato e mi ha dato il suo biglietto da visita: era un agente e mi ha invitato a richiamarlo perché, a suo dire, avevo la faccia da attore. Io di lì a poco gli ho telefonato e lui mi ha procurato due provini, uno dei quali è andato bene. Sono così entrato a far parte del cast del film “Uomini uomini uomini” e ho dato avvio alla mia carriera artistica. Poi, siccome il regista del film era De Sica, ho avuto modo di conoscere Christian e di diventare un suo grande amico.
Sei riuscito a realizzare tutti i tuoi sogni o ne hai ancora uno nel cassetto?
Prima o poi mi piacerebbe molto interpretare un ruolo completamente drammatico. Nella miniserie tv “Come un delfino” ho vestito i panni di un personaggio un po’ oscuro, ma ne desidererei uno del tutto negativo.
Che idea hai delle nuove generazioni?
Il mio lavoro mi dà la possibilità di avere spesso rapporti con i giovani e quello che più mi colpisce è la loro relazione simbiotica con la tecnologia. Istintivamente non stravedo per i social network, perché li considero una barriera, uno strumento che tende a tenere separate le persone più che ad avvicinarle. Inoltre due ragazzi che oggi si incontrano per la prima volta hanno già bruciato, a causa dei vari sms e messaggi di WhatsApp, molte tappe. Ma mi rendo conto che i miei possono essere considerati ragionamenti “da vecchio” e che molto difficilmente risulteranno condivisibili per un giovane. Le nuove generazioni, per un motivo o per l’altro, turbano da sempre quelle che le hanno precedute, è una ruota che gira. E credo sia un fenomeno inevitabile.
Nonostante le tue riserve sull’oggi te la sentiresti di mettere al mondo un bambino?
Senza dubbio. Cercherei solo di selezionare, a beneficio di mio figlio, le cose che ritengo giuste scartando quelle che reputo sbagliate. Il mio sguardo sul mondo non è negativo: la realtà è questa e va affrontata per quello che è.
DOMANDE DI GIUSEPPE POLLICELLI
A cosa stai lavorando attualmente?
Sono impegnato a recitare con Serena Autieri nel musical “Vacanze romane”, il cui tour si concluderà a Milano.
Ti piace di più recitare dietro una macchina da presa o su un palcoscenico?
Sono due cosa molto diverse ma se dovessi proprio scegliere direi il palcoscenico. È un’esperienza diversa ogni sera: grazie al pubblico, che non è mai lo stesso, anche se ripeti le stesse battute è sempre come fosse la prima volta. E l’adrenalina è costantemente a mille.
Ci sono tuoi colleghi che apprezzi particolarmente?
Quasi tutti quelli con cui ho avuto occasione di lavorare, da Veronica Pivetti a Enzo Decaro. E poi Pino Ammendola e il grande Massimo Boldi, con cui recentemente ho recitato in un film di ottimo successo uscito lo scorso novembre, “Matrimonio al Sud”, diretto da Paolo Costella.
Credi che la formula dei cosiddetti “cinepanettoni”, a cui hai partecipato più volte, funzioni ancora se opportunamente aggiornata?
Sono convinto di sì, l’importante è riuscire a intercettare con esattezza e tempismo le tendenze del momento. I “cinepanettoni” sono una fotografia del Paese, di cui esasperano tic e difetti, e gli italiani ci si riconoscono. Poi, ovviamente, sono necessari attori bravi e storie valide, il che non è scontato: in tanti ci provano, ma sono pochi quelli che riescono a confezionare un prodotto all’altezza. Quanto alla contrapposizione con Checco Zalone, la trovo artificiosa: benché lui, come ha confermato il suo ultimo film, sia un comico di notevole spessore, c’è ancora spazio pure per i “cinepanettoni”.