EVENTS&FRIENDS: “Lo Sport diventa “Mondano”

“Lo Sport diventa “Mondano”

E LA MONDANITÀ UN PO’ PIÙ “SPORTIVA”
SUCCEDE DA SEMPRE: SUCCEDE CHE C’È CHI, IN CAMPO, SUDA PER CONQUISTARSI UN POSTO SUL PODIO E CHI – FUORI DAL CAMPO – GUARDA, INCONTRA, SALUTA, RACCONTA E SI RACCONTA… GLI ATLETI E IL PUBBLICO: UN PUBBLICO CHE PRIMA E DOPO OGNI MATCH CONTINUA A METTERSI “IN GIOCO”. AGONISMO E MONDANITÀ: SONO GLI INGREDIENTI, DA SEMPRE, DEGLI “INTERNAZIONALI” DI ROMA. MA QUALCOSA, FINALMENTE, È CAMBIATO…

di ROBERTO FANTAUZZI

Al “centrale” regna il silenzio: sta per partire il “servizio” e tra gli spalti non si sente volare una mosca. Qualcuno starnutisce. Il poverino, oltre a dover sopportare il raffreddore, viene investito da duemila sguardi di biasimo; afferra il fazzoletto e, con gli occhi bassi, cerca di scomparire tra la folla. Signore e signori, benvenuti agli Internazionali d’Italia. La terra rossa, liscia come il più liscio dei tavoli da biliardo; le maglie e i calzoncini bianchi, immacolati, abbaglianti. Poi, tutt’intorno, il silenzio; un silenzio religioso, mistico, addirittura assordante. Guai a chi ride, guai a chi mette le mani nella borsa (si rischia di
toccare le chiavi, le chiavi tintinnano, si rompe l’incantesimo…). Parlano le racchette, punto. Che succede prima e dopo i match? Ci si incontra, ci si cerca, si creano e distruggono amicizie, amori. “Visto chi c’era ieri?”. “Domani sera ci rivediamo? Porterai anche “lei”?”. Gli “internazionali” sono anche questo: sono un’interminabile partita senza racchette e senza palline; la solita partita in cui vince chi sa come apparire, dove mettersi, con chi presentarsi, quando tornare e quando andare via… Saluti, abbracci, sguardi d’intesa, insomma tutti gli ingredienti necessari – indispensabili – per poter dire “io c’ero”. Io c’ero, io ci sarò. Perché m’invitano; perché faccio parte di quel mondo, mi muovo in “quella” Roma; la Roma che conta, quella glamour, quella che sa sempre dove andare e con chi. Fine della storia? Sì, una volta la storia finiva così: finiva che, lasciate le tribune, ci si vedeva tra pochi eletti. I soliti noti, Vip e sedicenti tali, al solito tavolo, nella solita sala, per dire e dirsi le solite cose. E tutti, immancabilmente, vestiti – quasi ingessati – come dei manichini. Una sartoria ambulante, una sfilata di giacche, cravatte e abiti da gran soirée. Andava così, è andata così negli anni Sessanta, i Settanta e soprattutto gli Ottanta: è andata che chi non si “vestiva” era sgradito, stonato, fuori luogo. Tutti gli altri, gli ammessi, erano i sacerdoti di una celebrazione sempre uguale a sé stessa: bella gente, stoffe impeccabili, voci sommesse, cognomi altisonanti. Già, e lo sport? Cosa c’entrava, cosa c’entra lo sport, la freschezza, la voglia di mettersi in gioco con tutto questo? Non c’entrava e non c’entra niente. Lo sport non si consuma solo in campo; lo sport, in fin dei conti, è anche di chi lo guarda. Fuori dal campo c’è – c’era – tutto il resto. C’è il “Villaggio”, per esempio. Villaggio Vip? Chiamiamolo, chiamatelo così, ma bisogna pur intendersi sul concetto di “Vip”. Se significa sobrietà forzata, sorrisi frenati e distanza da mantenere sempre e comunque, possiamo anche farne a meno. Se invece vuol dire bella gente, belle persone che
hanno voglia di divertirsi, di “raccontarsi” allora ci stiamo. Ci sto. Gli anni Sessanta, gli Ottanta, i Novanta sono superati, spariti, seppelliti dalla storia: oggi finalmente agli Internazionali si respira un’altra aria. In campo, da decenni, non più solo maglie bianche, virginali; fuori dal campo? Si vivono altre emozioni, altri sapori; altre storie. Succede, è successo soprattutto quest’anno. È successo grazie ad Alex Nuccetelli e Gaetano Mangione, coppia “PR” di prim’ordine. Gaetano ed Alex, in effetti, rappresentano una vera e propria “evoluzione della specie” tra i PR; nati e cresciuti nel pianeta del “vippismo” (vero o presunto) oggi sono i referenti più esperti e gettonati della Roma bene; la Roma “giusta” che non è e non deve essere necessariamente “very important”. Quindi nuove forme di intrattenimento, più “easy”, coinvolgenti, per un pubblico variegato; pubblico sportivo: siamo o non siamo “in campo”? Grandissima la loro “operazione ospitalità” che hanno diretto con maestria al ristorante del Villaggio – quest’anno si chiamava il “Magnolia” – e non solo. Incontrarsi, divertirsi, muoversi con scioltezza. Era ora: era ora che rinascesse e riprendesse vigore il binomio mondanità & sport; un binomio che, se non ben gestito, rischia di diventare un affare per pochi. Pochi, noiosi, prevedibili ospiti. Ospiti desiderosi di apparire che diventeranno, alla lunga, un po’ indesiderati. Roma si rifà il look; Roma, agli Internazionali, ha smesso i panni provincial

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