Daniele Di Lorenzo: dal Game Over al Game On

In meno di sei anni, il presidente della Fies ha preso in mano le sorti degli e-sports in Italia, portandoci a un passo dal sogno Olimpico che si chiama Arabia Saudita

di Stefano Mancini

Il tono di voce calmo, lo sguardo gentile, le idee chiare. Mentre parla, mentre spiega com’è nata la sua “creatura”, la Fies, Daniele Di Lorenzo trasmette quel senso di soddisfazione proprio di chi, rimboccandosi le maniche, è riuscito laddove altri, meno determinati o meno convinti, avrebbero magari pensato di fare un passo indietro. Ma ci tiene a ribadire – sempre – che il merito non è solo suo; va invece condiviso con tante altre persone che, come lui, non hanno mai smesso di crederci. E così, oggi, Daniele può esultare, perché grazie anche al suo lavoro e a quello della Fies, la Federazione Italiana degli E-Sports, di cui è presidente, l’Italia parteciperà con molta probabilità alle prime olimpiadi dedicate ai giochi elettronici in Arabia Saudita.

Com’è cominciata questa avventura che, al di là del magnifico risultato ottenuto, è ancora solo all’inizio?

È cominciato tutto non troppi anni fa. Mi occupavo, e mi occupo tuttora, di produzioni televisive tra l’Italia e Los Angeles. E proprio grazie al mio lavoro udii una “voce di corridoio”, anche piuttosto autorevole, secondo cui c’era la forte possibilità che gli e-sport, ossia le competizioni professionali di videogiochi e sport elettronici, potessero essere inseriti all’interno delle Olimpiadi. Compresi quindi che l’Italia non poteva restare indietro e decisi, insieme ad altre personalità legate al settore, di creare una struttura che puntasse a ottenere un riconoscimento a livello nazionale.

Riconoscimento che, dopo un grande lavoro da parte tua e dei tuoi colleghi, siete riusciti a ottenere.

Esatto. La struttura che avevamo creato aveva necessità di un’approvazione a livello nazionale per poter continuare a crescere, e abbiamo avuto la fortuna di incontrare personalità come il presidente del Coni Giovanni Malagò, che ha subito creduto in noi e nel nostro progetto, consapevole che bisognava essere tutti quanti pronti ad accogliere la nuova avventura sportiva. Grazie anche all’interessamento del Cio, il Comitato Internazionale Olimpico, è stato creato un comitato promotore, che intorno a marzo di quest’anno ha completato il suo lavoro, identificando poi nella Fies la struttura più idonea per continuare il percorso. Poco dopo, l’11 luglio, per noi una data storica, il Consiglio Nazionale del Coni ha riconosciuto la federazione come Associazione Benemerita.

E poi, con un tempismo incredibile, è arrivata la dichiarazione del Cio…

È stata un’ulteriore tappa nel nostro percorso di crescita. Pochi giorni dopo la nomina ad Associazione Benemerita, infatti, il Cio ha annunciato di voler organizzare una “terza Olimpiade”. Dopo quelle tradizionali e quelle Paralimpiche, infatti, avremo delle e-olimpiadi. E anche se il nome è ancora da stabilire, abbiamo già una data e un Paese ospitante: ottobre 2025, in Arabia Saudita.

Potresti fornirci qualche indiscrezione su quali saranno le discipline?

Questo è un aspetto ancora in divenire. Il Cio sta ragionando su questo dettaglio, ma non ha ancora rilasciato una comunicazione ufficiale. Quello che però posso rivelare è che, per questa prima, storica edizione, ci saranno tra le dieci e le quindici discipline elettroniche, basate su quegli sport che sono praticati in presenza fisica. Saranno quindi esclusi, ad esempio, i giochi “sparatutto” o strategici.

Saranno quindi giochi già esistenti, o creati ex novo?

Non lo sappiamo ancora. Potrebbero essere stretti accordi con case di produzione di giochi già esistenti – e famosi –, ma nulla esclude che potrebbero esserne sviluppati di nuovi, magari con l’avallo e la consulenza del Cio. Ne sapremo di più tra poco, quando ci sarà un incontro a Losanna.

Immagino che in questi anni tu abbia dovuto affrontare numerose sfide. Ce n’è stata qualcuna più ostica delle altre?

La più difficile, ragionandoci ora a mente fredda, credo sia stata quella di mettere d’accordo un settore come quello degli e-sports, fatto di tantissime realtà differenti. Prima della nascita della Fies c’erano numerose associazioni, federazioni e leghe che facevano capo a loro stesse. Ora che la Fies è stata riconosciuta come un’unica entità, abbiamo la possibilità di coordinarci sia con le realtà preesistenti di giochi virtuali, sia con le federazioni del Coni e degli sport giocati fisicamente.

Anche perché parliamo di una realtà, quella degli e-sports, molto più grande di quanto si possa immaginare.

Mi piace fornire un dato, che credo specifichi al meglio i numeri che gli e-sports movimentano: quest’anno gli ascolti televisivi della presentazione – e si badi bene, della sola presentazione – del campionato mondiale di Fortnite (un popolare videogioco online, ndr), hanno superato gli ascolti del Superbowl, la finale del campionato di football americano, uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo.

Quindi è vero che oggi gli e-sports fanno milioni di ascolti e sono seguiti da milioni di spettatori?

Verissimo. È un settore immenso e anche per questo era necessaria, in Italia così come nel resto del mondo, una regolamentazione. I gamers sono tutti ragazzi giovani, molto lontani dallo stereotipo del “nerd”, chiuso in una stanza buia a sgranocchiare patatine e a fissare uno schermo per ore. I nostri ragazzi hanno talento e grandi capacità relazionali, parlano lingue straniere e si confrontano con coetanei che vivono dall’altra parte del mondo, nel nome dell’inclusività. Le loro performance riempiono gli stadi, proprio come avviene negli sport tradizionali.

Inclusività. Una bellissima parola, che fa parte del Dna della Fies, dico bene?

Molto bene. Uno degli aspetti a noi più cari, su cui stiamo lavorando fin dall’inizio con grande impegno e determinazione, è proprio quello dell’integrazione e dell’inclusività, nonché della parità di genere. Gli e-sports possono valicare confini impossibili per gli sport tradizionali; penso alla possibilità, ad esempio, di avere atleti normodotati e atleti paralimpici che partecipino nella stessa squadra o nella stessa competizione a una e-olimpiade. Ma anche, perché no, a squadre formate da giocatori di sesso maschile e giocatrici di sesso femminile. La possibilità di abbattere tutte queste barriere credo che sia un plus importante, un messaggio forte da inviare al mondo.

Qual è stata la decisione più coraggiosa che hai dovuto prendere come presidente della FIES?

Continuare. Può sembrare semplicistica come risposta, ma non lo è. Ci sono stati momenti in cui il nostro percorso si bloccava e si doveva ripartire da zero o quasi. E quindi, a me e a chi mi stava intorno, sarebbe venuto più facile rinunciare. Ma credevamo – e crediamo – così fortemente nel progetto, che non abbiamo mai pensato davvero di mollare.

E sarà ancora più entusiasmante quando sarete in Arabia Saudita, tra un anno…

Io sono innamorato della Nazionale Italiana, indipendentemente dallo sport cui si fa riferimento. Amo l’Italia e la nostra bandiera. E quando vedrò il Tricolore in Arabia Saudita, già so che mi verrà da fare un grandissimo sorriso. E che Dio benedica l’Italia.

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