CAPITANO MIO CAPITANO: ” Prof.ssa Laura Sibona “

PROF.SSA LAURA SIBONA

 

In questo numero intervistiamo la professoressa Laura Sibona, docente di Lettere presso il liceo De Santis, la quale ci racconterà come riesce a conquistare l’attenzione dei suoi studenti.

 

Laura Sibona, 53 anni, professoressa di Lettere; ergo, italiano, storia, latino, nel secondo decennio del XXI secolo quando in molti pensano che Plauto, Cicerone, Dante ma anche Moravia o Saviano sono solo un intralcio al nostro vivere veloce, iperconnesso, ultraspecialistico.

Laura Sibona in cattedra: quando e come è successo?

“Inizialmente non sapevo che questo sarebbe stato il mio destino. Amavo, amo la scrittura e accarezzavo l’idea di far la giornalista. Iniziai anche a collaborare con piccole testate”.

Poi cos’è successo?

“E’ successo che la mia voglia di indipendenza economica mi ha portato alle ripetizioni; mi sono così accorta che non ero “malaccio” e che, come si dice, il sangue non è acqua: mia nonna insegnava, mia madre idem. Il tempo passa e arriva la laurea in Lettere; prima della tesi avevo già capito come sarebbe andata, quindi inserii nel piano di studi gli esami “giusti” per potere, più avanti, ottenere l’abilitazione all’insegnamento. Nel ’90 il concorso e… eccomi in cattedra; da venticinque anni…!”.

Come spiega la sua popolarità, la stima che le tributano gli studenti?

“Credo si siano accorti di quanta passione metto nel lavoro; lavoro che amo nel profondo, che mi ha aperto orizzonti e che, a dispetto di quel che pensano in molti, non è mai ripetitivo. Insegnare non è solo trasmettere nozioni: bisogna legare le materie alla vita reale, instaurare un confronto con i ragazzi ,stimolarli alla riflessione. Con la letteratura è più facile, certo, ma c’è anche qualche docente che si mantiene distaccato e non “accende” il dialogo, la passione, la curiosità dei ragazzi. Sono e resto professoressa ma con gli studenti ho anche un rapporto umano, li spingo ad aprirsi, a raccontare e a “raccontarsi”. Tutto qua”.

Gli studenti del 2016: più o meno curiosi rispetto alle generazioni precedenti? Più o meno inclini a chinarsi sui libri, a lavorare – ancora – con carta e penna?

“Nell’epoca del digitale, della connessione sempre e comunque, insomma l’epoca della Rete che ci tiene tra le sue maglie ogni minuto, stare sui libri per ore, seguire una lezione in classe è forse più faticoso che in passato. I ragazzi sono abituati all’immagine, al movimento. E’ tutta qui la sfida: presentare un argomento in maniera tradizionale rendendolo accattivante, stimolare la riflessione. Poi avvalersi anche degli strumenti di oggi, certo. E questo rappresenta quotidianamente il mio principale impegno: sforzarsi per cercare di essere all’altezza delle aspettative dei ragazzi”.

La figura del professore, dunque, continua a essere un punto di riferimento nonostante il bombardamento informativo cui sono sottoposti i ragazzi?

“Sicuramente sì. Anche perché i bombardieri, come sempre è stato, non dispongono di bombe intelligenti: nella Rete c’è tutto e il contrario di tutto; bisogna essere capaci di vagliare, scegliere, distinguere. La figura del docente, anche per questo, è importante.”.

Lo studente di oggi è più o meno ingenuo, più o meno preparato al “mondo” rispetto ai padri, ai nonni?

“Vogliono apparire meno ingenui, meno sprovveduti, ma non sempre le cose stanno così. Si informano poco sull’attualità, sulla politica, la loro curiosità troppo spesso – e questo mi dispiace – si limita a ciò che li riguarda da vicino”.

Arriva il giorno del diploma. Cosa resta agli studenti della professoressa Laura Sibona?

“Molti miei “ex” che ho incontrato a distanza di anni mi hanno espresso gratitudine, confermandomi di aver molto apprezzato il mio approccio all’insegnamento, il mio metodo – mai abbandonato – di rendere viva la materia; viva e vitale, pulsante, attuale”.

Cosa fa, cosa ha fatto la politica negli ultimi 25 anni per la scuola?

“Molto poco a mio avviso. Senza entrare nel merito delle leggi e delle riforme attuate dai vari governi, la politica sembra non si accorga dell’importanza della scuola. Si parla troppo di competenze, poco di conoscenze. Imparare sui banchi serve certamente al futuro lavorativo; ma serve, e così deve essere, soprattutto a crescere. Crescere in un mondo da scoprire e riscoprire; un mondo da guardare con spirito critico. Un giorno saremo elettricisti, ingegneri, cuochi, poliziotti… qualunque cosa faremo aver studiato Plauto, Pirandello, aver letto L’idiota di Dostoevskij ci servirà per avere una finestra che ci permetta di guardare più in là. Con il lavoro ci si può arricchire; poi c’è un’altra “ricchezza”. E’ quella che accumuliamo leggendo, studiando, tenendo viva la curiosità; una ricchezza che io, ogni giorno, cerco di condividere con gli studenti”.

Cosa fa nel tempo libero la professoressa Sibona?

“Si occupa di suo figlio, legge e fa sport; tanto sport, a cominciare dalla piscina: ho insegnato nuoto per tanti anni. L’acqua è il mio secondo elemento, in piscina mi rilasso, mi rigenero. Mi ricarico”.

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